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Responsabilità penale e/o civile dei medici. A che punto siamo

Boom di denunce contro i medici ma la depenalizzazione della responsabilità medica resta ferma al palo

Sono centinaia di migliaia i medici in tutto il Paese che sono finiti in processi penali mentre esercitavano la loro professione. Un volume di denunce considerevole che il più delle volte è finito in un nulla di fatto. Basti pensare che sulle 357mila cause intentate negli ultimi anni contro i medici il 97% si è concluso senza conseguenze. Cause la cui durata è stata dai sei agli otto anni e per le quali sono state sostenute spese enormi.

Un problema che vede ogni anno 35mila cause intentate dai pazienti contro i medici, che sono corsi ai ripari con la cosiddetta “medicina difensiva”. In pratica hanno iniziato ad effettuate test ed accertamenti in modo eccessivo per evitare le denunce. Per questo uno dei primi atti del Ministro della salute Orazio Schillaci (al momento rimasto a lettera morta) è stato quello di proporre una depenalizzazione della responsabilità medica, (fatta eccezione per il dolo), mantenendo solo la responsabilità civile. In questo modo sarebbe anche possibile frenare la cosiddetta «medicina difensiva» che pesa sulle casse dello Stato miliardi di euro l’anno e mette a dura prova la tenuta del sistema sanitario nazionale.

I numeri

Sono oltre 300.000 le cause per colpa medica, 35.000 ogni anno le richieste di risarcimento per danno biologico (compreso il decesso). La maggior parte dei casi denunciati riguarda l’attività chirurgica (38,4%), gli errori diagnostici (20,7%), terapeutici (10,8%) e le infezioni ospedaliere (6,7%). Un fenomeno in costante crescita, eppure oltre l’80% delle cause finisce in un nulla di fatto, che però pesa sulle casse dei contribuenti 22,5 miliardi di euro l’anno, il 15% della spesa sanitaria annuale.Una cifra che riflette la difficile situazione del sistema, tanto da condizionare l’attività assistenziale nella pratica della medicina difensiva. Si tratta di prestazioni in più che i camici bianchi erogano per timore di contenziosi, generando un incremento della spesa sanitaria pari a 10 miliardi di euro, lo 0,75% del Pil e il 10% del fondo sanitario nazionale, incidendo sui costi della sanità per l’11%. La distribuzione geografica dei casi di malasanità riflette la situazione difficile della sanità italiane in alcune zone: infatti il 32,2% delle denunce proviene dal Nord, il 23,2% dal Centro e il 44,5% da Sud e Isole.

A parlarcene Alessandro Vergallo Presidente AAROI-EMAC (Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Italiani – Emergenza Area Critica)

Cosa comporta l’assenza di una depenalizzazione della responsabilità medica per gli operatori sanitari?

«Va subito chiarito che almeno la depenalizzazione vera e propria che prevede l’eliminazione totale della responsabilità penale “colposa”, (dato che la responsabilità per dolo è fuori da ogni discussione) è destinata a restare sostanzialmente irrealizzabile nel nostro Ordinamento senza uno sconvolgimento complessivo dello stesso. Quindi, le uniche possibilità realmente sostenibili restano quelle di inserire nell’ordinamento alcune disposizioni che possano consentire una limitazione dell’azione penale contro i sanitari considerando solo le denunce attendibili e le azioni realmente funzionali alla tutela del diritto alla salute che il procedimento penale può determinare in concreto».

Nel dettaglio di cosa parliamo?

«Sotto il profilo della denuncia sarebbe fondamentale che fosse presentata accompagnata da una perizia medico legale “giurata” dove il medico legale dichiari espressamente che le sue affermazioni sono scientificamente vere. In questo modo, si potrebbero limitare i procedimenti penali attivati al solo scopo di scaricare sul Pubblico Ministero (quindi sulla collettività) i costi di accertamenti medico legali per creare la documentazione utile ad attivare, successivamente, un’azione civile nei confronti del medico e/o della struttura sanitaria in cui quel medico lavora. Quanto alla limitazione degli effetti dell’azione penale, con le regole processuali oggi in vigore, se un paziente dovesse morire dopo aver passato alcuni giorni in un reparto di Rianimazione, verrebbero (inutilmente) coinvolti in quel procedimento penale tutti gli Anestesisti/Rianimatori di quel reparto che si sono succeduti nei turni di quei giorni. Le posso dire che per nostra esperienza nell’ambito associativo AAROI-EMAC, siamo arrivati a 48 anestesisti coinvolti in un’unica vicenda. Questo significa: l’attivazione inutile di decine di polizze assicurative, in carico a decine di avvocati, e il coinvolgimento di una marea di consulenti tecnici e di medici sottoposti ad uno stress psicologico enorme quando poi nella quasi totalità dei casi sono usciti innocenti dal giudizio penale dopo essere stati colpiti da raffiche di avvisi di garanzia».

Cosa può dirci della medicina difensiva?

«Come accennato, la medicina difensiva è un problema che determina un danno sia economico che sociale e bisogna inoltre evidenziare che il medico non la utilizza solo per proteggersi dalle azioni giudiziarie che il paziente potrebbe attivare nei suoi confronti, ma soprattutto (e questo è davvero un paradosso) nei confronti della stessa struttura presso la quale opera. Le strutture sanitarie (pubbliche o private) inviano entro 45 giorni a tutti i professionisti sanitari interessati, una comunicazione con cui li avvisa che sono iniziate delle trattative stragiudiziali con un paziente che si ritiene danneggiato. Da quel momento, la struttura sanitaria si pone come antagonista e, sempre più spesso, cerca di coinvolgere il proprio dipendente in un eventuale risarcimento del danno cercando di limitare al massimo la propria esposizione economica».

Tra gli anestesisti-rianimatori ci sono stati molti casi?

«La AAROI EMAC, in ambito di responsabilità sia civile che penale, ha un sistema di protezione degli iscritti molto efficace, basato anche su una convenzione assicurativa realizzata su misura per gli specialisti associati.Sotto il profilo penalistico, ogni anno vengono aperti fra i 400 e i 500 sinistri per denunce penali e nella quasi totalità dei casi i nostri professionisti ne escono fuori».

Quali sono stati i passi di Schillaci?

«Le dichiarazioni fatte sia dal Ministro Schillaci che dal Ministro Nordio ci sembrano apprezzabili per sensibilità e attenzione alla materia. Occorrerà vedere cosa verrà prodotto dalle commissioni di esperti incaricate. In particolare, sarà importante constatare se ci si orienterà – ancora una volta – a fare solo delle mere dichiarazioni di carattere “elettorale” sulla necessità di depenalizzare l’atto medico o se, invece, ci si concentrerà su quello che ora, qui e adesso, è effettivamente e concretamente realizzabile. Saranno i fatti (in termini di iniziative riformatrici concrete, di cui ci auguriamo di veder presto qualche bozza anche per poter dare – se ritenuto utile – un nostro contributo) a doverlo far almeno intravedere».

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Linda Di Benedetto