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(Ansa)

Papa Francesco e la sua verità: «Ratzinger mi difese»

Il pontefice chiarisce in un libro-intervista il suo rapporto con l'ex papa emerito e smentisce definitivamente la versione pubblicata nel libro di Padre Georg il giorno della morte di Benedetto XVI.

Per l’ex presidente dell’Unione cattolica della stampa italiana e fine conoscitore della vita d’Oltretevere, Papa Francesco, con il suo ultimo libro-intervista pubblicato lo scorso 3 aprile, è stato praticamente costretto a tornare su quanto Padre Georg Gänswein aveva, a sua volta, affermato tra le righe della sua pubblicazione del gennaio 2023. Un dovuto chiarimento sul rapporto tra i due papi, sino a sottolineare che l'autobiografia dell'ex segretario di Papa Benedetto XVI avesse raccontato “cose che non sono vere”.

È da poche ore disponibile il libro-intervista a papa Francesco a firma di Javier Martínez-Brocal vaticanista di ABC, testata spagnola: El Sucesor (edizioni Planeta) -questo il titolo- contiene chiarimenti e specificazioni considerate fondamentali nel rapporto con il suo predecessore Benedetto XVI. Uno dei punti centrali affrontatati da papa Francesco nel libro sarebbero le critiche ricevuta addirittura da padre Georg Gänswein, prima segretario personale e poi particolare di Benedetto XVI e che lo scorso anno, pochi giorni dopo la morte del papa emerito, diede alle stampe un libro autobiografico, dal titolo emblematico Nient’altro che la verità. La mia vita al fianco di Benedetto XVI. (Con Saverio Gaeta, Piemme, 2023).

Il caso

Dalle pagine del suo libro emerge come Papa Francesco avesse provato dolore per la circostanza che il testo di Padre Georg fosse uscito praticamente in concomitanza della morte di Benedetto XVI: “Che il giorno del funerale venga pubblicato un libro che mi ha messo sottosopra, raccontando cose che non sono vere, è molto triste. Naturalmente non mi colpisce, nel senso che non mi condiziona. Ma mi ha fatto male che Benedetto sia stato usato. Il libro è stato pubblicato il giorno del funerale, e l’ho vissuto come una mancanza di nobiltà e di umanità”.

Padre Gänswein e il suo libro

Arcivescovo tedesco di 67 anni originario del Baden-Württemberg, Padre Georg Gänswein fu scelto, nel 2003, dall’allora cardinale Joseph Ratzinger come suo segretario personale, e quando Ratzinger salì al soglio pontificio, nel 2005, Gänswein ne divenne “segretario particolare”, responsabile diretto dell’organizzazione dell’agenda pubblica del papa. E’ unanimamente considerato come il principale confidente di papa Benedetto XVI, visto che anche dopo la rinuncia al papato, nel 2013, rimase al fianco di Ratzinger VI fino alla sua morte. Nient’altro che la verità. La mia vita al fianco di Benedetto XVI. (Con Saverio Gaeta, Piemme, 2023) uscì in Italia il 9 gennaio dello scorso anno, dunque a pochissimi giorni dalla scomparsa di papa Benedetto XVI avvenuta il 31 dicembre del 2022: nel libro, Padre Gänswein raccontò anche di un rapporto conflittuale con Papa Francesco, acuito dopo che quest’ultimo decise di restringere la celebrazione delle messe in lingua latina, circostanza contraria a quanto stabilito, invece, nel 2007 da Benedetto XVI. E proprio l’autore ricordò nel suo libro come papa Benedetto avesse appreso la notizia della lingua delle messe “con dolore nel cuore”. La vicenda non rappresenterebbe altro che la punta dell’iceberg del risalente dibattito fra la componente tradizionalista della Chiesa cattolica, rappresentata in quegli anni proprio da Benedetto XVI, e quella più progressista che si ritrovò attorno a successore papa Francesco.

Il libro di papa Francesco

Da par sua Papa Francesco nel suo El Sucesor (edizioni Planeta, 2024) ha affermato che Benedetto XVI sia stato spesso approfittato da chi gli stava vicino e che “hanno limitato i suoi movimenti. Purtroppo, in un certo senso, lo stavano accerchiando. Era un uomo molto delicato, ma non era debole, era forte. Ma con sé stesso era umile e preferiva non imporsi. Così ha sofferto molto”. Papa Francesco ha chiarito di non aver mai subito interferenze dal suo predecessore, dal quale -anzi- ricevette incoraggiamenti: cita, addirittura, un singolare episodio che vide protagonisti alcuni cardinali che raggiunsero Benedetto XVI per accusare Francesco perché, secondo loro, stava promuovendo il matrimonio omosessuale: “Li ha ascoltati tutti, uno ad uno, li ha calmati e ha spiegato loro tutto”, ha sottolineato papa Francesco, chiarendo ancora meglio che “è stata una volta che ho detto che, siccome il matrimonio è un sacramento, non può essere amministrato a coppie omosessuali, ma in qualche modo bisognava dare qualche garanzia o protezione civile alla situazione di queste persone”. Poi, sulla questione del proprio funerale, Papa Francesco è stato del tutto tranchant, preferendo una revisione della cerimonia e sottolineando che la veglia funebre di Benedetto XVI -quella con il corpo del papa fuori dalla bara e il catafalco con i cuscini- sarebbe stata l’ultima con quel tipo di cerimonia. Ha chiosato, infatti che i papi “siano vegliati e sepolti come qualsiasi altro figlio della Chiesa. Con dignità, come qualsiasi cristiano”.

Sulla vicenda che sa tanto di scontro interno alla Chiesa, Panorama.it ha chiesto lumi a Paolo Scandaletti, presidente emerito dell’Unione cattolica della stampa italiana e fine conoscitore della vita d’Oltretevere.

Dottor Scandaletti, prima di entrare nel merito della tensione tra Papa Francesco e il segretario del papa Benedetto XXI, occorre fare chiarezza.

«Nessuno conosce i dettagli della vicenda, ma credo di poter ragionare intravedendo un filo di continuità piuttosto semplice nell’agire di Padre Georg: ricordiamo, infatti, come quest’ultimo abbia raggiunto notorietà e potere sostanzialmente in quanto segretario particolare di papa Benedetto XVI che, quando decise di dimettersi, il 28 febbraio del 2013, lasciò il soglio pontificio dopo 17 giorni dal suo annuncio: addusse motivi legati al suo stato di salute e si ritirò nella dimora di Santa Marta in Vaticano».

In quei giorni la storia della Chiesa corse veloce…

«E ricordiamo anche bene come il 13 marzo del 2013 il cardinale Bergoglio venne eletto papa, al quinto scrutinio da 115 elettori, all’esito di un conclave rapidissimo -meno di ventisei ore- scegliendo per sé il nome di Francesco. Penso, con un pizzico di malizia, che Padre George, a quel punto, pensasse di essere proclamato cardinale e di avere assegnata un’arcidiocesi importante in Germania: invece venne mandato a Friburgo, come arcivescovo, senza nessun incarico di rilievo. Mi chiedo, allora, cosa sia successo. Forse perché poco gradito a Papa Francesco…».

Sarà una coincidenza, ma la storia dei “due papi” venne fuori in quel periodo...

«Accadde in quel frangente: proprio Padre George diede il via a questa singolare narrazione, con Benedetto XVI ancora in vita a poche centinaia di metri di distanza da papa Francesco. Ne parlo con grande rispetto, ma questa verità non esiste, è stata una forzatura: nella storia della Chiesa può esistere un solo Papa. L’errore, anche narrativo, fu di continuare a far apparire Benedetto XVI, dopo le sue dimissioni, come l’altro papa. A mio parere, il papa -dimessosi- non poteva continuare ad apparire tale, “vestito di bianco”, ad esprimersi pubblicamente e a pubblicare libri come fosse un papa».

Sembra evidente che Padre George avesse avuto un ruolo più che attivo in favore del papa emerito Benedetto XVI.

«Forse perché pensava di poter continuare ad essere protagonista sul palcoscenico vaticano, sperando anche di poter ambire ad una carica ecclesiastica più importante. Come dire: a pensar male qualche volta si fa centro! Fuor di metafora, temo che molto del clima agitato di questi giorni risalga proprio al periodo delle dimissioni di papa Ratzinger, alla narrazione che lo presentava come l’altro papa, vestito di bianco. Ripeto, nel diritto canonico e nella storia della Chiesa, non esistono i “due papi”, né, tantomeno, può trovare spazio -nella seria ricostruzione storica- questa espressione. Il problema sta tutto nel verificare a chi giova, ancor oggi, tutta questa narrazione, che mi appare pura montatura: chi l’ha ideata, chi l’ha movimentata?».

Interessa ora cogliere qualche sfumatura in più su papa Francesco.

«E’ una persona estremamente semplice, ormai lo conosciamo bene: che, ad esempio, quando è costretto a ricorrere alle cure mediche, non si fa problemi ad utilizzare un’utilitaria per recarsi al Policlinico Gemelli, in cui entra dall’accesso pubblico, rimanendo il tempo necessario per il check up. Prima di essere papa, è ed appare una persona del tutto normale. Ce ne accorgiamo anche da quanto affermato in merito alla sua morte: ha già anticipato di non volere per sé funerali altisonanti, avendo addirittura già scelto di essere tumulato in Santa Maria Maggiore, una delle quattro basiliche papali di Roma, accanto agli altri papi».

Colpisce il suo modo semplice di esprimersi…

«Praticamente del tutto avulso dalla tradizionale comunicazione papale! E’ segno di grande forza dialettica, perché in grado di arrivare al popolo di Dio senza utilizzare linguaggi pomposi e articolati. E’ diretto e immediato: magari tutte le sue opinioni non sono sempre condivisibili, ma utilizza una modalità espressiva che si presta alla facile comprensione. Rimane nella memoria collettiva universale l’immagine di papa Francesco, praticamente da solo, nella fredda sera del 27 marzo del 2000, impartire la speciale benedizione “Urbi et Orbi, invocando la fine della pandemia da coronavirus. Forse abbiamo dimenticato che parlava al mondo e a Dio».

I suoi critici lo attaccano per essersi circondato di soli gesuiti.

«E non potrebbe essere diversamente, visto che è il primo papa della storia a provenire dalla Compagnia di Gesù, fondata da Ignazio di Loyola, “il guerriero di Dio”, nel 1534. Ma non può passare inosservata la circostanza di aver scelto per sè il nome Francesco, in ossequio ai padri francescani: anche perché il poverello di Assisi era il modello cui proprio Sant’Ignazio si ispirava. Insomma, una giusta via di mezzo. Papa Francesco, come dire, è un gesuita-francescano…».

Papa Francesco impersona al meglio la forza della storica missione dei Gesuiti…

«Tutti sapevano, in Vaticano, che eleggendo al soglio pontificio un gesuita si sarebbero confrontati con una forza della storia. E’ nel Dna della Compagnia di Gesù esercitare il potere una volta essere stati chiamati a ruoli di responsabilità: c’è poco da aggiungere. Non dimentichiamo la figura di padre Antonio Spadaro, presbitero, già direttore de “La Civiltà cattolica” dal 2011 al 2023, scelto da papa Francesco, dallo scorso 1° gennaio, alla guida del Dicastero per l’educazione e la cultura. Un altro gesuita alla guida di uno dei posti-chiave della dottrina cattolica».

Veniamo alle gerarchie ecclesiastiche: del tutto privilegiato è il rapporto con il Cardinal Pietro Parolin, segretario di Stato del Vaticano.

«Il numero due dello Stato Pontificio, in pratica, e Bergoglio lo considera come il massimo conoscitore ed interprete del mondo contemporaneo. Basti ricordare, ad esempio, come la vicenda della nomina del vescovo di Shangai, Mons. Giuseppe Shen Bin -che aveva fatto tremare le relazioni tra il Vaticano e la Cina- fosse stata risolta da Parolin lo scorso luglio, all’esito di un vero “caso diplomatico” tra i due stati. Conosco il Cardinale, siamo entrambi veneti, ha più volte confessato che dopo il pensionamento tornerà a fare il parroco a Schio, sua citta di provenienza…Pensiamo veramente che papa Francesco possa fare a meno di lui?».

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Egidio Lorito