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Difesa e Aerospazio

Artemis 1, il capolavoro dei Red Crew

L'avvio della missione verso la Luna reso possibile da sforzi e competenza dei responsabili del programma: la storia dei rinvii e dei molti problemi superati

L'avvio della fase finale di Artemis 1, il cui lancio è avvenuto ieri dal Kennedy Space Center con la partenza del più potente razzo mai costruito dalla Nasa, lo Space Launch System (Sls), rappresenta il tentativo di capire quale sia la possibilità di inviare una capsula spaziale di nuova generazione fino alla Luna e ritornare. Il carico utile del volo di Artemis 1 è il modulo Orion, che seppure senza equipaggio ci dirà, attraverso oltre mille sensori, se il sistema è pronto per poter accogliere gli astronauti.

Ma come sempre avviene nei debutti, anche in quelli tecnologici, il lancio ha vissuto diverse battute d'arresto: durante il rifornimento dello stadio superiore dello Sls, circa tre ore prima del previsto lancio, è stata rilevata una perdita nella valvola d’ingresso dell’idrogeno liquido e la Nasa ha subito mandato un tecnico specializzato (in codice si chiamano Red Crew, equipaggi rossi), per serrare i dadi di tenuta e fermare la perdita, operazione che ha richiesto circa un'ora. Poco dopo, un banale interruttore Ethernet installato a chilometri di distanza presso la postazione radar che doveva seguire il volo ha causato un ulteriore intoppo fino a quando non è stato sostituito mentre il conto alla rovescia del lancio era T -10 minuti.

Di fatto Artemis 1 è partita al terzo tentativo di lancio, dopo che il 29 agosto l’operazione fu cancellata a causa di un problema tecnico nel sistema di raffreddamento di uno dei quattro motori del razzo. Anche un secondo tentativo, avvenuto il 3 settembre, è poi stato annullato a causa di una perdita d’idrogeno che avvenne proprio durante il lungo processo di rifornimento del razzo. Infine, il razzo fu rimesso all’interno dell’edificio di assemblaggio del Kennedy Space Center per proteggerlo dall’uragano Ian che investì la florida a fine settembre, e per il passaggio della tempesta Nicole ai primi di novembre. In quella occasione, il vento aveva danneggiato una copertura isolante dell’Orion costringendo i Red Crew a un primo intervento.

Jeremy Parsons, vicedirettore del programma Exploration Ground Systems della Nasa, lunedì 14 novembre, quando fu annunciato il lancio, aveva dichiarato: “Se soltanto un paio di settimane fa mi avessero chiesto se avremmo superato due tempeste e altrettanti guai tecnici, non ci avrei scommesso un dollaro, ma questa squadra ha davvero superato ogni mia aspettativa.” E dopo un rombo tanto intenso che non si sentiva dall’ultimo lancio del Saturno V, otto minuti dopo il decollo di questa mattina, lo stadio superiore dello Sls con in cima l’Orion ha raggiunto l'orbita terrestre e la capsula ha dispiegato i pannelli solari presenti sul modulo di servizio fornito dall’Esa. A bordo c’è uno Snoopy di peluche vestito da astronauta che fluttua in assenza di peso insieme a una bambola “Shaun vita da pecora”. Secondo il programma, lo stadio superiore dello Sls ha acceso il motore per modificare l’orbita e mettere Orion in rotta verso la Luna.

“La nostra frontiera è verso l’alto”

La missione Artemis 1 deve dimostrare che il razzo Sls e la Orion sono pronti a portare gli astronauti sulla Luna e a consentire alla Nasa di utilizzare i veicoli per costruire una stazione spaziale attorno al nostro satellite. Obiettivi semplici ma difficili da raggiungere, perché pieni di nuovi componenti da collaudare in volo, come lo scudo termico di Orion che durante il rientro dovrà sopportare temperature fino a 2.800 gradi mantenendo un buon livello di confort per gli astronauti. La Nasa mira quindi a recuperare Orion per preparare la missione Artemis 2, il primo volo con equipaggio in programma nel 2024.

Orion dovrebbe raggiungere la Luna il 22 novembre, quando si avvicinerà alla distanza di 96,6 km. A bordo di Artemis 1 ci sono anche esperimenti scientifici e dieci minisatelliti Cubesat che vengono lanciati lungo la rotta. Bill Nelson, numero uno della Nasa, ha commentato: “Il nostro Dna, come popolo americano, ora unito ai nostri partner internazionali, è quello di esplorare, abbiamo costruito questo Paese come una frontiera, e quella frontiera oggi torna a essere verso l'alto.”

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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