L'Italia va alla guerra di Andrea Santangelo
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Santangelo, L'Italia va alla guerra

Andrea Santangelo, storico ed esperto di storia militare, racconta il falso mito di un popolo pacifico

Il nostro paese, per fortuna, non vede la guerra da oltre settant’anni. O, meglio, la vede, ma in televisione, dove coinvolge popoli e paesi lontani. Questa fortunata pace prolungata sembra spesso portare con sé anche l’oblio di quello che è stato: di un paese che si è modellato sulla guerra, sul passaggio quotidiano di eserciti, nostrani o stranieri, che hanno plasmato la forma delle nostre città, dall’architettura alla toponomastica, e che ricordiamo ogni cento metri con monumenti, targhe, nomi di vie e di piazze.

Andrea Santangelo, esperto di storia militare con alle spalle diverse pubblicazioni, torna in libreria con L’Italia va alla guerra (Longanesi, 2017), agile saggio in cui racconta la storia del nostro paese attraverso le guerre che lo hanno percorso, dalla preistoria ai giorni nostri.

La storia della guerra di Santangelo, infatti, comincia dalla prima battaglia che può aver visto dei gruppi umani scontrarsi in più di un semplice corpo a corpo individuale (forse lo stermino dei Neanderthal da parte dei Sapiens?) e continua in un’analisi precisa (per quanto veloce e facilmente fruibile) dell’evoluzione dei conflitti armati: è inevitabile notare come la guerra ci abbia forgiati, come popolo e come umanità, fino a farci diventare quello che siamo oggi.

La potenza di Roma

Di cosa parliamo quando parliamo di Roma? Di “quel miscuglio etnico di latini, sabini ed etruschi” da cui “nacque la più grande potenza militare della storia”. Gli imperatori romani avevano capito bene il trucco per mantenere intatta la loro egemonia: quel miraggio della cittadinanza romana che attrasse nel bacino di Roma ceti dirigenti e classi meno abbienti sia italiche sia più in generale mediterranee. Certo, negli eserciti questi nuovi romani non potevano sperare di avere lo stesso ruolo dei loro pari nati e cresciuti nell’Urbe, ma è grazie alle loro legioni se Roma si è dimostrata praticamente invincibile.

Tra riforme dell’esercito e capacità ingegneristiche di cui abbiamo tutt’ora una vasta eredità (basti pensare alle vie romane, dall’Appia, all’Emilia, all’Aurelia, che ancora segnano i tracciati che percorriamo per andare su e giù per il nostro stivale incastrato nel Mediterraneo), Roma è nata, cresciuta e si è mantenuta sul sangue e sulla violenza. Ha sottomesso e annesso popoli, e ha unito la componente sacrale, che nasce con il concetto stesso di guerra, a quella giuridica: l’importante, in uno scontro, non è solo vincere, ma anche avere ragione.

Un paese plasmato dalla guerra

Da Roma all’Italia medievale, dove gli eserciti sono organizzati in modo molto più rudimentale e, paradossalmente, tutta la società diventa invece fortemente militarizzata, con popolazioni ormai abituate a saccheggi e violenze che si susseguono con ritmo quasi quotidiano. Santangelo racconta il nostro paese non attraverso la storia di re e regine – che pure vengono nominati, attori tangenziali di processi sociali molto più ampi – ma quella dei grandi conflitti, come lo storico, immortalato da Dante, tra guelfi e ghibellini.

La spiegazione dell’evoluzione delle armi è minuziosa, passiamo dal gladio romano alle palle di cannone, scopriamo quando si sono sostituite quelle di pietra con quelle di ferro e di come, soprattutto, l’utilizzo del fuoco e della polvere da sparo abbiano rivoluzionato gli scontri armati. Santangelo ci conduce, di tappa in tappa, di battaglia in battaglia, alla guerra di trincea e alle armi, nuove e devastanti, utilizzate durante la Seconda guerra mondiale: una guerra che, al suo avvento, nessun cittadino comune si sarebbe aspettato implicasse un simile arsenale bellico.

Da Roma in avanti, insomma, l’Italia ha visto passare sul suo suolo innumerevoli popolazioni, che l’hanno invasa o che sono state assimilate. Basti pensare solo alla Lombardia del Cinquecento, che non ha mai conosciuto la pace e i cui contadini potrebbero aver visto, solo nell’arco di una generazione, il devastante passaggio di una trentina di eserciti.

Siamo, dunque, i veri eredi dei romani? Assolutamente no, citando Santangelo: “gli italiani del XXI secolo sono il frutto dell’unione di una moltitudine di popoli, tra cui gli etruschi, i greci, i romani, i goti, i bizantini, i longobardi, gli arabi, i franchi, i normanni, gli svevi, gli angioini, gli aragonesi, gli spagnoli, gli austriaci, i francesi e l’attuale ultima ondata migratoria dovuta alla globalizzazione”. E questa mi sembra la lezione più grande nascosta dietro la storia bellica dell’Italia.

Andrea Santangelo
L’italia va alla guerra
Longanesi, 2017
199 pp., 16,90 euro

Per saperne di più:

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Matilde Quarti