Ad Assisi Papa Francesco getta le basi per la riforma della Chiesa
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Ad Assisi Papa Francesco getta le basi per la riforma della Chiesa

E’ una sorta di enciclica quella che Papa Francesco sta scrivendo oggi da Assisi - Le foto -

da Assisi

La sua “prima enciclica” fatta di gesti e di tenerezza. Iniziata con la visita ai bimbi disabili e ammalati dell’Istituto Seraphicum, proseguita con il pranzo assieme ai poveri alla Caritas fino all’incontro con i giovani presso la basilica di Santa Maria degli Angeli. 

Dalla città di san Francesco il pontefice getta le basi per la riforma della Chiesa. Per tre giorni Bergoglio è rimasto chiuso nell’alloggio di Santa Marta in Vaticano per discutere della riforma della Chiesa e la riorganizzazione della Curia. 

E’ iniziato un lavoro complesso che proseguirà nei prossimi mesi, dal 3 al 5 dicembre è previsto il nuovo incontro del pontefice con il consiglio dei cardinali, poi un altro appuntamento a febbraio quando, probabilmente saranno pronte le linee concrete della “rivoluzione di Papa Francesco” che sarà consegnata in una documento, una “costituzione apostolica”.

Ma per il Papa riformatore è essenziale che tale rinnovamento sia fondato sulla preghiera e sulla spiritualità. Per questo ha chiesto di venire ad Assisi, sulle orme di Giovanni XXIII che alla vigilia del Concilio Vaticano II pregò sulla tomba del poverello, quindi Giovanni Paolo II che ha promosso quello “spirito di Assisi” che riassume l’impegno della Chiesa per la pace. 

E Benedetto XVI che tra i primissimi atti del suo pontificato volle la riforma giuridica del rapporto tra francescani di Assisi e Vaticano (si parlò di “commissariamento") e nel 2007 venne di persona a rendere omaggio a questo luogo.

Doveva essere una giornata di festa. Ma purtroppo non è solo la pioggia e il cielo plumbeo a gettare un velo di tristezza su questa giornata. Il dramma di Lampedusa pesa sulla visita del pontefice. Davanti ai bambini ammalati e disabili Papa Francesco mette da parte il discorso scritto e parla delle “piaghe di Gesù”: “Noi siamo fra le piaghe di Gesù. Queste piaghe hanno bisogno di essere ascoltate, di essere riconosciute. Gesù è nascosto in questi ragazzi, in questi bambini. Il cristiano sa riconoscere le piaghe di Gesù che hanno bisogno di essere ascoltate. Forse non tanto sui giornali, come notizie. Quello è un ascolto che dura uno, due tre giorni, Poi ne viene un altro e un altro. Le piaghe invece devono essere ascoltate da coloro che si dicono cristiani”

Nel discorso scritto il Papa denunciava ancora una volta la “cultura dello scarto” che inquina la società e si oppone alla “cultura della accoglienza”. Quindi un appello fortissimo alla politica, che può valere per la tragedia del canale di Sicilia ma non solo: bisogna “mettere al centro dell’attenzione sociale e politica le persone più svantaggiate”.

Papa Bergoglio sceglie i poveri di Assisi, nella sala della spoliazione di san Francesco per dettare il suo “programma” di riforme. Ancora una volta parla a braccio: “Questa è una buona occasione per fare un invito alla Chiesa a spogliarsi. Ma la Chiesa siamo tutti. Dal primo battezzato, tutti siamo chiesa. Tutti dobbiamo seguire Gesù che ha fatto una strada di spoliazione lui stesso. 

È diventato servo, servitore, ha voluto essere umiliato fino alla croce. E se noi vogliamo essere cristiani non c’è una altra strada”. 

Certo, ha proseguito il pontefice: “Noi possiamo fare un cristianesimo un po’ più umano senza Gesù, senza spoliazione, ma diventeremo cristiani di pasticceria, una cosa dolce, ma non cristiani davvero”. 

Per Papa Francesco “la Chiesa, deve spogliarsi di un pericolo gravissimo che minaccia: il pericolo della mondanità” Lo “spirito del mondo” è quello che porta alla “vanità alla prepotenza, all’orgoglio e tutto questo è un idolo, e l’idolatria il peccato più grande”. 

Per il Papa “è tanto triste trovare un cristiano mondano, sicuro secondo lui della sicurezza che gli dà la fede e della sicurezza che gli dà il mondo. Anche la Chiesa, cioè tutti noi, dobbiamo spogliarci della mondanità che la porta alla vanità, all’orgoglio e all’idolatria. Gesù stesso ci diceva non si può servire due padroni: o Dio o il denaro. Nel denaro c’è tutto questo spirito mondano”

E’, triste, ha proseguito sempre a braccio, “cancellare con una mano quello che scriviamo con l’altra. Il vangelo è il vangelo. Dio è l’unico, e Gesù si è fatto servitore per noi. Lo spirito del mondo non c’entra qui”. 

Quindi si è rivolto direttamente ai poveri: “Tanti di voi siete stati spogliati da questo mondo selvaggio che non dà lavoro, che non aiuta, che non si preoccupa se ci sono bambini che muoiono di fame nel mondo, non importa se tante famiglie non hanno da mangiare, non hanno la dignità di portare pane a casa, non importante se tanta gente deve fuggire della schiavitù della fame, fuggire cercando la libertà e con quanto dolore tante volte vediamo che trovano la morte come è successo ieri a Lampedusa. Oggi è un giorno di pianto. Queste cose le fa lo spirito del mondo. E’ proprio ridicolo che un cristiano vero, un prete una suora, un vescovo, un cardinale e un Papa vogliano andare sulla strada di questa mondanità che è un atteggiamento omicida. La mondanità spirituale uccide l’anima, uccide le persone, uccide la Chiesa”.

Il discorso a braccio del pontefice si fa preghiera: “Oggi qui chiediamo la grazia per tutti i cristiani: il Signore dia a tutti noi il coraggio di spogliarci. Spogliarci dello spirito del mondo che è la lebbra, il cancro della società, il cancro della rivelazione di Dio. Lo spirito del mondo è il nemico di Gesù. 

Gesù a tutti noi ci dia questa grazia di spogliarci”. E prima di congedarsi dai poveri la richiesta: “Pregate per me che ne ho tanto bisogno”.

Dopo l’incontro con i poveri il Papa si è recato nella basilica superiore di Assisi. 

All’ingresso ha salutato il presidente del Consiglio Enrico Letta con il quale ha scambiato, scherzando qualche parola lontano dalle orecchie dei cronisti. Quindi si è trattenuto in preghiera nella cripta davanti alle spoglie di san Francesco. Poi la Messa in piazza, piena di pellegrini che hanno sfidato la pioggia e il maltempo delle prime ore del mattino.

Nell’omelia Bergoglio ha lanciato un forte appello per la pace e la difesa dell’ambiente: “rispettiamo la creazione, non siamo strumenti di distruzione! Rispettiamo ogni essere umano: cessino i conflitti armati che insanguinano la terra, tacciano le armi e dovunque l’odio ceda il posto all’amore, l’offesa al perdono e la discordia all’unione. Sentiamo il grido di coloro che piangono, soffrono e muoiono a causa della violenza, del terrorismo o della guerra, in Terra Santa, tanto amata da san Francesco, in Siria, nell’intero Medio Oriente, nel mondo”. 

Quindi una preghiera finale per l’Italia: “Perché ciascuno lavori sempre per il bene comune, guardando a ciò che unisce più che a ciò che divide”.

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Ignazio Ingrao

Giornalista e vaticanista di Panorama, sono stato caporedattore dell’agenzia stampa Sir e diretto il bimestrale Coscienza. Sono conduttore e autore della trasmissione A Sua Immagine su RaiUno

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