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(Ansa)
Politica

No. Il Pd non può dare lezioni di atlantismo

Dalla Cina all’Iran, passando per Cuba e Russia: il Partito democratico è tra i principali responsabili dell’allontanamento dell’Italia dagli Stati Uniti

Per quanto si arroghi il diritto di assegnare patentini di atlantismo, il Pd non è oggettivamente nella posizione migliore per impartire lezioni su questo fronte. Eh sì, perché tale schieramento politico, negli scorsi anni, è stato il principale responsabile dell’avvicinamento dell’Italia a Paesi, come Cina, Iran e Cuba. Tutto questo, mentre alcuni legami controversi persistono ancora oggi.

Cina

Era il 14 ottobre 2014, quando l’allora presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ricevette a Palazzo Chigi il premier cinese Li Keqiang: nell’occasione, vennero siglati 20 accordi dal valore complessivo di otto miliardi di euro. Il 5 maggio 2016, fu il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ad essere accolto a Palazzo Chigi, con una nota del governo di Pechino che dichiarava: “La Cina apprezza il supporto attivo e la partecipazione della parte italiana alla costruzione dell'iniziativa Belt and Road ed è disposta, insieme all'Italia, a portare avanti lo spirito della Via della Seta”. Intervistato dalla televisione cinese Cctv il 4 settembre dello stesso anno a margine del G20 di Hangzhou, Renzi ebbe inoltre a dire: “La priorità in questo momento è decidere gli investimenti comuni, ma oggi si può considerare la 'One Belt One Road', come una grande opportunità proprio in questo senso”. La politica filocinese dei dem non mutò con l’avvento di Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi. Era il maggio 2017 quando – quasi tre mesi dopo una visita ufficiale di Sergio Mattarella nella Repubblica popolare – l’allora premier si recò – unico leader del G7 – al Forum 'One Belt one Road' a Pechino, affermando: “L’Italia può essere protagonista in questa grande operazione a cui la Cina tiene molto: per noi è una grande occasione e la mia presenza qui significa quanto la riteniamo importante”.

Tutto questo mostra come la strada che avrebbe portato al controverso memorandum sulla Nuova via della Seta fu aperta proprio dal Pd. Un memorandum che venne siglato a marzo 2019 dal governo gialloverde su input della sua componente grillina, ma che fu ben accolto anche dallo stesso Enrico Letta, all’epoca nel pieno del suo “esilio politico” francese. “Non c’è alcuna contraddizione tra quello che sta facendo il governo italiano per penetrare i mercati asiatici con la nuova Via della Seta o con la prossima missione ad Hanoi per l’incontro Asean con le regole europee e la fedeltà agli Usa”, dichiarò il futuro segretario dem. Tra l’altro, in occasione della firma, il presidente cinese, Xi Jinping, si recò in visita ufficiale a Roma, dove venne accolto con tutti gli onori al Quirinale. Non dimentichiamo poi che i dem entrarono nel governo Conte bis: l’esecutivo probabilmente più filocinese della storia italiana. Rileggendo a ritroso gli eventi, emerge che uno dei pochi fattori che all’epoca accomunavano Pd e Movimento 5 Stelle (due forze politiche che si erano insultate per anni) era proprio questa linea soft nei confronti di Pechino. Ricordiamo tra l’altro che, poco dopo la formazione del governo giallorosso, Beppe Grillo si recò in visita all’ambasciata cinese a Roma (era novembre 2019): una visita replicata dal fondatore dei 5 Stelle nel giugno 2021, proprio mentre Mario Draghi prendeva parte al G7 di Cornovaglia.

Ma la politica filocinese del Pd è emersa anche a livello europeo. Ricordiamo che, nel 2014, Renzi riuscì a far ottenere l’incarico di Alto rappresentante per gli Affari esteri Ue a Federica Mogherini: un incarico che costei mantenne per cinque anni. Ebbene proprio la Mogherini si è adoperata molto per avvicinare Bruxelles a Pechino, ricevendo sotto questo aspetto parole di elogio da Li Keqiang nell’ottobre del 2019. Ma non è finita qui. Poche settimane dopo, lo stesso Gentiloni è entrato nella Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen: quella stessa Commissione che, a dicembre 2020, firmò il controverso trattato sugli investimenti con la Cina, irritando notevolmente Washington. Sarà del resto un caso, ma proprio Gentiloni vanta solidi legami con la Comunità di Sant’Egidio: organizzazione particolarmente influente nella Cei, in Vaticano e nello stesso mondo politico italiano. Organizzazione, per inciso, da sempre fautrice del controverso accordo tra Santa sede e Cina. Ebbene nel 2016, Gentiloni – allora ministro degli Esteri – ebbe come vice alla Farnesina Mario Giro: storico esponente della Comunità. Non solo. A febbraio 2018, Gentiloni, da premier, prese parte alla celebrazione dei cinquant’anni della fondazione di Sant’Egidio, mentre nell’ottobre dello stesso anno presenziò all’evento che lanciava Demos: partito legatissimo alla Comunità, attualmente candidato nella "lista aperta del Pd" alle elezioni del prossimo settembre. Non va neppure trascurato che, lo scorso gennaio, Letta – su input del grande regista dell'alleanza giallorossa, Goffredo Bettini – propose come candidato al Colle il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi.

Tutto questo, mentre l’anno scorso, il Pd ha bloccato con successo una risoluzione parlamentare, presentata dal deputato leghista Paolo Formentini, che condannava la persecuzione degli uiguri da parte del governo di Pechino, usando la parola “genocidio”. I dem si sono opposti, sostenendo che il termine fosse “improprio”. Resta però il fatto che i parlamenti di Regno Unito, Canada, Francia e Paesi Bassi hanno approvato mozioni che includevano proprio quel termine. Del resto, a marzo scorso, sia Letta sia la deputata dem Lia Quartapelle hanno invocato rispettivamente un “negoziato” e un “dialogo” con la Cina: quella stessa Cina che, ricordiamolo, si è ben guardata dal condannare l’invasione russa dell’Ucraina.


Iran

Il Pd non si è limitato ad avvicinare l’Italia alla Cina. Ha fatto altrettanto con l’Iran: regime autocratico storicamente legato alla Russia e che, ultimamente, ha consolidato i propri rapporti anche con la Repubblica popolare.

Era dicembre 2013, quando Massimo d’Alema, allora nel Pd, si recò in Iran: qui ebbe un incontro con il ministro degli Esteri iraniano dell’epoca, Javad Zarif. Pochi giorni dopo, Emma Bonino, allora alla guida della Farnesina nel governo Letta, effettuò la prima visita ufficiale in Iran di un ministro degli Esteri italiano nell’arco di dieci anni. Era invece febbraio 2015, quando Gentiloni, da ministro degli Esteri del governo Renzi, visitò Teheran, dichiarando: “La mia visita conferma l'importanza che l'Italia attribuisce alle relazioni con l'Iran”. La svolta decisiva avvenne tuttavia nel 2016. Nel gennaio di quell’anno, l’allora presidente iraniano Hassan Rohani effettuò una visita nel nostro Paese, mentre nell’aprile successivo, Renzi ricambiò, recandosi a Teheran, dove incontrò lo stesso Rohani e l’ayatollah Ali Khamenei. Approfittando del clima di distensione, nel gennaio 2016 l’allora governatrice dem del Friuli Venezia-Giulia, Debora Serracchiani, favorì una serie di accordi tra la Repubblica islamica e il porto di Trieste.

Tutto questo, senza dimenticare che, da Alto rappresentante Ue per gli affari esteri, la Mogherini figurò tra i principali artefici del controverso accordo sul nucleare con Teheran: un accordo che la Quartapelle è tornata a difendere su Twitter appena lo scorso giugno. Non a caso, il Pd fu molto critico quando l’allora presidente americano, Donald Trump, lasciò quell’intesa nel maggio del 2018: un’intesa di contro da sempre fortemente auspicata dalla Russia. Vale infine la pena sottolineare che, lo scorso luglio, lo Iai ha organizzato un evento, ospitando l’attuale ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir-Abdollahian: un evento a cui era presente anche il viceministro degli Esteri italiano, la dem Marina Sereni. Nel corso della sua tappa italiana, Abdollahian è stato inoltre ricevuto dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio alla Farnesina.

È bene rammentare che, al di là dei legami storici tra Iran e Russia, il governo di Teheran lo scorso marzo ha dichiarato di voler aiutare Mosca contro le sanzioni occidentali. Era invece luglio, quando Gazprom ha siglato un accordo con la Repubblica islamica da 40 miliardi di dollari nel settore dell’energia. Tutto questo, mentre la Casa Bianca ha detto recentemente di temere che l’Iran possa rifornire la Russia di droni militari. E che dire di Abdollahian, noto per la sua stretta vicinanza al generale Qasem Soleimani?Insomma, il Pd accusa gli altri di indebiti rapporti con Mosca e, al contempo, promuove una linea di amicizia nei confronti di un regime che risulta uno dei principali alleati dello stesso Vladimir Putin. Dove sarebbe la logica in tutto questo?


Cuba

Da Alto rappresentante per la politica estera Ue, la Mogherini ha rafforzato i rapporti tra Bruxelles e L’Avana. Nel marzo 2016, fu firmato l’accordo di dialogo politico con l’Unione europea: circostanza che la stessa Mogherini definì “un passo storico”. Era invece gennaio 2018, quando costei - recatasi a Cuba - prese apertamente le distanze dagli Stati Uniti,che avevano avviato un approccio più duro nei confronti del regime castrista. “A prescindere dai cambiamenti delle politiche a Washington, il messaggio che sto portando qui è di amicizia con l'Unione Europea”, affermò in quella che non può certo definirsi una dichiarazione atlantista.

Ma non è tutto. Lo scorso maggio, la Quartapelle ha ricevuto l’ambasciatrice cubana in Italia, Mirta Granda Averhoff, nella sede del Pd. Ora, Cuba non gode soltanto di storici legami con Mosca e Pechino, ma – da quando è iniziata l’invasione russa dell’Ucraina il 24 febbraio - L’Avana ha assunto posizioni di solidarietà con il Cremlino, spalleggiandolo soprattutto in sede Onu. In particolare, ad aprile Cuba ha votato contro la risoluzione che espelleva Mosca dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. Perché uno schieramento politico che oggi si dichiara così risolutamente antirusso ha accolto nella sua sede la rappresentante ufficiale di un regime strettamente legato a Mosca, che non ha per giunta preso le distanze dall’invasione dell’Ucraina?

Insomma, alla prova dei fatti il Pd si è dimostrato filocinese, filoiraniano e filocubano. Giudicate voi, se questo è un partito atlantista.

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Stefano Graziosi