Tienanmen, the day after
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Tienanmen, the day after

Il giorno dopo l'incidente nella piazza simbolo di Pechino: l'assordante silenzio delle autorità cinesi

Da Pechino

Perché non chiedete alle Guardie Rosse di venire a spostare la Costa Concordia?” Sono le otto e mezza del mattino e Nick, uno dei giornalisti freelance più noti a Pechino, mi ha già stordito con due luoghi comuni da urlo: la faciloneria di noi italiani e la spietata efficienza del regime cinese di fronte ai drammi passibili di danneggiare la reputazione di un Paese. Sul primo elemento sorvolo volentieri, ma è il secondo a colpire chi come me non ha mai osservato dall’interno le dinamiche politiche e sociali del posto.
A Tienanmen, il giorno dopo il probabile attentato che ha causato cinque morti e quasi 40 feriti, è come se nulla fosse mai accaduto. La stazione della metropolitana sottostante funziona e un cartello avverte che non sono previsti ritardi di alcun tipo. La piazza, riaperta al pubblico già nel tardo pomeriggio di ieri, meno di quattro ore dopo l’esplosione, ha l’aspetto di sempre: venditori ambulanti, traffico, il solito viavai di turisti cinesi e stranieri che si fanno fotografare davanti alla gigantografia di Mao Tse-Tung, a meno di cinque metri dal punto esatto dove si è schiantato il Suv chiaro, con i suoi tre misteriosi occupanti e il suo carico di morte ancora senza una spiegazione apparente. Persino i segni della frenata e la porzione di marciapiede annerita dal fumo, che facevano capolino da alcune foto di ieri sera, sono scomparsi. L’asfalto è più lindo che mai sotto lo sguardo severo del Grande Timoniere.
Inutile cercare riscontri a quel che è accaduto negli sguardi e nell’attività delle guardie che presidiano Tienanmen e i numerosi simboli del potere vecchio e nuovo che la attorniano. Le sentinelle sono sempre state numerose, forse se ne conta qualcuna in più ma i loro movimenti si ripetono, identici a se stessi giorno dopo giorno. Sicuramente sono aumentati gli addetti alla sicurezza in borghese, difficili da non riconoscere mentre cercano di mimetizzarsi tra i gruppi di turisti con i loro marsupi dove nascondono manette e tesserino e le improponibili camicie hawaiane che hanno suscitato più di una risata sui social network locali.
Vieni con me, ora ci facciamo due risate”, mi dice Nick. Il suo è un nome di fantasia, perché come la stragrande maggioranza dei freelance
statunitensi si trova a Pechino con un visto di lavoro temporaneo e non giornalistico. Ieri è arrivato in piazza pochi minuti dopo l’esplosione e ha ascoltato diversi testimoni oculari dell’incidente: le loro parole sono state pubblicate da diversi portali americani e da lì, in un percorso a ritroso apparentemente senza senso, sono rimbalzate su Weibo, una sorta di Twitter cinese, dove però hanno avuto vita breve.

Nick mi trascina davanti all’ufficio informazioni turistiche che si trova sul lato ovest della piazza, a poca distanza dal parlamento e dallo Zhongnanhai, il compound dove vive e lavora la maggior parte dei funzionari del Pcc. Ci fingiamo semplici turisti un po’ preoccupati.
Chiediamo a una ragazza in tailleur blu se ci sono rischi a visitare il Mausoleo e la Città proibita oggi, dopo tutto quello che è succeso. Ci guarda perplessa, finge di non capire l’inglese, poi domanda: “Perché, cosa è successo?
Nick ride, se lo aspettava. Io no. Proviamo a spiegarle che abbiamo letto su internet di un’esplosione a Tienanmen, del resto è l’unico modo che abbiamo per risultare credibili visto che ieri né le emittenti locali Beijing Tv e SerTv né la televisione di Stato hanno ritenuto fosse il caso di inserire la notizia nella loro scaletta. Stessa scelta hanno fatto i siti dei maggiori quotidiani, dai quali foto e resoconti sull’attentato
sono scomparsi verso le 17,30 di ieri, e le loro edizioni cartacee di questa mattina, dove l’evento non è minimamente considerato. Motivi per i quali, ci sovviene adesso, anche la nostra interlocutrice potrebbe davvero essere ignara di tutto, come qualche altro centinaio di milioni di cinesi.
La ragazza del Tourist Office chiama una sua superiore: la donna ha lo sguardo severo, lo stesso tailleur blu ma un paio di mostrine in più sulle spalle. Le due dialogano pochi istanti sottovoce, rivolgendoci la schiena. Poi l’addetta si volta verso di noi, mascherando la tensione con un bel sorriso, e ci regala una nuova versione dei fatti. «Scusate, io ieri non ero di turno e quindi non sapevo che si fosse verificata questa interruzione» spiega, senza smettere di ridere e di inchinarsi “Il mio capo mi ha riferito che effettivamente c’è stato un piccolo problema di traffico che ci ha costretti ad accorciare l’orario di visita e ha causato la chiusura della metropolitana. Da questa mattina però tutti i nostri servizi sono assolutamente regolari. Vi auguro una buona visita”.

A pochi passi di distanza, la donna anziana con le mostrine sorride, ma di un sorriso assai meno dolce, scrollando più volte la testa in avanti e indicandoci la porta per far capire – a noi e alla ragazza – che il dialogo può considerarsi concluso. All’uscita, un uomo di mezza età in camicia hawaiana e marsupio guarda distrattamente le nostre macchine fotografiche e ci chiede se abbiamo bisogno di una guida turistica.

Decliniamo l’offerta e ci allontaniamo prima che qualcuno ci chieda i documenti, come è successo ieri a chiunque si trovasse nei paraggi: i
colleghi di Bbc e France Press sono stati addirittura fermati pewr una ventina di minuti e rilasciato solo dopo che gli agenti hanno svuotato la memoria delle loro telecamere.
Dunque si è trattato di un piccolo problema di traffico. Johnny Stecchino avrebbe apprezzato, senza dubbio. Se queste sono le spiegazioni ufficiali, è chiaro che trovare a Pechino una fonte che ci illumini sulla dinamica dell’attentato di ieri diventa abbastanza complicato. La polizia metropolitana, che segue l’indagine, non si schioda dalla versione della fatalità e non rilascia dichiarazioni. La connessione a Internet continua a rallentare ogni volta che ci si collega a un sito di news straniero, per non parlare di Twitter, mentre ieri notte, per precauzione, su Weibo sono state bloccate anche le ricerche relative alla frase «incidente stradale».

Ancora mistero fitto sugli attentatori e sulle loro motivazioni possibili, anche se sempre nella notte fonti investigative hanno riferito ad alcuni corrispondenti stranieri che già nella mattinata che ha preceduto l’esplosione le forze dell’ordine davano la caccia a tre uomini di etnia uiguri (cinesi musulmani che vivono nella provincia separatista occidentale dello Xinjang) a bordo di un veicolo chiaro. Altre voci, non
confermate, riferiscono che nel pomeriggio di ieri un minivan si sarebbe schiantato contro la recinzione del tribunale di Nanchong, nella provincia meridionale del Sichuan, ferendo diversi poliziotti di guardia ma senza provocare vittime. Sarà difficile, comunque, capirci qualcosa di più in futuro.
Perché a Tienanmen, in fondo, non è successo nulla di grave.

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Gianluca Ferraris

Giornalista, ha iniziato a scrivere di calcio e scommesse per lenire la frustrazione accumulata su entrambi i fronti. Non ha più smesso

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