Norman Atlantic, inclemente specchio dell'Italia
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Norman Atlantic, inclemente specchio dell'Italia

Non sappiamo quanti passeggeri ci fossero né quanti i morti. Il governo ha cinguettato quando era facile farlo. I militari il meglio del paese

Specchio dell’Italia. Inclemente.

La Norman Atlantic, la nave-traghetto incendiata e naufragata al largo dell’Albania, rispecchia vizi e qualità di un’Italia inesorabilmente scivolata nella fascia dei Paesi del terzo mondo.

Quanti passeggeri?
Non sappiamo quanti fossero i passeggeri. Le testimonianze dicono che ce n’erano a decine nascosti, che sono saltati fuori nel momento del pericolo. Qualcuno racconta di bambini ai quali sono stati infilati giubbotti salvagente ma che poi sono caduti in mare.
Altri parlano di migranti delle nazionalità più disparate (iracheni, siriani, afghani…) che si sarebbero accalcati attorno alle ceste calate dagli elicotteri della Marina e destinati a donne e bambini.
Circola pure l’ipotesi che proprio i clandestini siano stati all’origine della tragedia, accendendo nelle stive in cui si erano rintanati un falò per tenersi caldi.

Quanti morti?
La “verità, tutta la verità” non la sapremo forse mai. Non sapremo mai quanti sono i morti nel rogo della “Norman Atlantic”, perché le liste dei passeggeri sono contraddittorie, imprecise e comunque insufficienti. Difficilmente sapremo anche perché è scoppiato l’incendio.

Le cose che sappiamo
Ma alcune cose le sappiamo e possiamo dirle, valutando certe reazioni del comandante e dell’equipaggio, di tutti i militari chiamati in soccorso, e del governo.

Il comandante, Argilio Giacomazzi
1. Nell’emergenza, il comandante ha avuto un merito: quello di restare al suo posto ed essere stato l’ultimo a scendere dalla nave. Era esattamente quello che era obbligato a fare dalle leggi del mare e da quelle degli uomini. E, a voler essere maliziosi, non avrebbe avuto alternative. Questa non era una situazione da “Concordia”, con gli scogli a uno sputo di bracciate e le scialuppe a disposizione.

Argilio Giacomazzi, spezzino, quarant’anni di navigazione, oggi indagato per naufragio colposo e omicidio plurimo colposo, a sua discolpa ha un’arma formidabile: non è scappato.
Tutto il resto è da vedere.
Il comandante è praticamente responsabile di tutto ciò che avviene sulla nave, per esempio dell’efficienza dei dispositivi di sicurezza (sulla quale ci sono molti dubbi) o dell’accuratezza dei registri dei passeggeri (che è mancata, a quanto risulta dalle prime verifiche, tanto da non consentire un bilancio delle vittime), così come delle decisioni prese nell’emergenza (la magistratura indaga per capire come siano stati individuati i porti di destinazione e i tempi e le modalità di aggancio del relitto).

Sembra comunque, sulla base di più testimonianze, che molti passeggeri siano stati allarmati soltanto dalle fiamme e dai pavimenti incandescenti. Quanto all’equipaggio, è singolare la noncuranza con la quale i naufraghi sorvolano sull’assistenza che hanno ricevuto. Ciascuno racconta della propria personale battaglia per sopravvivere. E poi l’evacuazione non è stata da manuale, se neanche sono state calate tutte le scialuppe (avevano tutte preso fuoco?). Giacomazzi è stato presentato come un eroe, come l’anti-Schettino, il comandante che avrebbe riscattato l’onore italico macchiato dalla fuga indecente del Giglio. In realtà, è un uomo che nel momento più difficile ha fatto il suo dovere, bene o male si vedrà, ma che dovrà rispondere della quotidianità: la gestione dei passeggeri, la preparazione della nave. L’Italia cade sul quotidiano, più che sull’emergenza.

I militari italiani, il meglio del paese
2. I militari si sono dimostrati, ancora una volta, il meglio della nazione. Li ho visti con i miei occhi all’opera in altre occasioni e conosco la generosità, la professionalità, l’abnegazione con cui lavorano, in Italia e all’estero.

Ho letto le testimonianze di donne che si sono trovate nell’angoscia di essere picchiate e allontanate dalle ceste di salvataggio da ominicchi disperati, rincuorate dai nostri militari che non hanno lasciato nessuno solo, non hanno abbandonato nessuno, tanto meno donne e bambini.

Soprattutto i piloti degli elicotteri (ma non solo loro) hanno rischiato la pelle sapendo di rischiarla. Sono professionisti che svolgono in silenzio il loro dovere. Sempre presenti all’appello. Senza di loro, sarebbe stata un’ecatombe sì. Hanno fatto il possibile, a volte l’impossibile.

Il governo, si è appuntato qualche medaglia
3. Infine il governo. Impeccabile Matteo Renzi nella scelta dei tempi. Conferenze stampa o dichiarazioni o tweet nei momenti decisivi in cui sembrava che ci fossero solo uno o due morti, mentre la Marina era impegnata in una delle più complicate operazioni di soccorso mai effettuate nel Mediterraneo.

Bello e facile appuntarsi medaglie quando ancora la situazione è confusa e non sono emerse tutte le criticità, né sono chiare le dimensioni del disastro. “Poteva essere un’ecatombe”, ha detto Renzi.

In effetti lo è stata, anche se in più di 400 sono stati tratti in salvo. Quando poi s’è cominciato a insinuare un “giallo” sul numero effettivo di passeggeri, e quindi di vittime, e la “strage”, improvvisamente il governo ha taciuto, rimandato ogni chiarimento alla magistratura. Che “farà luce”.

Niente cinguettii. Incassato il bonus di comunicazione, il resto non importa. Come per il lavoro che non c’è o le tasse che non diminuiscono. Dietro l’annuncio la triste, magra routine.

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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