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I quarant’anni degli Accordi di Villa Madama

Blasi: «Non un nuovo Concordato ma aggiornamento degli Accordi esistenti».

Per Antonello Blasi, ecclesiasticista e canonista della Pontificia Università Lateranense, è tempo di bilanci a quarant’anni esatti dagli Accordi di Villa Madama, firmati il 18 febbraio 1984 dal presidente del Consiglio Bettino Craxi e dal cardinale Segretario di Stato Agostino Casaroli.

Tre settimane prima, il 28 gennaio, la Camera li approvò con 338 favorevoli, 67 contrari e 30 astenuti, affidando al presidente del Consiglio l’onere e l’onore della stipula. Ma occorre forse risalire all’11 febbraio del 1929, ovvero ai Patti Lateranensi firmati da Benito Mussolini e dal cardinale Pietro Gasparri, accordi che la Costituzione della nuova Repubblica Italiana del 1948 recepì integralmente all’articolo 7. Tutta la materia del Concordato nel 1984 ruotava attorno alla “reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese”: occorreva adeguare le relazioni tra lo Stato e la Chiesa ai principi della Costituzione, e sono quarant’anni che la religione cattolica non è più “la religione di Stato”, rinunciando a qualsiasi pretesa di controllo sulla vita interna della Chiesa, che da allora, inoltre, non esige più il giuramento dei vescovi e non chiede più che le nomine episcopali gli siano “pre-notificate”. Sempre dal 1984 è stato abolito il sostentamento economico diretto dello Stato ai sacerdoti e introdotto il sistema di finanziamento alle religioni mediante l'otto per mille del gettito fiscale Irpef (alla Chiesa e alle confessioni che hanno stipulato Intese con lo Stato e a diretta gestione statale per il quale è possibile anche indicare il codice per la destinazione specifica: 1. Fame nel mondo, 2. Calamità naturali, 3. Edilizia scolastica, 4. Assistenza ai rifugiati, 5. Beni culturali). Ancora: da quarant’anni la Chiesa ha concordato che l'insegnamento religioso nelle scuole non sia più obbligatorio e che le sue attività, non riconducibili a finalità di culto o di religione, siano sottoposte a una tassazione ordinaria.

Panorama.it ha dialogato con il professore Blasi per un dovuto bilancio, tra ricostruzione storica e prospettive future.

Professore Blasi, cosa accadde nel 1984 rispetto ai Patti Lateranensi del 1929?

«Quarant’anni fa esatti, con gli Accordi di Villa Madama del 18 febbraio, venne aggiornato tutto il sistema di relazioni tra Stato e Chiesa cattolica concordato nel 1929, già confermato all’articolo 7 della nostra Carta costituzionale del 1948, norma -quest’ultima- inserita tra i 12 articoli fondamentali e che, dunque, riprese proprio le argomentazioni risalenti ai Patti Lateranensi dell’11 febbraio del 1929. Quindi quarant’anni addietro, nel rispetto assoluto dell’impianto normativo esistente dal 1929 e ripreso nel 1948, non si fece altro che “modificare” aggiornando gli Accordi esistenti tra Stato e Chiesa secondo il principio di una positiva laicità collaborativa e una sana cooperazione».

Lo stesso Articolo 1 degli Accordi del 1984 è chiaro nella sua interpretazione…

«Certo, e vale la pena rileggerlo: “La Repubblica italiana e la Santa Sede riaffermano che lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, impegnandosi al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti ed alla reciproca collaborazione per la promozione dell'uomo e il bene del Paese”. Dunque, gli Accordi di Villa Madama valgono come “accordo-quadro” di principi fondamentali già esistenti sui quali basare l’indipendenza dei rispettivi ordini dello Stato e della Chiesa cattolica e la loro reciproca autonomia. Con essi vennero individuati i capisaldi costituzionali cui era demandato il compito di reggere il sistema dei loro rapporti, e senza dimenticare il rimando alle “Intese attuative” su alcune questioni regolamentate successivamente tra le autorità statali e quelle ecclesiastiche (Conferenza episcopale italiana)».

Perché nel 1984 si procedette alle modifiche degli Accordi del 1929?

«La risposta sta tutta nella necessità di un sostanziale mutamento dei tempi storici, politici e religiosi, evidentemente. Tra il 1948 e il 1984 gli “Accordi” necessitavano di una improrogabile rivisitazione: si era passati da una Monarchia alla Repubblica, da un regime di governo “fascista” a uno democratico-parlamentare. E, per parte ecclesiastica, si era tenuto, tra l’ottobre del 1962 e il dicembre del 1965, il Concilio Vaticano II, evento che aveva, a sua volta, aggiornato la vita della Chiesa a una maggiore collegialità, e che si apriva alle istanze provenienti dall’allora “mondo contemporaneo”».

La Storia aveva iniziato a correre forte dalla metà del Novecento…

«Come negarlo. Da ambo le parti stavano mutando le strutture istituzionali: ecco, quindi, l’inevitabilità dell’aggiornamento giuridico bilaterale, definito “pattizio”».

Professore, vogliamo essere ancora più insistenti: perché proprio nel 1984 e non nel 1948, con la Costituzione, o all’indomani del Vaticano II, cioè nel 1966, ad esempio?

«Si tratta di una domanda “storica”, che fonda, a sua volta, la risposta nel naturale bisogno di un lasso di tempo sufficientemente maturo per permettere la sedimentazione dei processi storici. Mi spiego: il ventennio intercorso dal Vaticano II al 1984, appunto, servì ai due ordinamenti (Stato e Chiesa cattolica) per far consolidare le rispettive innovazioni intervenute, cioè Costituzione repubblicana e Direttive conciliari. Occorreva, cioè, un arco di tempo sufficiente per far recepire e regolamentare tanto le innovazioni contenute nei nuovi principi costituzionali italiani, quanto i documenti del Concilio Vaticano II».

Insomma, occorreva del tempo…

«Poniamoci mentalmente nel 1948: la Costituzione doveva necessariamente essere trasposta nella società italiana chiamata -ex novo- ad abituarsi alla “costituzionalizzazione” delle libertà fondamentali, delle nuove regioni, della Corte costituzionale, tanto per fare qualche esempio. La società doveva, cioè, confrontarsi con un testo normativo innovativo. E poniamoci mentalmente nel 1965: il Concilio Vaticano II doveva necessariamente -a sua volta- essere trasposto nella vita della Chiesa universale con un forte impegno episcopale chiamato ad assorbire, giuridicamente, le indicazioni conciliari. Ragionamento, questo, che trova sponda nella pubblicazione del secondo Codice di Diritto canonico, (il primo risaliva al 1917…), quello del 1983 di San Giovanni Paolo II, che applicava, per la prima volta, proprio i principi del Vaticano II».

Eccole, nel 1984, le modifiche agli Accordi del 1929.

«Il cappello giustificativo ai quattordici articoli del testo è preliminare e imprescindibile se pensiamo, appunto, ai grandi cambiamenti intervenuti tanto nello Stato quanto nella Chiesa cattolica. In particolare, per quest’ultima, non possiamo dimenticare l’apertura all’“ecumenismo”, ovvero al dialogo con le altre grandi religioni; ed anche all’elaborazione, nel 1965, di un documento conciliare di fondamentale importanza sulla “libertà religiosa”».

In più non possiamo dimenticare la Costituzione Gaudium et Spes …

«Che unificò, nel termine “comunità politica”, gli ordinamenti statali, i regni, i principati, gli imperi, gli ordinamenti sovra e internazionali e perfino ordinamenti locali. Con essi, dunque, la Chiesa ha iniziato a dialogare per il bene di tutti, cattolici e non, in condizioni di assoluta parità».

Anche dal versante statale, le novità furono molteplici…

«Non si trattò soltanto della novità rappresentata dall’ 7 della Costituzione, (“Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi…), quanto anche dell’introduzione dell’art. 8 (“Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.”), norma che rese costituzionale il principio del “pluralismo religioso”. Insomma: un dialogo nuovo, anche reciprocamente istituzionale, che sarebbe avvenuto e avviene attraverso lo strumento delle “intese”».

Professore, ma si è trattato di un “nuovo” Concordato, allora?

«Assolutamente no, nonostante la vulgata -spesso per facilità espositiva- utilizzi tale terminologia. Leggendo la norma, si parla di “Modifica agli Accordi”. I cambiamenti sono stati innovativi nella sostanza…».

Li vogliamo sintetizzare, allora?

«Intanto la religione cattolica non è più “la religione” unica e ufficiale dello Stato italiano: scomparve, in pratica, nel 1984, il principio confessionale della religione di Stato. E aver eliminato il “confessionismo cattolico” ha rappresentato un grande vantaggio per la stessa Chiesa cattolica, con l’attuazione di quel sistema di parità con le altre religioni senza ricerca di privilegi, per come già fissato dai principi conciliari di 60 anni fa».

Sul piano economico si registrò una novità centrale…

«Assoluta, direi! Venne infatti eliminato il secolare sistema beneficiale che si esplicava, fino a quel momento, tramite il sostentamento diretto dei sacerdoti da parte dello Stato, Ebbene, col sistema dell’“8 per mille”, (unico esempio di politica economica effettuata dal cittadino il quale, per la prima volta, indica la preferenza di utilizzo del proprio gettito fiscale), lo Stato destina una massa equivalente all’otto per mille del gettito fiscale Irpef per tutte le confessioni religiose che lo prevedono nelle rispettive Intese e nella legge 222 del 1985. Il cittadino contribuente è chiamato ad apporre la propria firma su una delle caselle delle dodici religioni che, ad oggi, hanno una Intesa con lo Stato italiano, o sulla casella dello Stato medesimo».

E sull’ora di religione a scuola?

«E’ prevista dall’ordinamento scolastico italiano, ma non è più obbligatoria proprio dal 1984. Quest’ “ora” viene liberamente scelta dagli studenti e credo che tale opzione andrebbe effettuata soprattutto da quelli che non appartengono alla religione cattolica. Si tratta, infatti, di un’ora di conoscenza della religione del 61 % degli italiani. A scuola si parla di “conoscenza”, mentre frequentando la parrocchia un giovane decide per una “adesione”.

Lei cosa pensa della vicenda?

«Dopo quarant’anni, credo sarebbe opportuno aggiungere un’ora obbligatoria per tutti di “conoscenza del fenomeno religioso” ispirato al pluralismo, al rispetto reciproco e ai diritti fondamentali della persona umana: fondato sulla conoscenza reciproca, piuttosto che sulla conoscenza della “storia delle religioni”, potenzialmente istigatrice di divisioni e potenziale ispiratrice di irrigidimenti e fondamentalismi».

Il tema del riconoscimento in Italia delle sentenze canoniche di nullità matrimoniale è un punto dolente…

«Se fino al 1984 il riconoscimento era praticamente automatico, la giurisprudenza ha dato segni di insofferenza verso le sentenze di nullità matrimoniali canoniche, mentre, dall’altro, ha semplificato la vita alla delibazione delle sentenze straniere: dopo 40 anni, infatti, sulla c.d. delibazione -cioè sul riconoscimento nell’ordinamento italiano delle sentenze canoniche di nullità matrimoniale- insistono interpretazioni che purtroppo non aiutano al miglior dialogo Stato italiano e Chiesa cattolica».

La questione è altamente tecnica.

«Sì, per questo è auspicabile che venga affrontata da una commissione paritetica chiarendo la linea interpretativa a una giurisprudenza non normante ma applicativa delle disposizioni e direttive che nascono dal pacta servanda sunt, trattandosi della fonte di diritto internazionale quale sono gli Accordi di modificazione del 1984. Per di più la Legge n.218 del 1995, afferma il generale riconoscimento automatico della sentenza e del provvedimento straniero, senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento ulteriore. Il paradosso è che soltanto le parti cattoliche che ottengono una sentenza di nullità matrimoniale sono poi costrette ad un ulteriore giudizio innanzi alle Corti di appello italiane, con ulteriori costi e tempi».

Si pose l’accento anche sul concetto di “volontà individuale”..

«L’Accordo del 1984 è centrato sulla volontà individuale piuttosto che sulla funzione dell’individuo, sfumatura di non poco conto sul tema. Per fare un esempio, la funzione di parroco, secondo i Patti lateranensi del 1929, legittimava automaticamente l’esonero dal servizio militare, mentre dal 1984 chi è parroco può scegliere di svolgere il servizio militare come cittadino italiano o chiedere di essere esonerato in quanto parroco. La differenza non è di poco conto sul tema della libertà individuale, anche se al momento non vige la coscrizione obbligatoria».

Gli Accordi misero in rilievo il “valore sacro di Roma”.

«Si ribadì l’importanza e la rilevanza di Roma come centro della cristianità. La questione sta nel come realizzare la specificità della cristianità di questa città nel rispetto del pluralismo religioso. È un argomento di stretta attualità che non riguarda solo la Roma di oggi, ma la sua millenaria storia, spesa tra valori universali romani prima e cristiani poi. Alle rispettive autorità civili ed ecclesiastiche spetta dar seguito all’enunciato giuridico pattiziamente concordato».

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Antonello Blasi è professore di Diritto Ecclesiastico, Diritto Concordatario e Diritto Canonico presso la Pontificia Università Lateranense, nonché Avvocato Rotale, della Curia Romana e presso le Corti superiori italiane.

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Egidio Lorito