Primarie, la vittoria di Renzi e del Pd
ANSA/ENRICO RAMERINI
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Primarie, la vittoria di Renzi e del Pd

L'alta affluenza rilancia il partito, la percentuale il sindaco di Firenze contro governo e Quirinale - La cronaca - La caduta degli dei - Lo speciale di Panorama.it - Le frasi i Renzi

Le primarie funzionano. Di questi tempi, due milioni e mezzo (o più) di elettori per un solo partito sono un’ottima risposta all’antipolitica dilagante. E lo sono ancor di più per un partito finora in affanno, com’è quello democratico.    

Dunque: da oggi nel Pd comanda Matteo Renzi. E, piaccia o meno, è un fatto che ribalta completamente la più recente storia politica italiana. Perché il trionfo del sindaco di Firenze alle primarie non incide soltanto sui democratici e la loro vecchia guardia, costretta ad arretrare nella ridotta del risultato di Gianni Cuperlo (17 per cento) e, per certi versi, in quello di Pippo Civati (14). Ora cambia tutto anche per il governo e per il Quirinale, che pure pianificavano di stringere Renzi in una tenaglia utile a perpetuare l’attuale esecutivo fino al 2015. Sarà difficile che riescano a raggiungere il loro traguardo. A meno che…

Governo

Il premier, Enrico Letta, per sopravvivere a Palazzo Chigi dovrà d’ora in poi trattare con Renzi da una posizione di svantaggio sia in termini programmatici (la golden share sui provvedimenti governativi ce l’ha il neo segretario) sia propriamente “numerici”.
È vero infatti che gran parte di senatori e deputati sono di militanza lettian-bersaniana. Ma tra i parlamentari, più che altrove, vale un concetto di scienza politica noto come “effetto bandwagon” (altrimenti detto “istinto del gregge”). In soldoni, significa salire sul carro del vincitore. In questo, i politici sono sempre molto solerti. Rapidissimi.
Quirinale

È un risultato, quello delle primarie, che riscrive anche la storia dei rapporti tra Partito democratico e Colle. Per la sola presenza di Renzi, il capo dello Stato Giorgio Napolitano inciderà con minor forza sull’agenda politica italiana. Perché è chiaro come il sole che i due, il sindaco e il presidente, non si acchiappano così tanto. Tutto questo in un contesto che già vede Napolitano sotto accusa sia formalmente (Beppe Grillo) sia verbalmente (Silvio Berlusconi).
Una triade (Renzi, Grillo, Berlusconi) che più eterogena non potrebbe essere ma si appresta a trovare un accordo sulla nuova legge elettorale. Dopo la bocciatura del Porcellum da parte della Corte costituzionale, i tre - almeno a parole - sembrano convergere sul Mattarellum con dentro una gran voglia di andare alle elezioni in primavera. I sondaggi danno infatti il Cavaliere, il sindaco e il (fu) comico nell’ordine ma divisi da pochi punti percentuale. Grillo e Berlusconi lo affermano palesemente. Il neo leader democratico sostiene il contrario ma solo per ragioni di opportunità: lascia che a battere con forza il chiodo della crisi siano Forza Italia e i 5 Stelle. A lui, al sindaco cioè, basterà dare l’ultimo colpo, magari meno sotto traccia che in passato, uscendo finanche allo scoperto.
Letta e Napolitano (non da soli) sanno bene che la coincidenza d’intenti sul Mattarellum può appunto trasformarsi nel funerale del governo. Perciò il discorso del premier alle Camere dell’11 dicembre sarà decisivo. Per ottenere una fiducia “reale2 e non soltanto di facciata, il presidente del Consiglio dovrà convincere Renzi che il patto a tre da siglare con Napolitano è autentico e non rappresenti soltanto un modo per prendere tempo. Il sindaco, alla prima occasione, staccherebbe la spina.
Il patto

Inzialmente Letta prevedeva di chiedere al Parlamento una fiducia “costruttiva”, utile per completare le riforme istituzionali e guidare il semestre di presidenza dell’Unione europea. Sono faccende che a Renzi interessano pochissimo. Le sue ultime dichiarazioni, infatti, sono abbastanza eloquenti: “Il governo non si preoccupi della legge elettorale, si preoccupi piuttosto di un grande piano per il lavoro e di ridurre la burocrazia per le aziende”.
Insomma, dopo il successo del sindaco alle primarie, tocca al premier essere convincente. Non a caso, formalizzato il trionfo renziano, il premier ha fatto subito tre telefonate. La prima al neo leader democratico, la seconda al Quirinale. E la terza al suo grande alleato, Angelino Alfano, che al momento sta come un vaso di cristallo in un recinto pieno di elefanti arrabbiati. Il ruolo del domatore? Va da sé: tocca a Letta. Auguri.

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Carlo Puca