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(Ansa)
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L'ambientalismo folle ed autolesionista di Ultima Generazione

Giustificare ogni atto con la scusa della «salvezza del mondo» dimenticandosi così della vita quotidiana

Il grande romanziere americano Michael Crichton non era certamente uno che le mandava a dire e fu tra i primi a denunciare, anche attraverso i suoi romanzi, il fanatismo di certi gruppi ambientalisti che emergevano sulla scena pubblica degli anni novanta. Crichton sosteneva che gli ecologisti radicali fossero assimilabili ad una sorta di setta millenarista che esprimeva una forma di religiosità surrogata, convinta che la fine del mondo per mano dell’inquinamento fosse ad un passo e che l’unica salvezza fosse una radicale contestazione della civiltà occidentale e del suo progresso. L’idea dell’ecologismo radicale, asseriva il creatore di Jurassic Park, era la creazione di una sorta di stato di emergenza permanente capace di giustificare qualunque scelta politica e di imporre attraverso la retorica della fine del mondo una certa etica ed un certo modo di pensare con ovvio pregiudizio della libertà e del pluralismo.

Se si analizzano atti, comportamenti e parole del nuovo movimento ecologista noto come Ultima Generazione si ritrovano molte delle denunce dello scrittore americano morto nel 2008. La retorica della fine del mondo imminente per mano dell’uomo colpevole è sempre presente nelle dichiarazioni degli attivisti. L’ambientalismo è la palingenesi, l’unica salvezza, il “Dio verde” per citare un bel recente libro di Giulio Meotti.

Naturalmente questo pathos non ha nulla a che vedere con la ricerca scientifica che ci dice di una concomitanza di fattori che generano il cambiamento climatico ma non prescrive certo la fine imminente del pianeta e di chi lo abita. I continui imbrattamenti di opere d’arte e monumenti storici, il blocco del traffico e i sit-in, delineano un modus operandi ciclico, una ritualità gruppettara tipica delle minoranze radicali che rifiutano di entrare pienamente nell’agone politico. Un modo di stare al mondo che si riflette nei rapporti con i media.

Gli attivisti di Ultima Generazione accettano di essere presenti ovunque ma rifiutano sistematicamente il dibattito sia con politici che con esperti. Il microfono si accetta soltanto se la comunicazione è a senso unico pena la reazione isterica, la retorica apocalittica e l’abbandono della scena. Viene da chiedersi perché un tale settarismo condito da una spessa approssimazione argomentativa trovi tante sponde nei media, soprattutto nei giornalisti dichiaratamente di sinistra. Forse perché questa unica “novità” è l’unico elemento di lotta anticapitalista che resta e risulta anche molto à la page tra chi non deve preoccuparsi dei problemi della vita quotidiana. Tuttavia, non è affatto detto che questa promozione urbi et orbi degli atti vandalici in nome dell’ecologismo sia un male.

Fino a che gli ambientalisti sono rappresentanti dagli atti e dai modi di Ultima Generazione la maggioranza silenziosa delle persone di buon senso è in una botte di ferro. Difendersi dagli estremismi ecologici sarà molto più facile sul piano politico.

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Lorenzo Castellani