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(Ansa)
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Gli italiani invocano severità sul voto in condotta, ma serve anche educare in casa

Un recente sondaggio mostra che gli italiani appoggiano la riforma sui voti di condotta, anche se da sola non potrà bastare a risolvere un’emergenza educativa conclamata. Inoltre, dopo un’estate di ricorsi, non sarà che s’invoca tanta durezza solo finché tocca agli altri?

Stavolta non c’è colore e non c’è appartenenza politica che divida: gli italiani vogliono il pugno duro nei confronti di maleducati, bulli e bravi manzoniani. E così la proposta del ministro Giuseppe Valditara, che prova con concretezza a rispondere a modo suo a un anno di fattacci che si sono succeduti nelle aule italiane, è già nelle cronache politiche e, nonostante non sia ancora nemmeno un disegno di legge, un sondaggio di YouTrend per SkyTg24 ne misura il favore e mostra come la stragrande maggioranza degli intervistati sia bendisposta a garantire maggiore rilevanza al voto di condotta.

A oggi il comportamento alle scuole superiori conta già, perché fa media e quindi concorre come ogni materia all’attribuzione dei crediti scolastici, ma ora l’idea sembra quella di aumentarne il peso specifico e assegnare addirittura un debito in Educazione Civica nel caso che in pagella il voto di condotta sia 6, una valutazione che spesso si associa a comportamenti decisamente scorretti e sanzionati con durezza.

Seguendo il sondaggio che specifica come anche gli elettori dei vari partiti all’opposizione siano favorevoli alla svolta proposta da Valditara, queste misure soddisfano perché è evidente che ci sia una dilagante mancanza di rispetto nei confronti della scuola e dell’autorità in generale, così come è sotto gli occhi di tutti il degrado che risulta da cui alcuni episodi di violenza e di sopraffazione che sono solo la punta di un enorme sommerso.

Ora, ammesso che queste norme, approvate e applicate, consentano realmente un giro di vite nei giudizi, il tema resta sempre quello del percorso, perché se (se!) la minaccia di un debito può portare a studiare un manuale di storia o di scienze, è impensabile che possa migliorare il comportamento di una persona nel corso di un lungo periodo. Non è un giudizio duro minacciato per la fine dell’anno che curva un percorso di crescita verso il bene, verso una condotta che miri personalmente a dare un contributo attivo e propositivo nell’ambiente di cui si fa parte. Men che meno, non è un giudizio finale che fermerà tre bulli in azione in un angolo di un corridoio, o una diretta su Instagram con il docente girato verso la lavagna. O peggio, ovviamente. E allora, insieme all’accoglienza calorosa e lecita rivolta a queste proposte, ci si dovrebbe aspettare un’uguale stretta educativa casalinga sul modo di comportarsi in società, sull’uso e abuso del cellulare, sul rispetto della cosa pubblica e delle semplici regole di convivenza, così come sarebbe ragionevole credere in una nuova alleanza educativa in cui le famiglie accolgano i giudizi che emette la scuola, anche quando si tratti di delusioni, di debiti, di non promozioni. Altrimenti il rischio è quello di invocare la ghigliottina e poi trovarsi col rosario in mano a chiedere la grazia nove mesi dopo, in sala ricevimento implorando perdono e comprensione, oppure via PEC, aprendo le pratiche di ricorso nei confronti di un 6 in condotta assegnato al proprio diamante grezzo di casa.

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Marcello Bramati