Il Renzi venezuelano in carcere fino al 2024
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Il Renzi venezuelano in carcere fino al 2024

Il leader dell’opposizione, Leopoldo López, è stato arrestato. Il reato? Aver guidato una manifestazione.

Come non finire in galera quando, nelle ultime tre settimane, il presidente del Venezuela Nicolás Maduro ha chiesto il tuo arresto 17 volte in tv a reti unificate? E ti annovera di diritto nella "Trilogia del Male" con gli altri due principali leader dell’opposizione rimasti per ora in libertà, Henrique Capriles e María Corina Machado? Domande, queste, che Leopoldo López, 42 anni, leader del partito di opposizione venezuelano Voluntad popular, si è posto mille volte. Ma ha scelto di non emigrare all’estero come avrebbe voluto il regime: meglio il carcere.

Devastato da mesi da una terribile crisi economica (manca tutto: dalla carta igienica al pane), il Venezuela è travolto dalla più poderosa ondata di proteste dalla morte di Hugo Chávez un anno fa. E per il suo opaco successore Nicolás Maduro, il responsabile della radicalizzazione delle tensioni è proprio Leopoldo López. Certo è che il giovane oppositore ha la protesta nel Dna. Suo bisnonno si fece 14 anni in cella sotto la dittatura del generale Juan Vicente Gómez, mentre il nonno rimase in esilio per 17 anni. Leopoldo è anche discendente di Simón Bolívar, il libertador per cui "niente paura della galera". Dal 18 febbraio, López passa le sue giornate in un carcere militare, sorvegliato a vista, con la prospettiva di non uscire prima del 2024.
È il prezzo, sostiene López, per chi, nonostante le minacce, si ostina a opporsi al progetto castro-comunista di Maduro. Per questo è stato ribattezzato il "Mandela venezuelano". L’unica sua colpa è avere guidato la manifestazione studentesca del 12 febbraio, ritirandosi dalla strada e invitando tutti a fare lo stesso, molto prima dell’inizio dei disordini durante i quali cecchini e motociclisti tupamaros hanno ucciso tre persone.

Cattolico, di centrosinistra, López è il Matteo Renzi venezuelano. È pure una vecchia conoscenza del Meeting di Rimini, dov’è stato invitato come oratore. Il suo arresto per una sfilza interminabile di reati, compresi quelli di "terrorismo e omicidio" poi derubricati, suona ridicolo. Così come beffardo appare il mantra "in Venezuela si vota e dunque è una democrazia doc", ripetuto all’infinito dalle sinistre sudamericane. In primis da quella argentina, dove un fedelissimo di Cristina Kirchner ha invitato Maduro a "fucilare" López. Parlare di "democrazia doc" in un Paese dove la Guardia bolivariana spara contro la gente in piazza suona come minimo beffardo.

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