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(Ansa)
Salute

Antivirale Paxlovid, un flop annunciato​

Il medicinale con cui dovremmo affrontare il Covid e di cui lo Stato ha già acquistato 600mila dosi resta nelle celle frigorifere mentre contagi e ricoveri aumentano

Il prezioso salvavita dei fragili e degli anziani, l’antivirale Paxlovid della Pfizer, giace inutilizzato nei frigoriferi. 600mila dosi del farmaco che permette di abbattere dell’85% il rischio di finire in ospedale per Covid-19, rischiano di andare presto al macero per eccessiva burocrazia ed eccessive restrizioni: i medici di medicina generale, infatti, non riescono a prescriverlo in grandi quantità per tutta una serie di problematiche legate agli effetti collaterali e alla platea di pazienti che possono riceverlo.

Nel frattempo, in Italia la quarta ondata ha messo al palo un sistema, incredibilmente, di nuovo impreparato dopo più di due anni di pandemia.

Con più di 56.000 casi in un giorno, dato ampiamente sottostimato perché non tiene conto di tutti coloro che fanno test fai da te e non si auto denunciano perché temono la lunga quarantena (ancora di 7 giorni anche per i vaccinati con tre dosi, quando UK l’ha addirittura eliminata per tutti), l’Italia vede anche un rialzo delle ospedalizzazioni: negli ultimi giorni i letti occupati da pazienti Covid nei reparti ordinari sono aumentati quasi del 20% e sono più di 5mila, quelli nelle terapie intensive del 17%. A finire in ospedale sono soprattutto individui non vaccinati, oppure fragili e anziani che non hanno fatto la quarta dose sulla quale colpevolmente anche il Ministero della Salute (così rigido su mascherine nelle scuole o sui tram e su altre misure) ha issato bandiera bianca, rinunciando persino a portare avanti un’adeguata campagna di comunicazione: a ricevere il secondo booster di vaccini sono stati infatti solo 20 aventi diritto su 100.

PRESCRIVIBILE DAI MEDICI DI FAMIGLIA

Visto lo scenario, sembra incredibile che un farmaco come il Paxlovid, con un efficacia così alta, resti praticamente inutilizzato, ma così è nella realtà dei dati dell’AIFA. Prescrivibile ormai dalla fine di aprile anche dai medici di medicina generale ai pazienti a rischio di Covid grave, e distribuito gratuitamente dalle farmacie, nell’ultimo mese è stato prescritto a solo 2.210 pazienti, con una media di contagi di 33.000 al giorno e 30.000 morti da gennaio a oggi. In media, da quando il medicinale è utilizzato, sono stati trattati con Paxlovid solo 4 pazienti su mille.

Ma perché questa grande difficoltà nelle cure, peraltro per un farmaco in pillole che non ha nemmeno bisogno di essere iniettato? Una prima risposta sta sicuramente nei criteri troppo stringenti e quindi nella platea dei beneficiari: per poterlo ottenere bisogna essere a rischio di malattia grave –ma non bisogna essersi già aggravati- e bisogna avere almeno un’importante patologia come tumori, malattie cardiovascolari gravi, insufficienza renale cronica, diabete non compensato, etc etc e non viene compresa la sola età nei criteri di elezione.

PAXLOVID RISERVATO SOLO AD ALCUNE CATEGORIE

Se si è “solo” anziani, la ricetta non è possibile, ed è inutile quindi puntare il dito verso chi non lo prescrive, o su una presunta mancanza di formazione, come da accuse degli ultimi tempi rivolte come spesso accade alla categoria dei sanitari: “Noi medici di medicina generale, da quando è stata introdotta la possibilità di prescriverlo su ricetta dematerializzata, l’abbiamo prescritto tutte le volte che si poteva” spiega il dottor Claudio Cricelli, presidente di SIMG, Società Italiana di Medicina Generale “Solo che queste volte sono state davvero poche, proprio per la platea ridotta di malati eligibili al trattamento. Come SIMG abbiamo fatto molte ore di webinar per formare i medici, e sono stati più di 20.000 i colleghi che li hanno seguiti. Escludiamo quindi la mancanza di formazione, accusa che ho letto in questi ultimi giorni su molte testate. Il fatto è che Paxlovid non è prescrivibile a chiunque abbia Covid, le indicazioni non prevedono che possa essere dato a un numero elevato di persone. A noi lo richiedono migliaia di pazienti ogni giorno: il fatto è che noi non possiamo prescriverlo, perché il farmaco è stato registrato dopo trial e sperimentazioni su una determinata platea di persone, quindi al momento non è utilizzabile per altre categorie”.

IL FATTORE TEMPO

C’è poi anche il fattore tempo, perché il farmaco deve essere somministrato entro 5 giorni dall’insorgenza dei sintomi, se no si rivela inutile: e questo “brucia” moltissime possibili prescrizioni, anche perché i pazienti spesso si rivolgono al medico troppo tardi: “Moltissimi malati che finiscono in ospedale e poi in intensiva, oggi, sono pazienti che hanno preso una forma di infezione inizialmente leggera, non si sono nemmeno rivolti al proprio curante e quindi sono state riconosciuti tardi come casi Covid” spiega ancora Cricelli “Una volta accertata l’infezione era troppo tardi per Paxlovid, non si può somministrare più perché davanti a una forte replicazione virale diventa inefficace. A quel punto il percorso cambia. Si va in ospedale dove si utilizzano altre terapie, come per esempio i monoclonali. Teniamo presente, poi, che ora come ora la stragrande maggioranza dei casi gravi e dei decessi da Covid si registrano tra la popolazione non vaccinata: categoria che tipicamente non solo si rivolge tardi al medico, ma non ha al suo interno un numero importante di fragili e malati gravi, sono quindi persone che comunque in ogni caso non avrebbero potuto ottenere il Paxlovid”.

E sempre riguardo al tempo, non bisogna dimenticare che la procedura di attivazione della terapia con Paxlovid può avere inizio solo dopo un tampone certificato, non dopo il test fai da te fatto in casa: considerando che ormai una percentuale altissima di malati lo effettua fuori dalle vie ufficiali, anche questo fa perdere tempo ai medici di medicina generale rispetto ai classici 5 giorni; perché se si presenta il paziente sulla base di un tampone fai da te devono comunque rimandarlo in farmacia o nei laboratori per un altro test. Inoltre, ogni singola ricetta elettronica, per tutti i pazienti, deve essere comunque avallata dalle autorità sanitarie, prima che il farmaco possa arrivare in farmacia. Va da sé che con queste restrizioni è quasi impossibile riuscire ad assumerlo entro i 5 giorni stabiliti.

ALLARGARE LA PLATEA? NON SERVIRA’

Ma proprio riguardo alla platea di “eligibili” a ricevere l’antivirale, forse qualcosa potrebbe cambiare a breve, dato che l’OMS ha da pochi giorni raccomandato un utilizzo più esteso che renda possibile la prescrivibilità a tutti gli anziani, anche a quelli che non abbiano patologie importanti: proprio perché in autunno, con una curva di risalita come quella alla quale stiamo assistendo, la situazione rischia di diventare molto preoccupante. Solo che dai territori, in real life, i medici sul campo mettono in guardia: “I problemi inerenti la prescrizione del Paxlovid non spariranno certo solo allargando la platea di chi può riceverlo” spiega il dottor Fabio Fichera, medico di medicina generale in Sicilia “per il semplice motivo che la stragrande maggioranza degli anziani ha almeno una patologia per la quale assume farmaci, e non dobbiamo dimenticare che Paxlovid ha importantissime controindicazioni e pesanti interferenze con molti di questi. Tutto ciò rende la prescrizione molto difficile: noi medici siamo gravati da responsabilità medico legali enormi per farmaci dei quali al momento sappiamo relativamente poco, e per trattare pazienti che sono solo a rischio di sviluppare la malattia grave, mentre sono certe le interazioni. Io ho prescritto Paxlovid finora solo 4 volte –ho utilizzato maggiormente un altro antivirale, il molnupiravir- e ogni volta con grandi problemi di tempo (visti i 5 giorni entro il quale bisogna assumerlo), enorme attenzione e sempre con il timore che qualcosa potesse sfuggirmi. Cosa potevano aspettarsi, dal Paxlovid, viste queste premesse? Era un flop annunciato”.

600mila dosi inutilizzate in frigo, in attesa solo di scadere, lo confermano.

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Maddalena Bonaccorso