"Noi, quelli dell'82, generazione perduta"
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"Noi, quelli dell'82, generazione perduta"

A trent'anni dalla notte di Madrid lo sfogo di Fulvio Collovati: "Eravamo uomini senza compromessi e avremmo dato fastidio". Nessuno degli eroi del Mundial è nelle stanze dei bottoni del calcio italiano.

Nella foto di famiglia degli azzurri che circondano Zoff mentre alza al cielo la coppa nella notte di Madrid c'è il meglio di quell'Italia. Gente di grande spessore tecnico e umano. Uomini che hanno lasciato un'eredità importante consentendo al nostro calcio di uscire dal periodo buio del calcioscommesse e proiettarsi nel futuro all'epoca d'oro dei miliardi e dei trofei. Un'eredità dispersa, però, nel vento. Perché trent'anni dopo di quella foto rimane poco o nulla nelle stanze che contano. Molti commentatori televisivi, qualche dirigente o allenatore e un solo 'dipendente' della Figc che per ironia della sorte è Selvaggi che in quel Mundial non giocò nemmeno un minuto.

"Siamo una generazione persa? E' la realtà ed è un peccato" dice Fulvio Collovati. Lui in quella foto c'è insieme agli altri. Oggi fa l'imprenditore e collabora con la Rai. Altrove la generazione che negli anni Ottanta illuminava i campi di calcio ora siede dietro alla scrivania e comanda. Da noi no anche se a quel gruppo tutti hanno sempre riconosciuto un grande spessore morale oltre che tecnico.

Collovati, perché siete rimasti fuori dalle stanze che contano?

"Me lo sono chiesto anch'io spesso e mi sono dato una spiegazione sola. E' vero che ognuno ha seguito il suo percorso, però è anche innegabile che essendo noi gente poco incline ai compromessi non siamo serviti al calcio italiano. Da quarant'anni comandano sempre gli stessi e noi avremmo dato fastidio".

E' una considerazione amara da fare a trent'anni dalla notte di Madrid?

"E' amara ma evidente. Sento spesso i compagni di allora e non è che piangiamo per non aver completato questo cammino, però è un peccato".

Siete una generazione persa?

"E' la realtà ed è un peccato più per il calcio italiano che per noi considerando il valore di alcuni di quei personaggi. Altrove è diverso. Platini, Beckenbauer, Rummenigge sono riusciti a fare il salto".

Da noi invece sembra impossibile...

"E' una cosa tutta italiana. Non siamo riusciti a trovare spazio nemmeno per gente come Rivera o Mazzola ad esempio... I grandi nomi hanno sempre dato fastidio. Pensate anche solo alle difficoltà di Maldini con il Milan o di Bergomi con l'Inter".

Eppure non stiamo vivendo il periodo più felice della nostra storia dal punto di vista del peso politico della Figc...

"Anche questo mi sembra evidente. I tempi di Franchi sono lontanissimi. Adesso mi pare che le nostre difficoltà siano evidenti se non riusciamo più nemmeno a farci assegnare una manifestazione da organizzare".

In tanti  sostengono che il vostro gruppo fosse composto da uomini di maggior spessore rispetto, ad esempio, a quello di Berlino del 2006. Condivide?

"Se parliamo di tecnica il paragone è impossibile. Come chi afferma che Totti, Del Piero e Baggio sono stati i migliori numeri dieci della storia italiana senza aver visto giocare Rivera o Meazza...".

Però tanti si riconoscono più in Zoff capitano che alza la coppa che in Cannavaro. In Bearzot più che in Lippi...

"Non so se eravamo meglio noi. Dico solo che eravamo uomini di grande valore e personalità, con uno spessore morale al di sopra di ogni discussione e un valore tecnico evidente. Abbiamo scritto una pagina di storia e vinto un mondiale battendo insieme tutti i migliori".

Nessun paragone con il gruppo del 2006?

"Noi abbiamo fatto scuola e non solo in campo. C'è la similitudine della reazione alle critiche, ma noi rischiammo molto con il silenzio stampa perché erano i primi anni del televisioni private e rischiammo il massacro in caso di fallimento. La nostra fu una presa di posizione di grande personalità e valore umano. Una cosa che oggi mi sento di dire sia difficilmente immaginabile".

Cosa avete lasciato in eredità nei trant'anni successivi al vostro trionfo?

"Nulla e lo dico con convinzione. Il calcio è cambiato totalmente da allora a oggi. Però..."

Cambiato in meglio o in peggio?

"Le faccio un esempio: i nazionali della Juventus tornati dal Mundial ingaggiarono un braccio di ferro con Boniperti per avere un minimo ritocco di ingaggio. Io stesso andavo a trattare direttamente con i miei presidenti e spesso non venivo nemmeno ricevuto. Cose impensabili adesso. I rapporti di forza si sono ribaltati".

Vincendo in Spagna voi avete spinto il calcio italiano nell'età dell'oro...

"E' vero, però le cose non sono cambiate in meglio. Noi ci comportammo quasi come un sindacato oltre che un gruppo. Oggi i calciatori sono abituati a pensare a se stessi e a gestire la propria carriera. E' peggio? Dico solo che è così".

Resta la soddisfazione personale. Si dimentica quella notte con il passare del tempo?

"Mai. Impossibile. E che l'Italia sia poi tornata a vincere nel 2006 non toglie nulla al nostro successo. Era normale che accadesse e succederà ancora".

Magari sarebbe il caso che questa volta l'occasione fosse colta e non sprecata...

"Sarebbe bello e giusto. Mi piacerebbe ad esempio che si tornasse a valorizzare i settori giovanili e i nostri ragazzi. Poi leggo che gli stranieri hanno superato come presenze i nostri calciatori e mi scoraggio. Sa qual è la verità? Il calcio italiano dice sempre di voler cambiare ma sono solo parole. Oggi come allora. Si sta fermi e non si cambia mai".

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Giovanni Capuano