I giovani ed il "Giorno della Memoria"
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I giovani ed il "Giorno della Memoria"

Sul web è semplicissimo trovare slogan e foto inneggianti ad Hitler. Un orrore da non sottovalutare

Provo un certo pudore a dirlo, ma va detto. Si ha sempre timore che a dirlo si provochi un’emulazione, che si dia spago e visibilità a chi meriterebbe solo silenzio. Ma anche non denunciarlo sarebbe sbagliato. Sarebbe come chiudere gli occhi, e in passato l’aver chiuso gli occhi è stato una concausa della tragedia.

Il Giorno della Memoria era ieri, ma ogni giorno dovrebbe esserlo. Perché oggi giorno, in ogni momento, viaggia sul web una corrente di razzismo e antisemitismo crescente. Si sapeva già che il web è un potentissimo mezzo di propagazione, spesso incontrollato, di idee generatrici di violenza, esse stesse violenza nel momento in cui vengono scagliate con banale, maligna disinvoltura nel mare magnum dei social network. Ho come l’impressione che ci sia qualcosa di nuovo, adesso. Ci arrivo piano perché mi sgomenta. Il punto è: l’antisemitismo cresce soprattutto tra gli adolescenti, tra coloro che non possono avere memoria, che sono più lontani dall’orrore nazista e dalla follia criminale delle leggi razziali fasciste. Cresce e assume forme e linguaggi che lasciano senza fiato.

Mi imbatto in pagine facebook di ragazzi tra 16 e 18 anni che inneggiano al nazismo, si salutano e si firmano “Heil Hitler”, postano svastiche, “si fomentano” sbizzarrendosi in miserabili ironie e invettive anti-ebraiche marcate da “mi piace” che fanno massa. Legione. E sbeffeggiano, insultano, minacciano.

Sono adolescenti che postano un autoritratto accanto a Hitler, uno ne bacia la fotografia o il manichino. Gli “I like” formano catene d’odio, diventano quasi “normali”. Perché sono tanti, troppi. Si moltiplicano le battute sugli ebrei, i riferimenti sprezzanti a compagni di scuola bollati come “giudei”. Ci si scambia link a siti revisionisti che contestano la realtà della Shoah o quella del Diario di Anna Frank (“scritto con una bic”). Rinascono vecchi neologismi, declinazioni del tema giudaismo.

Ieri un ragazzo “onorava” il Giorno della Memoria facendo gli auguri “a tutti i malati di Alzheimer”. Altri, il giorno dopo, esultano perché “da oggi tranquillamente possiamo mandare affanculo tutti gli ebrei e tifare per il popolo palestinese”. Nelle foto di copertina, striscioni da stadio “free Gaza”. L’orrore della Shoah si mescola con quello di una guerra pluri-decennale che colpisce israeliani e palestinesi, e con l’arena violenta del calcio brandito come arma e canale di sfogo. Metafore calcistiche si sposano con accenti razzisti. “16 Heil Hitler” è un numero su una maglia. Gli ultra-cattolici banalizzano la storia elogiando Pio XII come icona antisemita. Uno scrive: “Egiziani, il Papa con le crociate e infine i Tedeschi hanno ucciso gli Ebrei, ci sarà un motivo per il quale sono stati perseguitati da secoli no?”.

Ecco la foto di un ragazzo all’ingresso del campo di concentramento più vicino a Berlino, il “Konzentrarionslager Sachsenhausen”, dove dissidenti e poi ebrei morirono a migliaia, e altre migliaia caddero nell’aprile del ’45 durante la Marcia della Morte di trasferimento sul Baltico. All’ingresso del lager è scritto “Arbeit Macht Frei”, “Il lavoro rende liberi”. Dentro ci sono ancora negli scantinati gli affreschi lasciati dai prigionieri come variopinti sogni di libertà, davanti al fosso delle fucilazioni.

Potrei continuare all’infinito. Non voglio. Riapro “I sommersi e i salvati” di Primo Levi e leggo nelle conclusioni:

“Per noi, parlare con i giovani è sempre più difficile. Lo percepiamo come un dovere, ed insieme come un rischio: il rischio di apparire anacronistici, di non essere ascoltati”.

Ma quell’evento di cui Levi è stato uno dei milioni di testimoni diretti è avvenuto. “È avvenuto contro ogni previsione; è avvenuto in Europa… È avvenuto, quindi può accadere di nuovo: questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire”. Questa frase diventata famosa era quindi rivolta proprio ai giovani. La domanda ulteriore è come sia potuto accadere. Come sia potuto accadere che sempre più adolescenti coltivino l’antisemitismo. Un odio così squallido, gratuito, disinformato.

Una sola domanda. Quella di sempre: “Perché?”.  

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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