Massimiliano e la distrofia di Duchenne: la speranza viene dalla ricerca
Salute

Massimiliano e la distrofia di Duchenne: la speranza viene dalla ricerca

Grazie a Telethon, le malattie neuoromuscolari non fanno più paura come una volta. Numerosi trial hanno già migliorato la qualità di vita dei malati

Massimiliano frequenta la seconda elementare, ama il calcio, pratica il karate, ha 8 anni e il suo idolo è Donnarumma.

Massimiliano ha la distrofia di Duchenne, diagnosticata all’età di 5 anni, dopo che la sua mamma, Alessia, si era insospettita del fatto che il bambino fosse sempre stanco e non riuscisse a correre come i suoi coetanei.

E’ da quella diagnosi, ricevuta presso il centro Nemo del Policlinico Gemelli di Roma, dalla voce del professore Eugenio Mercuri –direttore dell'Unità operativa di Neuropsichiatria infantile- che inizia il percorso di cura di Massimiliano, che dalla sua Sicilia (la famiglia è originaria di S.Agata di Militello, paese in provincia di Messina) ogni mese si reca al Nemo per i controlli. Adesso, il bambino è stato anche inserito in un trial di sperimentazione.

La distrofia muscolare di Duchenne è una malattia neuromuscolare caratterizzata dall’assenza di una proteina chiamata distrofina, problema che porta a degenerazione del tessuto muscolare e quindi alla progressiva perdita di forza e riduzione delle abilità motorie. I primi sintomi, proprio come successo al piccolo Massimiliano, si manifestano, generalmente, tra i 2 e i 6 anni e comportano ritardo psicomotorio, difficoltà ad alzarsi da terra, a saltare, a fare le scale, scoliosi e perdita delle funzioni degli arti superiori. Spesso vengono coinvolti anche il cuore e i muscoli respiratori e sono proprio i problemi cardiaci a ridurre l’aspettativa di vita di questi malati.

Ma la ricerca sta facendo, anche grazie a Telethon, che ha finanziato sulla distrofia di Duchenne ben 205 progetti di ricerca, enormi passi avanti: “Le malattie rare” spiega il professor Eugenio Mercuri, direttore dell'Unità operativa di Neuropsichiatria infantile del Policlinico Gemelli di Roma, “hanno sempre ricevuto meno interesse di quelle più comuni, dato che le aziende farmaceutiche sono interessate a farmaci a larga diffusione. Negli anni, però, c’è stata se non un’inversione, una modifica nella tendenza. Un po’ perché gli enti regolatori hanno prestato particolare attenzione alle malattie rare e ai farmaci orfani, che sono i medicinali che vengono utilizzati proprio per la prevenzione o il trattamento di queste patologie. E il fatto che ci siano stati dei regolamenti specifici per la designazione di farmaci orfani e quindi la possibilità di investire in questi ha comportato una maggiore attenzione da parte delle industrie. Per alcune malattie come la distrofia di Duchenne o l’atrofia muscolare spinale, ci sono tantissime sperimentazioni cliniche e abbiamo anche già dei farmaci che hanno completato il ciclo della sperimentazione e sono disponibili commercialmente”.

La speranza, quindi, per Massimiliano e per gli altri piccoli pazienti, è totalmente riposta nella ricerca: grazie alla quale già adesso la qualità di vita dei malati di distrofia di Duchenne è notevolmente migliorata: “La situazione ultimamente è cambiata moltissimo” continua Mercuri “Intanto c’è stato un miglioramento degli standard di cura, che hanno già aumentato la sopravvivenza e la qualità della vita, e adesso l’arrivo di nuovi farmaci sta dando un ulteriore spinta, nonostante molti siano ancora in sperimentazione. Ma i risultati di quelli già disponibili sono estremamente promettenti. Pur non essendo ancora stata trovata una cura definitiva per questa malattia, la prospettiva di grossi miglioramenti è reale, e la viviamo quotidianamente”.

In più grazie alle analisi genetiche e alla sempre maggiore personalizzazione delle cure, le terapie saranno sempre più mirate e costruite ad hoc sul singolo paziente: “ L’analisi genetica sui malati è sempre necessaria” conclude Mercuri “per essere sicuri della diagnosi, e poter utilizzare farmaci che hanno dei meccanismi specifici per alcune malattie. In molti casi ci sono degli approcci terapeutici che sono specifici per alcuni sottogruppi di mutazioni genetiche, quindi è indispensabile eseguire analisi genetiche perché tramite questi esami noi possiamo capire se i bambini sono candidabili per alcune sperimentazioni o meno”.

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Redazione