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(Ansa)
Politica

Il lessico elettorale delle Europee: nulla di nuovo e di buono

La discussione con temi e linguaggi superati rischia di alimentare l'astensionismo

Una delle imprese più difficili da realizzare per un comunicatore politico è costruire un messaggio elettorale che abbia almeno tre fondamentali caratteristiche: sia credibile, presenti una sua originalità e, non da ultimo, riesca a essere persuasivo.

Credibile, per chi lo legge e lo ritiene coerente con il mittente, originale perché non scopiazza in malo modo slogan già triti e ritriti, ma sappia costruire una relazione emotivo-valoriale con i pubblici e, infine, persuasivo perché riesce in potenza a convertire il cittadino e l’elettore verso una causa di parte.

Solo che a dare un’occhiata ai posizionamenti che partiti, leader e candidati hanno messo in campo in questo primo scorcio di campagna elettorale per le elezioni europee, a dominare sembra essere piuttosto una diffusa banalità lessicale, dove lo sforzo massimo ha come risultato una pluralità di declinazioni del sostantivo Europa. Tutte però con un basso voltaggio di coinvolgimento emotivo.

Per la Lega di Matteo Salvini ci deve essere “meno Europa, più Italia”, mentre Forza Italia punta su un più classico, “al centro dell’Europa”. Il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte, con “Protagonisti in Europa” soccombe all’equazione di un risultato minino con uno sforzo minimo.

Prima di passare in rassegna gli altri posizionamenti elettorali, è utile una premessa: in sé questi messaggi, pur nella loro semplicità – che non è mai un difetto, anzi - avrebbero avuto un’efficacia comunicativa totalmente differente qualora fossero stati veicolati con largo anticipo, come succede ad esempio nelle campagne permanenti delle presidenziali statunitensi, dove la banalità degli slogan evapora proprio perché con il passare dei mesi si trasforma in un contenuto della quotidianità. E, in secondo luogo, il legame percettivo di appartenenza dei cittadini alle lontane istituzioni europee è assai rarefatto. Il nostro cordone ombelicale con l’Europa è rimasto qualcosa di artificioso e mai di naturale. È altresì chiaro, che questa tipologia di messaggi difficilmente potrà incidere su quella vasta area di cittadini ormai sceglie di non esercitare più il diritto-dovere del voto. Qualche elemento più interessante di analisi arriva invece dalla campagna dei Partito Democratico e da quella iper-personalizzata di Fratelli d’Italia. Nel primo caso, si è andati, non senza rischi visto il poco tempo di attenzione che riserviamo ai messaggi, su una campagna multi soggetto e a doppia mandata, cioè che richiede un duplice passaggio di decodifica. Nel secondo caso, all’opposto, la campagna è volutamente personalizzata sulla leadership di Meloni e il claim “Con Giorgia” diventa una chiamata alle armi, prima empatica e poi militanza.

Se, infine, volessimo misurare l’efficacia delle singole campagne potremmo partire dal monitoraggio, nell’ultima settimana, dei 25 hashtag più utilizzati in rete ogni qualvolta c’era il termine Europa. In questa classifica, gli hashtag #Meloni (1.100 utilizzi) e #Giorgia (740) si prendono i primi due posti, mentre a scalare troviamo #Renzi (640), #Calenda (490), #Salvini (420) e #Conte (370).

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Domenico Giordano