Linee guida per una scuola miope
Lucia Azzolina, ministro dell'Istruzione (Ansa).
Politica

Linee guida per una scuola miope

Le aule riapriranno fra due mesi, cioè dopodomani, in una generale impreparazione. Come nel più clamoroso dei paradossi, l'istituzione che insegna a studiare usando il diario e pianificando gli impegni è la prima a essere sempre in affanno, ridotta all'ultimo. Ora addirittura in apnea.

«A settembre si torna a scuola in presenza e in sicurezza» ha dichiarato la ministra Lucia Azzolina, presentando le linee guida per la scuola, anno scolastico 2020/21. Il documento, a lungo atteso, è da qualche giorno sul tavolo di tutti i dirigenti scolastici italiani ed è stato già discusso in diversi collegi docenti. Le grandi premesse, messe addirittura per iscritto nelle prime pagine del documento, per cui «sarà necessario trasformare le difficoltà di un determinato momento storico in un volano per la ripartenza e per l'innovazione», si smarriscono nella lettura delle pagine seguenti, che in sintesi assegna pochi fondi e grande responsabilità alle singole scuole e agli enti locali. Trionfo dell'autonomia o posizione pilatesca? Ai posteri l'ardua sentenza, ma proviamo a capirne qualcosa fin da subito.

La scuola italiana riesce sempre a farsi trovare impreparata. Come nel più clamoroso dei paradossi, l'istituzione che insegna a studiare usando il diario e pianificando gli impegni è la prima a essere sempre in affanno, ridotta all'ultimo, ora addirittura in apnea. Quest'anno, il più drammatico in Italia dal dopoguerra, si è dovuta affrontare un'emergenza senza precedenti per tutta la nazione e anche a scuola, con il risultato di una chiusura dei cancelli, in favore della didattica a distanza, per più quattro mesi, fino alla maturità, da poco conclusa e svolta in presenza, in condizioni quasi surreali, certamente uniche. In una situazione di crisi si sono susseguiti decreti, bozze, pesanti silenzi, conferenze stampa e cambi di rotta tra ritardi, poco dialogo tra le parti e una sensazione forte di scarsa lucidità.

La situazione è complessa, drammatica, tesa, e le soluzioni non sono semplici, né scontate, però tutto ciò non può costituire un alibi per un ministero. La risposta data dalle linee guida è sconcertante, perché al di là dei milioni di euro predisposti per mascherine e dispositivi di protezione, manca del tutto l'applicazione promessa nell'introduzione per ricostruire la scuola dalle macerie di questi mesi, che peraltro si assommano a quelle degli anni precedenti. A meno che non si creda davvero a Trastevere che la scuola possa rinascere da un fiume di gel igienizzante.

Il prossimo anno inizia tra due mesi, e uno di questi mesi è agosto. Come dire, il prossimo anno è dopodomani. Ci si chiede come sia possibile che anche per il primo settembre la scuola sia ancora una volta drammaticamente impreparata e condannata ad annaspare. Cattedre vacanti, locali non rinnovati, linee guida in grave ritardo e complessivamente poco chiare, assai interpretabili, per cui inattuabili con efficacia. Certezze, poche.

Si è passati dal plexiglass tra i banchi alla distanza di un metro tra le bocche, vale a dire tutto come niente fosse, o quasi, perché un metro tra due bocche non impedirà una densa popolazione nelle classi. Resta il dubbio, quindi, che dinanzi a una necessità economica enorme per ridurre le classi pollaio a sezioni sicure oggi e gestibili per gli anni a venire, per rivedere gli edifici da mettere in sicurezza oggi e poi da sfruttare negli anni a venire, per assumere insegnanti e personale oggi e poi a averlo disposizione della scuola negli anni a venire, si sia scelto di ripartire con qualche adesivo per terra per stabilire il senso di marcia, gel igienizzante dappertutto, raccomandazioni vaghe e protocolli di sicurezza stesi e firmati per lo sgravio delle responsabilità.

E poi il tempo che ora stringe davvero avrebbe potuto essere utilizzato assai meglio: con le scuole chiuse da mesi e una situazione sanitaria ormai delineata in primavera, perché non muoversi con controlli accurati di ogni singolo edificio scolastico per tempo, procedendo a tappeto dal primo giugno? Perché non prevedere nei mesi estivi una task force di tecnici per allestire una scuola in grado di presentarsi nuova? Certo sarebbero servite linee guida con un mese e mezzo di anticipo e investimenti economici notevoli, ma la scuola – e quindi l'Italia – ne aveva e ne ha bisogno.

Così si sarebbe dato seguito, almeno per le strutture, alle dichiarazioni scritte nell'introduzione alle linee guida, quelle per cui le difficoltà avrebbero potuto essere un volano per la ripartenza. La scuola predica ogni anno di non ridursi all'ultimo coi compiti delle vacanze, ma il problema vero è che proprio la scuola non li fa mai per tempo, presentandosi all'appuntamento del primo giorno di scuola spettinata e in affanno.

Nel mezzo, la quotidianità. Che cosa accadrà durante gli intervalli? Cosa all'ingresso e soprattutto all'uscita di ogni istituto? Come fare in palestra? Come si organizzerà il trasporto pubblico nell'orario di punta per questa marea di studenti? Come si incontreranno genitori e docenti? E ancora, dato che si starà a casa con il raffreddore, chi deciderà che quello starnuto sarà da raffreddore e non da allergia all'ambrosia o da mal di interrogazione?

Tante domande, nessuna risposta rintracciabile sui documenti su cui si deve basare la ripartenza. La scuola annaspa, quindi, e con lei i collegi docenti di questi giorni, tutti a distanza a cercare di decifrare e mettere in pratica queste poche e incerte linee.

Le scuole non sono nel pieno della loro autonomia. Sono invece lasciate sole, in balìa di una non gestione ma con la necessità di organizzarsi per settembre giorno 1. Le decisioni passano ai presidi, poi al collegio docenti, poi agli organi collegiali tutti, ma la sensazione è che la scuola resterà lì ancora una volta col il cerino in mano.

Preside del liceo classico Faes di Milano

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Marcello Bramati