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ANSA/ANGELO CARCONI
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"Caro Di Maio, vorrei tornare in Italia, ma non si può. Faccia qualcosa"

Da Londra la lettera di Valentina, che denuncia tutti i mali del mondo del lavoro italiano e lancia un appello al Ministro competente

da Londra...

"Cifre allarmanti e disarmanti parlano di oltre 285mila Italiani emigrati all’estero soltanto nel 2018 come negli anni ’50. Nell’ultimo anno circa 50mila giovani tra i 18 e i 34 anni sono andati via dal nostro Bel Paese. Numeri destinati a crescere, che spaventano, fanno riflettere. Se ne parla, ma nessuno fa niente.
Io tra queste cifre ci rientro e rientro anche tra quelli che in Italia ci rientrerebbero e anche domani. E stavo per farlo. Anzi: avevo iniziato a farlo: valigie, pacchi, pacchetti, saluta gli amici, dai via quello che pensi non ti serva per la tua nuova vita in Italia.. Ma ho appena ricevuto una porta in faccia pesante, un macigno, che mi ha fatto gridare al “ma allora me ne sto dove sto, chi me lo fa fare!”
Ma facciamo un passo indietro.
Mi chiamo Valentina, ho 33 anni, sono nata e cresciuta a Pescara in Abruzzo e da otto anni vivo a Londra, Regno Unito.
Dopo una laurea in Lingue (parlo Italiano, Inglese, Francese e Tedesco) e un master in Comunicazione per le relazioni internazionali conseguito presso l’universita’ IULM di Milano, parto per Londra per quello che doveva essere soltanto uno stage di tre mesi. E tre mesi sono diventati quasi dieci anni.
In Inghilterra ho trovato un cielo perennemente grigio, sandwiches con la mostarda, ragazze ubriache che il sabato sera girano scalze per Oxford Street con minigonne e canottiere quando la temperatura sfiora i due gradi, topi che popolano le stazioni delle metropolitane, il parmigiano sul pesce, gente che beve green tea mentre mangia la pizza, e molto altro.
Ma ho anche trovato lavoro. Quel lavoro stabile che fa decidere molti dei miei coetanei connazionali di prendere e partire.
Qui a Londra, senza aver la raccomandazione di niente e di nessuno, sono entrata a lavorare nei quartier generali di realta’ internazionali della moda e del lusso quali Jimmy Choo, Christian Louboutin e De Beers. Si’, senza essere la figlia di, la nipote di, ho mandato un curriculum, ho preso parte ai processi selettivi e mi hanno offerto il lavoro. Contratti a tempo indeterminato con tre mesi di prova iniziali. Sembra strano eh?
Ho lavorato in ambienti multiculturali, ho conosciuto colleghi e colleghe provenienti da India, Giappone, Francia, Svezia, e tanti, tantissimi Italiani. Ho avuto promozioni, aumenti salariali, ho fatto trasferte di lavoro, straordinari, ho partecipato a meetings in cui i CEO parlavano dei progressi dell’azienda, degli obiettivi futuri e delle direzioni che i brands stavano per prendere. Sono andata a feste aziendali, ho fatto trainings ad altri dipartimenti e ai nuovi arrivati e tanto altro ancora. Tutto in lingua inglese. Bello vero?
Alla fine di ogni mese puntuale come un orologio svizzero ti arriva lo stipendio, e quindi grazie a quello puoi fare progetti. I miei? Andare a mangiare fuori i venerdi’ sera per festeggiare l’inizio del weekend, comprare i biglietti per i concerti dei miei cantanti preferiti (Bruno Mars e Jennifer Lopez – evitiamo battute grazie) e poi: a 33 anni ho comprato casa a Londra col mio compagno poi diventato marito, ho girato il mondo (ho visto l’Europa, l’America, sono stata in Indonesia, Tailandia, Giappone, Vietnam, Cambogia e ora sono qui a programmare il prossimo viaggio), mi sono sposata e sono riuscita a mettere anche qualche soldino da parte. Ok non si tratta di un tesoretto eh, ora non fantastichiamo. Ma qualcosina alla fine del mese riesco a tenerla per me. Da sola, senza l’aiuto di mamma e papa’.
Ma c’e’ qualcosa, c’e’ una sorta di perenne inquietudine che mi accompagna e che esplode ogni volta che torno a casa in Italia e che mi fa piangere sempre, puntualmente, quando mi rimetto sull’aereo per tornare a Londra a lavorare. Si chiama nostalgia. Mi manca l’Italia, e mi manca veramente tanto.
La famiglia, gli affetti, il cane, i ritmi italiani, la domenica mattina al bar con cappuccio e cornetto, le passeggiate la domenica pomeriggio sul lungomare a respirare aria pulita, la buona cucina, il caffe’ quello vero e non la brodaglia di Starbucks e che ti costa pure 3 euro, la vita italiana.
E cosi’ io e mio marito ci siamo detti: dai, con otto anni di esperienza all’estero, vuoi che il lavoro in Italia non lo troviamo? Ok. Iniziamo le ricerche.
Mandiamo curriculum e tanti; circa 500 a testa. Niente, nessuno ci calcola. Per mesi. Finche’ qualche settimana fa vengo contattata dopo aver risposto ad un annuncio che diceva di offrire un contratto a tempo indeterminato a Milano per un lavoro che corrispondeva perfettamente al mio profilo e alle mie competenze. Bingo! Vado a fare il colloquio, l’azienda mi piace, il lavoro anche, e inizio a fantasticare: sto per tornare in Italia, ci siamo!
Dopo neanche 48 ore dal colloquio, l’azienda mi contatta e mi dice che sono piaciuta e che vogliono offrirmi il lavoro. Mi commuovo. E’ fatta finalmente. Dopo le urla di gioia iniziali seguite da piroette e salti acrobatici, chiedo gentilmente se possono mandarmi qualcosa per iscritto. E da li’ inizia una serie di fregature che mi porteranno fino allo sconforto piu’ totale.
L’azienda mi dice che loro vogliono offrirmi un tempo determinato di sei mesi volto poi all’inserimento a tempo indeterminato, e io inizio a mostrare i miei dubbi: scusate ma perche’ l’annuncio diceva “offresi tempo intederminato” se poi mi offrite un contratto a tempo? La loro risposta: eh perche’ noi in sei mesi abbiamo tempo di valutare la professionalita’ e la serieta’ della risorsa da inserire. E io: beh offrire un indeterminato come quello che avete pubblicizzato con un iniziale periodo di prova no? Resto un po’ dubbiosa. Mi arriva poi finalmente il tanto agognato “qualcosa per iscritto”. E li’.. La bufala. La presa in giro. La fregatura. “Offresi contratto di sostituzione di maternita’ senza obbligo dell’azienda di assunzione al rientro della collega in maternita’”.
Ah si? Si trattano cosi’ i candidati che hanno risposto ad un annuncio che diceva: offresi tempo indeterminato? Cos’e’, forse pensavano che non sarei stata in grado di leggere un contratto di lavoro?
E quindi, quando la collega che rientra dalla maternita’ io che faccio? Me ne vado a spasso a 33 anni aspettando che qualche altra azienda pubblichi un annuncio di lavoro celando dietro ad un finto “offresi contratto a tempo indeterminato” una realta’ squallida e finta come quella in cui stavo per finire se avessi accettato questa offerta?
Faccio cosi’ un appello al Ministro del Lavoro Luigi Di Maio: quando sentite parlare di giovani che sono emigrati all’estero in cerca di fortuna, sappia che la fortuna molti la trovano, ma la felicita’ e’ altro. Perche’ la casa, la famiglia, l’italia, mancano eccome.
Anziche’ creare il sistema reddito di cittadinanza, bisogna creare un sistema lavoro e dei contratti seri. C’e’ bisogno di installare una contrattistica che sia favorevole ad entrambe le parti: datore di lavoro e lavoratore. Io non sono un economo, ma in fondo neanche Lei se non sbaglio, pero’ le spiego una cosa. Un contratto a tempo determinato non da’ sicurezza all’azienda cosi’ come non la da’ al lavoratore, perche’ tale contratto non permette al lavoratore di stipulare un contratto d’affitto, di accedere ad un mutuo, di fare investimenti, e cosi’ facendo i soldi non girano e l’economia resta quindi in stand by. Se non ho una sicurezza economica, non posso comprarmi una casa, una macchina, accedere ad un finanziamento per un computer o altro. Capisce ora che le cose sono tutte collegate? Per non parlare poi del crollo del tasso di natalita’. Vogliamo far diventare l’Italia un paese per vecchi? Non si fanno figli perche’ non ci sono i soldi per mantenerli ma soprattutto manca la stabilita’ contrattuale e salariale per averli, i figli.
Siamo sinceri: io non sto dicendo che bisogna guardare al modello Inglese, perche’ ultimamente qui col Brexit non e’ che si stia facendo una buona impressione a livello interno e su scala mondiale. Pero’ io qui vedo colleghe che a 25, 26 anni si sposano, a 28 hanno il primo figlio, a 33 ne hanno gia’ due se non tre, quando faccio un colloquio di lavoro la prima cosa che mi chiedono qui e’: hai vacanze prenotate? Invece in Italia ti chiedono: quanti anni hai, sei sposata e/o hai figli? Perche’, se li ho e’ un problema?
Bisogna farlo ripartire questo Paese, e non bisogna parlare di cervelli emigrati all’estero come di individui che se la godono sulle spiagge di Panama a sorseggiare un Mojito e a mangiare cocomero. Mi creda Signor Di Maio, torneremmo tutti in Italia. Se potessimo. Se ci fosse concesso.
Pero’ lei adesso puo’ fare qualcosa. Lo faccia".


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