Razzisti? No, antiitaliani
ANSA/ STEFAN WALLISCH
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Razzisti? No, antiitaliani

Il suo partito ha trionfato alle elezioni provinciali a Bolzano. Ulli Mair, la più votata, spiega perché oggi il suo sogno di indipendenza è raggiungibile.

Prima di iniziare l'intervista avverte, gentilmente ma senza alcun imbarazzo, che potrebbero esserci delle difficoltà: "Parlo molto male l'italiano" dice senza mai abbassare gli occhi blu. Eppure, il passaporto di Ulli Mair, 34 anni, eletta per la seconda volta consigliere della Provincia autonoma di Bolzano con il partito di destra tedesco dei Freiheitlichen (I libertari), dice che è cittadina italiana. "Mi sarebbe indifferente se a rilasciarmelo fosse stata l'Albania. Non sono e non mi sento italiana. La mia patria è il Tirolo. Ai Mondiali tifo Germania".

Nata a Bolzano e residente a Collepietra (paese dove si parla quasi solo ladino), l'amica di Jörg Haider è sotto i riflettori da quando il suo partito, accusato di xenofobia e populismo, è uscito trionfante, con il 14,3 per cento dei voti, dalle elezioni di domenica triplicando i consensi di 5 anni fa.

Nei momenti di crisi vincono i partiti estremisti. Hanno premiato le vostre tendenze xenofobe?
Noi non siamo xenofobi. E' uno stereotipo alimentato da chi ci teme.

Non fu lei, 6 anni fa, a dire che era "inaccettabile che dei sudtirolesi, onesti e laboriosi, dovessero dare soldi per un monumento ebreo", arrivando a giustificare alcuni crimini del nazismo?
Quella era una libera opinione, anche il giudice lo riconobbe. Ora, in ogni caso, sono cambiata.

In che senso?
Non c'è più spazio per la politica populistica. Non servono parole forti, ma proposte serie. Non voglio fare paura alla gente, ma risolvere i loro problemi.

Che rapporti aveva con Haider, ideatore e fondatore, nel 1992, del suo partito?
Il rapporto tra noi era più personale che politico. Conoscevo lui e la moglie: ho trovato vergognoso che si sia parlato della sua sessualità dopo la morte. Io, comunque, non l'ho mai visto con un uomo.

In politica, però, a un certo punto, vi siete divisi.
Non ho condiviso la sua scelta di uscire dal Freiheitliche Partei Österreichs per fondare il nuovo partito. Anche noi, comunque, ci siamo distanziati, in seguito, dal Fpö.

Per quale motivo?
Contestavamo l'avvicinamento del Fpö a posizioni come quella di Forza nuova e di Alessandra Mussolini per entrare nel gruppo parlamentare della destra europea. Non vogliamo avere a che fare con partiti estremisti.

Con quali preferite trattare?
Ci troviamo bene con la Lega. Loro capiscono e rispettano le autonomie.


In comune avete la lotta all'immigrazione.
Non siamo contro gli immigrati in assoluto. Il Tirolo ha bisogno anche di loro, soprattutto nei settori agricolo e turistico.

Eppure, nel vostro programma si usano termini come "parassiti sociali".
Non vogliamo chi non lavora. Da quando esiste il diritto al ricongiungimento familiare entrano 800 immigrati l'anno e tra loro ci sono molti nonni...

Li considera una minaccia per la vostra minoranza linguistica?
Sì. Vogliamo evitare che la nostra etnia si estingua con l'arrivo di altri immigrati che piano piano diventeranno italiani. Oggi qui il 65 per cento della popolazione parla tedesco, il 4 ladino. Gli italiani sono circa il 25 per cento del totale.

L'altro 7 per cento è costituito dagli immigrati...
Se imparano l'italiano e ottengono la cittadinanza, andranno a sommarsi a quel 25 per cento mettendoci piano piano nell'angolo. Vorremmo evitarlo insegnando loro la nostra cultura e la nostra lingua. Che non è l'italiano.

Luis Durnwalder, leader del Südtiroler Volkspartei, riconfermato presidente, vi accusa di essere solo il partito del "contro". Come risponde?
Sicuramente siamo contro il sistema messo in piedi dal Svp, al potere da 60 anni. Ha creato un sistema clientelare che fa paura.

Come mai, secondo lei, l'Svp è sceso sotto il 50 per cento?
Perché non è più un partito tedesco. Nel 2005 hanno candidato un'italiana, nel 2006 hanno stretto un'alleanza con Romano Prodi. Quest'anno sono arrivati a fare la campagna elettorale anche in italiano. E' grazie a quei voti se hanno salvato la maggioranza in consiglio.

Voi, invece, dagli italiani scappate. Sperate davvero nella secessione?
Sì. Qualche decennio fa era impensabile ipotizzare anche la riunificazione della Germania. Il fatto che ci si sia arrivati insegna che nulla è impossibile.

E in che modo sperate di riuscirci?
Vorremmo che l'Europa riconoscesse il concetto di regione istituzionale invece che quello di stato nazionale. Crediamo nell'idea di una regione libera del Sud Tirolo. Questo è un territorio tedesco per troppo tempo costretto a sottostare alle leggi di un paese straniero.

Frasi così fanno pensare agli attentati separatisti, come negli anni Sessanta...
Qui non ci sono terroristi. Se pensa agli Schützen (alla lettera, difensori del territorio, ndr), ormai fanno solo folclore. La violenza riguarda il passato.

Archiviata anche la vicenda dell'assassinio di Christian Waldner, cofondatore del suo partito, ucciso per motivi mai venuti alla luce?
Io a quell'epoca (1997, ndr) studiavo. E comunque oggi si guarda al futuro.

A proposito. In questi giorni si eleggerà il presidente degli Stati Uniti. Per chi tifa?
Barack Obama. Più pulito e liberale.

Una sorpresa per chi le dà della razzista.

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Lucia Scajola

Nata e cresciuta a Imperia, formata tra Milano, Parigi e Londra, lavoro a Panorama dal 2004, dove ho scritto di cronaca, politica e costume, prima di passare al desk. Oggi sono caposervizio della sezione Link del settimanale. Secchiona, curiosa e riservata, sono sempre stata attratta dai retroscena: amo togliere le maschere alle persone e alle cose.

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