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L'Isis dichiara guerra all'Europa, sempre più debole davanti al terrorismo islamico

Nella rivendicazione dell'attentato di Bruxelles lo stato Islamico alza il tiro. Intelligence di tutta Europa in massima allerta ma serve uno sforzo anche dalla politica

Questa notte lo Stato islamico attraverso i suoi canali ha rivendicato l’attentato di Bruxelles: «Diversi cristiani sono stati uccisi e feriti in un attacco di soldati del Khilafah nella capitale belga, Bruxelles. Con il successo di Allah, il fratello mujahid Abdul Salam al-Muhajir, che Allah lo accetti, si è diretto verso alcuni cristiani kafir nei pressi di piazza Sainctelette, a nord di Bruxelles. Li ha presi di mira con una mitragliatrice, uccidendone 2 e ferendone altri, e tutta la lode è dovuta ad Allah. Facciamo sapere ai Paesi della coalizione crociata che la nostra guerra contro di loro continua, e che ciò che deve ancora venire sarà più devastante e più amaro, con il permesso di Allah». Parole queste che lasciano presagire che l’Isis voglia e possa tornare a colpire l’Europa.

Il 45enne jihadista tunisino Lassoued Abdeslam dopo una notte in fuga è morto ieri mattina durante uno scontro a fuoco con la polizia belga. L’uomo era tornato nella zona ovest del quartiere di Schaerbeek (120 mila abitanti) dove viveva con la moglie e una figlia. Si tratta del secondo Comune brussellese per percentuale di musulmani, con oltre il 37%, mentre Molenbeek è al 40% ma nessuno è in grado di sapere quanti siano gli irregolari che sono certamente migliaia come a Molenbeek.

I due comuni condividono la lugubre fama di «laboratorio jihadista» perché lì la dottrina salafita ha trovato fin dagli Anni 70 le condizioni ideali per crescere. Vivevano a Molembeek Karim Touzani e Kacem Bakkali i due finti reporter che si fecero saltare in aria il 9 settembre 2001 in Afghanistan durante una finta intervista al «Leone del Panshir», Ahmad Shah Massoud, nemico giurato di Osama bin Laden. Dai due comuni provenivano alcuni degli attentatori del Teatro Bataclan e molti degli oltre 500 jihadisti partiti dal Belgio per il “Siraq”.

L’uccisione dei due malcapitati cittadini svedesi di lunedì sera poteva essere evitata? Sì, se chi doveva vigilare sulla sua storia avesse fatto il proprio dovere. E chi lo dice? Basta leggere le parole della segretaria di Stato del Belgio per l'Asilo e la Migrazione, Nicole de Moor: «Abdeslam aveva presentato una domanda di asilo nel nostro Paese nel novembre 2019. Ha ricevuto una decisione negativa nell'ottobre 2020 e poco dopo è scomparso dai radar. È stato ufficialmente cancellato dal registro nazionale del comune il 12 febbraio 2021 e quindi non è stato possibile rintracciarlo per organizzare il suo ritorno. Non ha mai soggiornato in un centro di accoglienza Federale. Non è mai stato presentato dalla polizia dopo un'intercettazione all'Ufficio stranieri per consentire il suo rimpatrio. Di conseguenza, l'ordine di lasciare il Paese, emesso nel marzo 2021, non è mai stato eseguito». Incredibile ma vero.

Allora perché non gli venne concesso l’asilo in Belgio? Perché a suo carico in Tunisia c’era una condanna per «traffico di esseri umani» e «reati di terrorismo» oltre alle segnalazioni dell’intelligence italiana. Nonostante questo nessuno si è mai preoccupato di andare a cercarlo e si tratta dell’ennesimo fallimento degli apparati di sicurezza belgi che dalla stagione degli attentati (2016) -evidentemente- non hanno fatto tesoro dagli errori commessi. Inoltre, il barbuto fondamentalista tunisino sul suo account Facebook dove si faceva chiamare Slayem Slouma, chiuso solo lunedì sera dopo l’attacco, postava di continuo contenuti violenti, invocazioni all’Isis e ad Hamas ma nessuno se ne è mai occupato. E lo stesso faceva su Tik Tok.

Come viveva Lassoued Abdeslam a Schaerbeek, si nascondeva? No. Lavorava in nero come imbianchino e frequentava persino la moschea vicino a casa. E qui la storia diventa grottesca. Come ha dichiarato il sindaco di Schaerbeek, Cecile Jodogne, «Secondo le informazioni che abbiamo, frequentava una moschea del quartiere da dove è stato espulso qualche tempo fa per dei commenti radicali». Anche qui nessuno se ne occupa.

Quindi riavvolgiamo il nastro: Lassoued Abdeslam nel 2011 esce di galera, di seguito arriva su un barcone a Lampedusa, nel 2016 l’intelligence italiana lo segnala ai servizi segreti belgi dopo che viene identificato dalla Polizia a Bologna, poi nel 2020 in Belgio gli negano giustamente l’asilo visti i suoi precedenti. In precedenza Abdeslam aveva provato a chiedere asilo in Norvegia, Svezia e Italia tre Paesi dai quali verrà espulso.

Lui però continua a vivere a Schaerbeek e -afferma sempre Jodogne- «in una famiglia che apparentemente non creava problemi. La figlia era in una scuola non islamista, ma confessionale riconosciuta dalla comunità». Nessuno lo cerca e nei mesi scorsi lo buttano persino fuori dalla sua moschea perché è estremista ma nche qui non succede nulla.

Quanti sono i casi come quello di Lassoued Abdeslam in Europa? Di certo non pochi. A chi appartenevano le armi ritrovate vicino a dove la polizia lo ha ammazzato? Speriamo di non scoprirlo sulla nostra pelle. Oltre al disastro degli apparati di sicurezza belgi c’è un'altra notizia preoccupante. Nella notte tra domenica e lunedì, nel comune di Saint-Gilles, a Bruxelles, sono state rubate diverse uniformi militari. Potrebbero servire ad un commando dello Stato islamico.

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Stefano Piazza