L'Ucraina e il sogno del cambio di regime
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L'Ucraina e il sogno del cambio di regime

La piazza abbatte i simboli russi e vuole riprendere le redini di un Paese schiacciato a metà tra Mosca e Bruxelles, azzerando governo e parlamento. Ma cambiare è possibile?

per LookOut News

Che cosa significa aver abbattuto la statua di Lenin a Kiev? Se paragoniamo questo gesto alla situazione della Russia, dove solo la settimana scorsa nella Piazza Rossa di Mosca il baule gigante della griffe Louis Vuitton è stato fatto rimuovere perché oscurava proprio il mausoleo del leader rivoluzionario, fa una certa impressione.

Ma l’Ucraina, con buona pace dei nostalgici, oggi è uno Stato indipendente e in grado di esprimere una propria politica, autonomamente dalle mire e dalle volontà del Cremlino. O almeno così la pensavano a Bruxelles gli euroburocrati, fino a poche ore prima dello sfortunato vertice di Vilnius.

 

Dopo che nella capitale lituana sono andate a vuoto le intese finalizzate a creare un’associazione strategica della repubblica ucraina con l’Unione Europea, infatti, a Kiev si è scatenato il caos e centinaia di migliaia di persone si sono riversate in piazza protestando contro il presidente Viktor Yanukovich, criticato per il voltafaccia dell’ultimo minuto e accusato di fare solo gli interessi di Mosca. Questo ha dato il via alla più grande ondata di proteste in Ucraina che si ricordi dalla rivoluzione arancione del 2004, di cui la detronizzazione di Lenin da Shevchenko Boulevard a Kiev è solo l’aspetto mediatico di maggior impatto.

 

La versione di Mosca
Il Vertice dell’Unione Europea di Vilnius, che avrebbe dovuto sancire l’alleanza tra Ucraina e Unione Europea, presumeva l’apposizione della firma sull’accordo di associazione di libero scambio tra Ucraina e Ue. Una vera e propria svolta politico-economica, che ha mandato su tutte le furie Mosca, consapevole che un simile accordo avrebbe modificato in modo sostanziale e radicale non solo i rapporti tra Mosca e Kiev ma anche la sfera d’influenza russa in Europa. Dopo Kiev, infatti, altri Paesi dell’area ex sovietica potrebbero tentare di fare lo stesso, e questo Mosca non lo può proprio accettare.

 

Anche perché, nelle strategie del Cremlino, l’Europa è al centro dell’interesse (potremmo azzardare a dire da sempre) ed è altrettanto innegabile che questo mercato - e le rotte energetiche ne sono il segno più evidente - sia vitale per gli interessi russi e rappresenti oggi la via di espansione privilegiata concepita a Mosca, che non ha alcuna intenzione di arretrare dai suoi ex territori.

 

Anzi, sin dai primi giorni di novembre, il Cremlino ha impostato una campagna mediatica nel segno dell’intimidazione contro Kiev: dall’annuncio del ministro degli Esteri Lavrov, che aveva promesso che in caso di firma dell’accordo con l’Ue gli ucraini avrebbero dovuto dotarsi di passaporti per attraversare i check-point, fino al boicottaggio delle merci “made in Ukraine” e  alla cancellazione di una serie di concerti di gruppi rock ucraini, per arrivare al filo spinato che molti residenti ucraini dicono di aver visto stendere dai soldati russi lungo il confine. Considerato che sono decine di milioni i russi e gli ucraini che vivono e lavorano a cavallo tra i due Paesi, il segnale è certamente arrivato a destinazione.

 

Anche la pressione dello stesso presidente Vladimir Putin su Viktor Yanukovich è stata enorme nelle scorse settimane ed ecco perché lo stesso Yanukovich tuttora non si sposta di un centimetro, parlando anzi dello stato di avanzamento di ulteriori piani per un “partenariato strategico con la Russia”, pur cercando di limare la frizioni con l’Unione Europea.

 

Cosa vogliono i manifestanti
Ma per l’opposizione scesa in piazza tutto questo è ormai inconcepibile e a Kiev mezzo milione di manifestanti continua a presidiare le strade e a chiedere a gran voce le dimissioni del presidente, insieme alla fine del governo e del parlamento. Tutto ciò non è affare di poco conto e il governo ucraino teme il peggio, se è vero che stamattina una colonna di 20 autobus della polizia e di numerosi camion diretti verso la capitale da Vasylkiv – distante 20 km a sud di Kiev – si stava dirigendo velocemente verso i luoghi della protesta.

 

Quello che vogliono i manifestanti, in ogni caso, non è andare contro la Russia, come la destituzione dei simboli sovietici potrebbe far sembrare, ma semplicemente avere un nuovo governo di cui potersi fidare, che conceda maggiori libertà e prospetti crescita economica. Come scrive il Washington Post, “Yanukovich ha messo i propri interessi personali a quelli del suo Paese, e molti ucraini hanno deciso, come nel 2004, che ne hanno avuto abbastanza del suo governo corrotto e sempre più autoritario”.

 

Ecco perché guardano con maggior fiducia all’Europa: semplicemente perché buona parte degli ucraini sono convinti che la modernizzazione dell’Ucraina sia a Occidente e non più a Oriente. Per coloro che ritengono che la speranza dell'Ucraina sia avvicinarsi all'Unione Europea e non a Mosca, la spiegazione sta nel fatto che demograficamente ed economicamente, il futuro della Russia appare desolante ai loro occhi: Putin mantiene il controllo sul Paese in gran parte attraverso la corruzione, usando come leva le grandi risorse di denaro che gli derivano dal gas naturale distribuito a uomini di fiducia e, in tutto questo, non rientrano il progresso e le libertà individuali. Anzi, il quadro appare piuttosto statico. Non è il tipo di Paese su cui l'Ucraina dovrebbe scommettere e puntare, insomma, visto anche che gli ucraini avvertono di essere ormai per Mosca poco più che un ponte per i suoi interessi in Europa.

Questa convinzione, se sostenuta ancora a lungo dalla piazza con la stessa tenacia di cui sembrano dotati oggi i manifestanti di Kiev, potrebbe anche far precipitare la situazione.

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Luciano Tirinnanzi