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(Ansa)
Politica

Landini attacca il governo colpevole di avergli rubato la scena

Il leader della Cgil anche oggi ha accusato l'esecutivo di aver lavorato il 1 maggio. Ma dovrebbe aiutare l'esecutivo nel ricordare il rispetto che si deve in generale al lavoro

«Su 365 giorni dell'anno, il governo doveva convocare il Consiglio dei ministri proprio oggi? Oggi è la festa del lavoro, non è la festa del governo». Maurizio Landini, segretario della CGIL, proprio non l’ha digerita. Sono giorni che attacca il governo più che per i contenuti del decreto lavoro per il fatto che la Meloni abbia convocato i ministri per l’approvazione delle misure in tema di lavoro proprio in occasione del 1 maggio. Certo, nella scelta dell’esecutivo c’è sicuramente un po’ di retorica (approvarlo il 2 maggio non avrebbe cambiato nulla) ma che il leader del principale sindacato reagisca così è segno di una cosa: debolezza. Debolezza del sindacato, debolezza delle sue battaglie e debolezza anche personale dello storico sindacato del (fu) Partito Comunista Italiano.

Landini oggi voleva la prima pagina, la notizia di apertura. Voleva che il suo volto e le sue parole simbolo pronunciate oggi (mobilitazione, lotta, salario etc etc etc) risuonassero forti prima di quelle di tutti gli altri. Ed invece no. Invece prima di lui e delle immagini dalla manifestazione della triplice oggi si parlerà del decreto lavoro e delle parole del ministro Calderone e della premier. E questo sopruso di prima pagina è davvero troppo per il principale sindacato della sinistra, la nuova sinistra alla Schlein quella che al massimo finisce sulla copertina di Vogue.

Giorgia Meloni da sempre ricorda come non possa essere lo Stato a creare lavoro; le norme previste nel decreto lavoro approvato oggi vanno proprio in questa direzione, soprattutto quelle sui contratti a termine. Per quanto riguarda poi il taglio del cuneo fiscale la situazione è la solita di sempre. I 4,5 mld messi in campo dall’esecutivo per aiutare i redditi più bassi (che avranno fino a 100 euro in più in busta paga) sono pochi se pensiamo alla pressione fiscale davvero imbarazzante. Ma, primo, sono il massimo di quello che le vuote casse dello Stato consentono, per non parlare poi del fatto che il governo fin dallo scorso ottobre parla di visione e piano a 5 anni. L’obiettivo, la speranza (loro e di tutti noi) è di poter aumentare investimenti e tagli ogni anno, fino al 2027 dove si dovrebbe arrivare ad un taglio nel complesso sostanzioso e tangibile.




Per quanto poi riguarda la vera novità e cioè l’Assegno di inclusione che sostituisce il fallimentare Reddito di Cittadinanza, serve un ragionamento ulteriore e più profondo. Se oggi vogliamo festeggiare il lavoro bisogna anche ricordare che il lavoro va rispettato. Ci sono troppi che per un paio d’anni l’hanno rifiutato, sopravvivendo sul divano a spese dei contribuenti. «Credo che sia intervento di ampio respiro, si tratta di un percorso che deve consentirci di accompagnare chi ha voglia di lavorare». Parole di Giorgia Meloni che ha parlato di «voglia di lavorare». E aver detto queste cose il 1 maggio è quanto mai corretto. Anche se ruba la scena a Landini.

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Andrea Soglio