Cina, Russia e Cuba paladini Onu per i Diritti umani
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Cina, Russia e Cuba paladini Onu per i Diritti umani

Ennesima scelta imbarazzante del Palazzo di Vetro. Pechino, Mosca e l'Avana decideranno come "promuovere e proteggere" i Diritti dell'uomo nel mondo

Cina, Russia, Cuba e Arabia Saudita sono i nuovi paladini dei Diritti umani nel mondo. Almeno secondo le Nazioni Unite. La notizia agita le organizzazioni non governative, che già stanno pianificando una serie massiccia di proteste su larga scala. Perché, quello che i quattro Paesi hanno in comune è proprio il calpestamento sistematico delle più elementari libertà civili. Ma il Palazzo di Vetro è talmente politically correct da garantirgli un posto a tavola presso il Consiglio per i Diritti Umani con sede a Ginevra.

L'Assemblea generale dell'Onu ha eletto 14 nuovi Stati per rimpinguare il collegio del Consiglio di Ginevra, che è responsabile della promozione e della protezione dei Diritti umani in tutto il pianeta. Una responsabilità onerosa, soprattutto se a "decidere" cosa fare e promuovere sono proprio quei Paesi che devono ancora andare a lezione di democrazia.

Oltre a Cina, Russia, Cuba e Arabia Saudita, fino a tutto il 2016 siederanno nel Consiglio anche l'Algeria, la Francia, le Maldive, il Messico, il Marocco, la Namibia, il Sudafrica, la Macedonia, il Regno Unito e il Vietnam. Fuori sono rimasti solo il Sud Sudan e l'Uruguay.

Le scelte dell'Onu hanno sempre un che di imbarazzante, soprattutto per coloro che si occupano sul campo di Diritti umani. Non è un caso che Peggy Hicks di Human Rights Watch (il cane da guardia mondiale dei Diritti Umani) abbia immediatamente rilasciato un commento alla Reuters nel quale sottolinea che "Con i seggi a Cina, Russia, Arabia Saudita e Cuba, tutti coloro che lottano per difendere i Diritti umani nel mondo avranno una vita molto difficile proprio in quei Paesi che siederanno nel Consiglio dell'Onu il prossimo anno".

Hicks poi aggiunge che "Fortunatamente nessun Paese gode di diritto di veto all'interno del Consiglio e una maggioranza può ancora raggiungere risultati concreti, anche se si dovranno raddoppiare gli sforzi". Già, perché Cina, Russia, Cuba ed Arabia Saudita tutto sono tranne che campioni dei Diritti umani, e mentre l'Assemblea votava, a New York in molti hanno deciso di scendere per le strade per ribadire il loro dissenso. 

I manifestanti hanno ricordato la politica cinese nei confronti del Tibet, una questione ancora (dolorosamente) aperta. In più c'è da notare che solo qualche giorno fa i Paesi occidentali hanno accusato Pechino per nuovi arresti di attivisti e dissidenti, oltre che per la ormai solita "sforbiciata" censoria sui siti Internet e la repressione sistematica delle minoranze etniche, costringendo la stessa Onu a rivedere le sue "proiezioni" sui Diritti umani da quando Xi Jinping è diventato presidente a marzo di quest'anno.

E veniamo alla Russia. Anche in questo caso sia HRW che l'Unione europea hanno più volte espressamente criticato le politiche putiniane riguardo ai diritti civili e umani. Dalle Pussy Riot alle leggi omofobiche che hanno messo nel mirino la comunità gay dell'ex URSS, fino a lanciare un boicottaggio delle olimpiadi invernali che si terranno a Sochi il prossimo anno, gli attivisti di tutto il mondo continuano a denunciare il pugno di ferro del Cremlino contro la libertà di stampa e tutte le forme di dissidenza.

Non sta messa meglio l'Arabia Saudita. Il regno wahabita è sotto il fuoco d'assedio proprio delle Nazioni Unite (misteri del Palazzo di Vetro) per l'arresto e le violenze su un elevato numero di attivisti, per calpestare sistematicamente i diritti delle donne saudite, che non sono autorizzate nemmeno a guidare, e quelli dei lavoratori stranieri, ridotti praticamente a pane e acqua e trattati alla stregua di schiavi post-moderni.

Last but not leastCuba. L'isola castrista ha recentemente fatto qualche apertura dopo le pressioni della comunità internazionale. A maggio di quest'anno il presidente Raul Castro ha deciso di prendere in considerazione la possibilità che gli investigatori delle Nazioni Unite si rechino a Cuba per esaminare la veridicità delle accuse di tortura e repressione che vengono puntualmente fatte al regime di Fidel Castro. Allo stesso modo, Castro junior sta considerando la possibilità che la Croce Rossa possa far visita alle prigioni cubane. Sarebbe la prima volta in 25 anni. 

Ma tra il "considerare" un'opzione e il metterla realmente in pratica ci sta di mezzo il mare, e finora alle buone intenzioni dei fratelli Castro non sono seguite azioni concrete. Insomma, sulla homepage del Consiglio per i Diritti Umani dell'Onu campeggia una frase del segretario generale Ban Ki-moon, che così recita: "Tutte le vittime di abusi sui diritti umani dovrebbero essere in grado di guardare al Consiglio per i Diritti dell'Uomo come a un forum e a un trampolino di lancio per agire". Già, ma a giudicare dai nuovi membri del Consiglio quel trampolino scricchiola e rischia di spezzarsi prima dell'eventuale tuffo.

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Anna Mazzone