Spionaggio in Europa: tutto normale
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Spionaggio in Europa: tutto normale

Chi si scandalizza oggi per le rivelazioni di Snowden dimentica ECHELON, il trattato UK-USA e il funzionamento dei sistemi di spionaggio in Europa

(Per LookOut News )

Prima di riflettere sulle ragioni e le conseguenze dello spionaggio USA a danno delle nazioni europee, Italia compresa, è opportuno ricordare che nello spionaggio non ci sono amici o alleati, ma solo concorrenti. Diceva Benjamin Disraeli e confermava Henry Kissinger: “le nazioni non hanno mai amici stabili e nemmeno nemici stabili ma solo interessi permanenti”. Una massima che nell’intelligence vale più di numerose direttive e che contribuisce a spiegare le ragioni che sottendono alle scelte americane di “spiare” l’Europa.

Non è, infatti, particolarmente scandaloso che gli USA spiino le cancellerie alleate, e la cosa è nota da tempo immemore (anche gli italiani in passato hanno spiato sedi diplomatiche). Una pratica, quella di intercettare le comunicazioni diplomatiche, che durante la Guerra Fredda era diventata al tempo stesso un’esigenza e un’ossessione. Più scandaloso, semmai, è il fatto che gli Stati Uniti si siano fatti “beccare con le mani nella marmellata”, segno che non sono più capaci di proteggere la loro sicurezza interna.

Lo spionaggio si fa ma non si dice e non corrisponde certo a un crimine, casomai a un peccato. Spesse volte, però, estremamente necessario. Come nel caso del terrorismo, parola che purtroppo ha avuto anche funzione di “Cavallo di Troia” per giustificare la penetrazione delle reti telematiche dell’Europa da parte degli americani, quando si è deciso che la lotta al terrorismo, per essere efficace, dovesse comprendere anche la condivisione di informazioni sensibili. Così, i membri dell’Unione Europea hannode factoaccettato (a volte inconsapevolmente, altre ingenuamente) di mettere in comune dati e accessi alle reti telematiche e delle telecomunicazioni.

La posizione italiana
Si comprende, allora, come e perché anche l’Italia abbia acconsentito di condividere le informazioni sui cittadini italiani. È evidente, però, che quando si lascia entrare un estraneo nella nostra casa, c’è il concreto rischio che egli possa espandere il proprio interesse a piacimento. E qui subentra lo scandalo: non è tanto il fatto che ad essere spiati possano essere anche i comuni cittadini (cosa che di per sé modifica solo in parte il patto per la sicurezza), ma che la sorveglianza si estenda anche ad ambiti economici, commerciali e aziendali.

Perché, tornando alla massima di Disraeli, qui c’è il dolo di interessi che non convergono: certo l’Italia e gli USA hanno ragione di condividere informazioni su possibili terroristi intenzionati a colpire Roma o Milano o la sede dell’ambasciata americana, ma di sicuro l’Italia non ci tiene a far sapere agli USA dove il nostro Paese intende espandere il mercato per il controllo energetico né quanti bonifici bancari siano destinati ogni mese a banche e società commerciali in Libia. Questa sì è un’altra faccenda, peraltro sensibile, che attiene al crimine informatico.

 

Le origini delle intercettazioni moderne: UKUSA ed ECHELON
Per capire ancora meglio di fronte a cosa ci troviamo, è opportuno ricordare che, ben prima che Wikileaks e Edward Snowden scoprissero l’acqua calda, già nel 1947 vennero poste solide basi perché l’orecchio e l’occhio americano potessero ascoltare e vedere nel dettaglio cosa accadeva in Europa: nel primo dopoguerra, Stati Uniti e Regno Unito, insieme agli amici di Canada, Australia e Nuova Zelanda, crearono il progetto ECHELON come parte di un club esclusivo anglosassone per condividere i risultati di intercettazioni globali, coperte da un trattato segreto che vige ancora oggi. E che, molto eloquentemente, si chiama UKUSA.

Durante e dopo la guerra fredda, le attenzioni di ECHELON si concentrarono progressivamente su comunicazioni militari e diplomatiche. Ma, grazie alla tecnologia e ai computer sempre più sofisticati, ECHELON fu presto in grado di monitorare anche obiettivi industriali e dunque privati. Fino a oggi quando, essendo riversate spontaneamente sulla rete l’80% delle informazioni sensibili di privati, cittadini e aziende, l’estensione possibile delle informazioni da intercettare è praticamente universale.

ECHELON è controllata dalla NSA, proprio quella National Security Agency di Fort Meade, nel Maryland, dove lavorava Edward Snowden e da cui lo scandalo è fuoriuscito. La NSA incrocia i dati principalmente con la General Communications Head Quarters (GCHQ) di Cheltenham, Inghilterra, e poi con la canadese Communications Security Establishment Canada (CSEC), con l'australiana Defence Signals Directorate (DSD) e con il General Communications Security Bureau (GCSB) della Nuova Zelanda.

L’Europa sapeva
Detto questo, l’attentato dell’11 settembre al World Trade Center non ha cancellato solo le Torri Gemelle di New York ma anche la memoria dell’Unione Europea la quale, già nel luglio del 2001, aveva pubblicato un report redatto dalla Commissione (Commissione temporanea sul sistema d'intercettazione Echelon) per il Parlamento UE, in cui ci si interrogava sui motivi e le giustificazioni dell’uso delle intercettazioni e della opportunità della collaborazione inglese allo spionaggio americano in Europa.

Nelle conclusioni di quella relazione, si trova una domanda importante: “I cittadini dell'UE sono adeguatamente protetti contro i servizi segreti?” Ecco la risposta: “Considerando che la protezione di cui godono i cittadini dell'Unione europea dipende dalla situazione giuridica propria dei singoli Stati membri, che varia in modo sostanziale, e dal momento che in alcuni casi non esistono neppure organi parlamentari di controllo, il grado di protezione non si può certo dire essere adeguato”. 

Ma la chiave del report sta tutto nel suo incipit, dove qualche dotto burocrate UE ha voluto una frase di  Giovenale: “Quis custodiet ipsos custodes?” ovvero “Chi sorveglierà i sorveglianti stessi?”. Questa, in conclusione, è la madre di tutte le domande, quando si parla di spionaggio. E la cui risposta manca ancora del tutto.

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Luciano Tirinnanzi