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(Ansa)
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Stigma sociale e le conseguenze dell'ingiusta detenzione

La vicenda di Beniamino Zuncheddu, l'uomo assolto dopo 33 anni di carcere, merita riflessioni su cosa succede nelle persone portate in carcere da innocenti

In quanto essere sociale, l’uomo non può prescindere dall’interazione, di qualsiasi natura essa sia. L’interazione sociale si struttura attraverso l’attribuzione di categorie sociali di appartenenza da cui si deducono possibili aspettative relative al comportamento, proprio e altrui. Un altro elemento caratterizzante il processo di reciprocità compete i vincoli di fiducia e morali.

Può accadere però che vi sia un’esposizione continua a comunicazioni che possono screditare una persona, nonostante la sua innocenza, come avviene nel caso degli errori giudiziari. Per la vittima emergeranno inizialmente imbarazzo e confusione, tanto più i presupposti diventeranno insostenibili per l’emergere di prove contrarie, con la gravissima conseguenza che verranno a mancare le strutture fiduciarie e morali interne, oltre che ai riferimenti alla struttura sociale esterna.

Quando il sé non viene creduto si aprono le condizioni dello stigma. Lo stigma nasce quindi quando tra l’identità sociale virtuale e l’identità sociale effettiva di un individuo si apre un divario: gli attributi effettivi e quelli dei membri della categoria sociale alla quale virtualmente si ascriverebbe il soggetto non corrispondono. Un attributo non previsto, socialmente non desiderabile e screditante diventa la propria immagine sociale. In quanto degradante l’identità il fenomeno della stigmatizzazione può attaccarsi a contenuti fino a quel momento non ritenuti screditanti. Per lo stigmatizzato disagio ed imbarazzo sorgono di fronte all’incertezza rispetto a quali attributi gli altri lo identificheranno: quelli del ruolo o quelli dello stigma?

Un individuo stigmatizzato, una volta presa coscienza della stigmatizzazione, può utilizzare delle strategie di occultamento dello stigma, quali il passing. Il covering o il revealing. Il passing è la separazione tra la propria identità privata (l’identità autentica) da quella pubblica; il covering è il deponziamento delle caratteristiche della propria identità al fine di renderle rispettabili, in pratica un modo di comportarsi discreto che rientra nella norma; il revealing invece è il mostrarsi per quello che si è differenziandosi rispetto agli altri e concependo la propria identità diversa al pari di quella degli altri, agendo quindi tutto il peso della propria identità. Si consideri per comprendere il fenomeno che, il processo identitario, chiama a sé differenti aspetti quali l’identità di ruolo, ossia le posizioni che l’individuo occupa all’interno della società; l’identità sociale, ovvero l’appartenenza a gruppi sociali che implica la semplificazione rispetto a come dovremmo comportarci e a come ci aspettiamo che gli altri si comportino; l’identità personale, in pratica il concetto di sé. Queste tre dimensioni, unitamente, vanno a formare l’identità individuale.

Dal punto di vista morale lo stigmatizzato deve, da una parte, interiorizzare il punto di vista sociale e le relative credenze che sono state sviluppate su di lui grazie anche al contributo di stereotipi, pregiudizi e credenze culturali, dall’altro deve procedere con la presa di consapevolezza di essere un portatore di stigma. La fase nella quale la persona apprende di avere lo stigma e le conseguenze che questo comporta.

Il processo di stigmatizzazione provoca conseguenze sui soggetti discriminati: vari studi hanno evidenziato il danno psicologico da esso provocato. Il concetto di stigma interiorizzato esprime la risposta del soggetto allo stigma, che può essere condiviso dallo stesso soggetto; in altri casi invece vi sono un rifiuto ed una protesta nei confronti dell’atteggiamento sociale di esclusione. Certamente la vergogna, affetto spesso trascurato, costituisce l’elemento più importante nel determinare la presenza patologica dello stigma interiorizzato (internalized stigma). Esso è definibile come la svalutazione, la vergogna, la segretezza e la rinuncia innescata dall’applicazione di stereotipi negativi a sé stessi. La stigmatizzazione può e deve essere correlata alla vergogna, nucleo principale dello stigma interiorizzato. Le categorie fondamentali del deficit la cui esposizione produce vergogna si collocano nelle esperienze di debolezza, della mancanza di controllo, della sporcizia metaforica: tutte hanno come corollario ed effetto comune quello di provocare una perdita di valore e di dignità della propria immagine e quindi della stima e dell’amore che ad essa sono connessi. La vergogna, come esperienza, ha un carattere aleatorio, instabile ed accessuale, quindi più difficile da cogliere, anche perché tende a trasformarsi in tristezza, colpa o rabbia-furore, ad avere una pregnanza visiva (il rossore), ad essere ubiquitaria, facendo parte della natura umana e della storia di ciascuno, ricca di imperfezioni e difetti ed esperienze traumatiche di impotenza. Questo sentimento molto complesso può presentarsi sotto forma di una reazione, molto articolata, di angoscia oppure di un atteggiamento comportamentale vergognoso, anche se il nascondersi risulterà lo scopo finale comune in entrambi i casi. I sentimenti di vergogna sono più o meno sempre riferiti ad un giudice esterno (persona o gruppo che agiscono per far provare tale sentimento). La stigmatizzazione è un processo sociale che ha il suo corrispettivo interno nella produzione della vergogna, dobbiamo immaginare che avvenga un’interiorizzazione di istanze sociali, per cui alla derisione esterna subentra quella interna, ben superiore e tremenda, che può essere descritta dalle parole di Sandler: “Non posso vedere me stesso come vorrei che gli altri mi vedessero”.

Ma non è solo lo stigma e creare problemi sul lungo termine. Si considerino infatti le conseguenze della permanenza in carcere. La detenzione, oltre a provocare dei cambiamenti sul comportamento dell’individuo, che trovano espressione per mezzo di modificazioni psicologiche e fisiche, comporta delle compromissioni anche a carico di altre aree, come ad esempio la sessualità. Gli individui che vengono reclusi perdono il ruolo sociale e lavorativo che hanno nella società e devono rinunciare a qualsiasi loro interesse o passione. La detenzione provoca anch’essa una compromissione a carico dell’identità, dell’immagine di sé, oltre che fenomeni di spersonalizzazione, legati sia all’aspetto traumatico che alla necessità di uniformarsi ai criteri e alle leggi prestabilite del sistema carcerario.

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Cristina Brasi