Il vaccino contro il Coronavirus pronto a dicembre e parla anche italiano
(Ansa, Epa, Stephanie Lecocq)
Salute

Il vaccino contro il Coronavirus pronto a dicembre e parla anche italiano

Nei laboratori di Pomezia del gruppo IRBM si sta realizzando il vaccino già testato su 500 volontari ad Oxford e che in pochi mesi dovrebbe andare in produzione

La corsa per ottenere un vaccino che fermi il coronavirus è in atto anche in Italia, precisamente a Pomezia nei laboratori del gruppo IRBM che dal 1990 si occupa di biotecnologia molecolare e chimica organica per la produzione di nuovi farmaci per le malattie neurodegenerative, oncologiche e infettive. Attraverso i ricercatori di una sua partecipata, Advent, anni fa ha messo a punto il vaccino anti-Ebola e ora è impegnata nella nuova sfida al Covid-19. Il motto che campeggia sul sito aziendale è una filosofia di lavoro: indirizzare la capacità di trovare nuovi farmaci incide sulla qualità della vita delle persone e allo stesso tempo sull'economia del territorio. Dio solo sa quanto sia vero, in questi giorni, riuscire a stare in salute e poter anche lavorare.
Pietro Di Lorenzo, amministratore delegato del gruppo, ha la voce stanca ma ferma di chi è abituato a non mollare facilmente la presa.

«È un periodo concitato e snervante, ma la spinta etica di questo lavoro è un grande incentivo per mettercela tutta. Oggi il mondo chiede aiuto. Noi abbiamo il dovere di andare oltre teorie e supposizioni e dare un risultato percorribile. Quando i cinesi a gennaio hanno isolato e sequenziato il virus - racconta Di Lorenzo - postandolo su internet la comunità scientifica internazionale si è allertata per la ricerca di un vaccino. L'Istituto Jenner (dal nome di colui che sul finire del Settecento individuò e sperimento la cura del vaiolo-ndr) dell'Università di Oxford, diretto dal prof Adrian Hill, in quindici giorni ha sintetizzato il gene della proteina spike, creando un inoculo virale. La spike (dall'inglese spina o punta che conferisce l'aspetto a corona del virus ndr) è la proteina chiave del processo infettivo e serve al Covid-19 per attaccare, entrare e infettare le cellule umane incastrandosi con un uncino (porzione RBD) alla molecola Ace2, recettore importante per la pressione sanguigna. A marzo l'Istituto Jenner, che da un decennio lavora con noi sulle sperimentazioni, ci ha chiesto di mettere a disposizione il nostro expertise della piattaforma-Adenovirus (piattaforma che realizza il depotenziamento del virus del semplice raffreddore) per realizzare un vaccino contro il coronavirus. (L'Adenovirus è una famiglia di virus influenzali che comprende un centinaio di sierotipi che vanno dal raffreddore a polmoniti, gastroenteriti, cistiti, congiuntiviti-ndr). Così, nel genoma dell'Ademovirus è stato inserito il gene della proteina spike modificata per neutralizzarne gli effetti e forzata ad imitare il Sars-CoV2, che causa il coronavirus. Immesso nell'organismo attraverso il vaccino, questo 'virus impostore' funziona come un cavallo di Troia stimolando il sistema immunitario a combattere e uccidere il covid-19. Da marzo abbiamo iniziato la produzione del vaccino anti-Covid-9 e abbiamo inviato le prime dosi in Inghilterra per i test».

Una volta realizzato il vaccino cosa manca perché sia utilizzato sulla popolazione?

«Attualmente in Inghilterra si è conclusa la sperimentazione su cinquecento volontari e, ora, sono in corso i test clinici su circa seimila pazienti. Se il vaccino si dimostrerà efficace e si otterrà una risposta credibile, entro fine settembre si dovrebbe entrare in produzione».

Il 'se' nella sua frase fa supporre che non sarà una cosa immediata?

«Dipende dai punti di vista. Quattro mesi per la ricerca scientifica sono un battito di ciglia. Il lavoro è immenso, non per altro i grandi uomini della scienza che hanno scoperto i vaccini sono colonne della storia dell'umanità. Successivamente si deve ottenere il via libera dalle autorità di controllo internazionali, poi il vaccino deve essere prodotto, quindi distribuito e iniettato.Ora, va detto che per questo caso esistono due precedenti importanti sul fronte della sicurezza nell'uso sull'uomo: il vaccino anti-MERS della prof. Sarah Gilbert dello Jenner, usato in Arabia Saudita, e il nostro Adenovirus, testato in un milione di vaccini anti-Ebola».

Se in questi prossimi mesi tutto andrà per il meglio, come sarà possibile realizzare in tempo 7,4 miliardi di vaccini, quanta è la popolazione del mondo?

«Conclusa la fase scientifica è necessario pensare subito alla realizzazione per soddisfare l'enorme richiesta nei tempi più rapidi possibili. Un solo produttore non potrebbe essere in grado di affrontare la scala globale: noi potremmo anche decuplicare la produzione ma il mercato mondiale è sterminato. Per questo ieri è stato siglato l'accordo con la AstraZeneca, una multinazionale in grado di organizzare la produzione e la distribuzione del futuro vaccino affidandosi contemporaneamente a una pluralità di soggetti nel mondo. Noi, ovviamente, garantiremo la nostra expertise. Si prevede che il primo lotto (2 milioni di dosi) sia pronto a gennaio per essere indirizzata alle persone più esposte e così via. Ci sono tutti i presupposti perché, una volta avviata la produzione, la copertura totale sia soddisfatta rapidamente».

Il costo del vaccino sarà accessibile?

«È ancora presto per stimare i costi. Però posso ritenere che saranno contenuti. L'accordo siglato per la produzione prevede, infatti, che per tutto il mondo e in tutto il periodo della pandemia il vaccino sia distribuito al prezzo di costo, not for profit, come richiesto dall'Istituto Jenner di Oxford: una decisione veramente apprezzabile che tutte le strutture coinvolte hanno accolto con piacere».

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Elena Fontanella