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(Ansa)
Salute

Lo stato di Emergenza Covid è finito, e noi stiamo peggio di prima

#saremomigliori era l'hashtag che spopolava all'inizio della pandemia. Una bugia. Oggi ci scopriamo se non peggiori di sicuro più fragili e nervosi, come ci spiega una psicologa

Il trauma della pandemia ha innanzitutto accentuato la spinta alla chiusura, a proteggere la propria vita, a rinchiudersi, a vivere con diffidenza e sospetto la presenza degli altri. Isolamento e distanziamento hanno rappresentato misure indispensabili per il contenimento dei contagi, ma ora si tratta di “protezioni” che rischiano di trasformarsi in una postura mentale e in uno stato psicologico destinati a persistere e che potrebbero ergere muri sul piano della relazione.

Paura, impotenza, rabbia e sofferenza per l’assenza di un futuro certo, sono i vissuti prevalenti dopo due anni di pandemia e che ora si riaccendono davanti ai venti di guerra, che riattivano le emozioni di paura e impotenza. 8 italiani su dieci lamentano sofferenza psicologica in varie aree della vita quotidiana e questo significa che le persone stanno facendo fatica a gestire le emozioni negative e la frustrazione legata alle restrizioni che abbiamo vissuto. Ieri ci trovavamo in difficoltà rispetto alla trasmissione dell’infezione, all’angoscia della malattia e della morte, oggi combattiamo con i problemi legati alla crisi economica e del lavoro, domani probabilmente agli stress e alle conseguenze legate alla guerra. La crisi economica che sta piegando il paese aggiunge frustrazioni, che da mesi le persone già faticavano a tollerare.

Nei momenti di profonda crisi e difficoltà scatta un meccanismo inconsapevole che spesso porta le persone ad identificare un colpevole, un capro espiatorio a tutti i costi, per scaricare a terra il disagio che si avverte nel sentirsi incapaci di governare la propria vita. Non è da escludere pertanto l’intensificarsi di una collettività rabbiosa, aggressiva e che risponda con odio ad ogni provocazione o sollecitazione. Come psicoterapeuta sto vedendo crescere il disagio e accentuare le sue manifestazioni più radicali. La pandemia ha colpito duro: insicurezza, nuove dipendenze, aumenti dei disturbi della sfera ansiosa e depressiva e se nei giovani prevalgono isolamento, somatizzazioni, autolesionismo, attacchi di panico, dispersione scolastica ed esplosioni di rabbia, nella popolazione anziana si fa strada la sensazione disforica di un tempo che non ritornerà più che si traduce anche in mancanza di cura e trascuratezza della salute.

Come orientarsi e come indirizzare le persone davanti a questo disagio? È bene far ripartire i " cantieri" della vita attraverso la cura, la rinuncia alla violenza dell'odio, ripartendo dalla legge della parola. La fatica della solidarietà ricostruisce ed è l'alternativa alla rabbia distruttiva. Questo disagio diffuso deve essere intercettato e accolto. Vanno potenziati gli strumenti pubblici di cura, i servizi di psicoterapia ed i presidi psicologici sul territorio, l’assistenza psicologica nelle scuole. Pare che la salute psicologica diventi "importante" solo quando viene a mancare, quando si sta male. È necessario agire prima che il disagio psichico si trasformi in disturbo mentale severo. La salute non riguarda solo il corpo, ma anche gli aspetti psicologici e sociali. In mezzo ci sono sempre le persone con la loro soggettività, ed è sempre come reagisce la psiche il vero elemento che può fare la differenza.

Con la consulenza della dottoressa Elisa Stefanati Psicoterapeuta presso Ospedale privato Quisisana di Ferrara.

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Andrea Soglio