L'Italia 'sfamerà' il Mondo grazie alla tecnica 'BioHyst'
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L'Italia 'sfamerà' il Mondo grazie alla tecnica 'BioHyst'

Gli scienziati italiani hanno scoperto un nuovo metodo per ricavare farine proteiche dai sottoprodotti dell’industria molitoria attraverso un processo di frammentazione degli scarti

Nel mondo, 800 milioni di persone soffrono di fame. In Italia da alcuni anni c’è una tecnologia, denominata Hyst, in grado di valorizzare a fini alimentari i residui di attività agricole. A sperimentarlo un’associazione onlus, Scienza per Amore, che conta 200 soci, ha la titolarità del brevetto e un progetto internazionale, Bits of Future: food for all. Con questa tecnologia si ricavano farine proteiche dai sottoprodotti dell’industria molitoria, attraverso un processo di frammentazione degli scarti.

L’ingegnere Pier Paolo Dell’Omo, presidente della onlus, nonché ricercatore del dipartimento di ingegneria astronautica, elettrica ed energetica de La Sapienza di Roma dice: «Con un chilo di pula prodotta dalle riserie, che costa 15 centesimi di euro, si producono 40 dosi di integratori, prodotti ideali per ovviare ai deficit proteici sulla malnutrizione».

Il ministero della Salute, il 19 dicembre del 2012 ha dato «parere positivo alla produzione e commercializzazione di integratore alimentare di vitamina B1, manganese e fosforo prodotto con il sistema Hyst»; anche quello delle Politiche agricole il 18 dicembre del 2012 si è espresso favorevolmente «per la produzione e commercializzazione di frumento prodotto da crusca». Sei paesi africani: Burkina Faso, Camerun, Congo, Ruanda, Senegal, Somalia e Burundi, interessati a questa tecnologia, hanno ottenuto l’ok dalla World Bank di Washington e della Banca Africana di Sviluppo di Tunisi per installarla.

L’impianto è stato sperimentato da universitari e persone altamente qualificate che ne hanno attestato l’efficacia Fra le certificazioni, quelle delle università de La Sapienza di Roma, di Milano, la Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, l’Asl di Pavia, Confindustria energia. Il dottor Vito Pignatelli, responsabile del coordinamento tecnologie biomasse e bioenergie per le fonti rinnovali dell’Enea, interpellato da Panorama sull’efficacia dell’impianto risponde: «Da quel che ho avuto modo di vedere, e dai documenti che riportano i risultati delle prove effettuate presso laboratori universitari, la tecnologia in esame presenta indubbiamente interessanti potenzialità.

Migliora la qualità nutrizionale delle farine ottenute dalla macinazione dei cereali. Poi è chiaro che, utilizzando la capacità degli impianti, si può pensare ad un uso degli stessi per ottenere un’elevata produzione di biogas anche da biomasse ricche di zuccheri non fermentiscibili, come sono appunto le paglie, o, in prospettiva, per la produzione di etanolo di seconda generazione. E con ulteriori prove sperimentali, sarà certamente in grado di dimostrare tutte le sue potenzialità, anche nel campo della bioenergia». Panorama ha consultato un altro parere, quello dell’ingegnere Franco Del Manso, responsabile dei rapporti internazionali ambientali e tecnici dell’Unione petrolifera, che riferisce: «Nel campo dei biocarburanti abbiamo individuato nella tecnologia BioHyst una delle possibili risposte all’esigenza di trasformare residui delle lavorazioni agricole in biometano per l’impiego nel settore dei trasporti. Sulla base dei risultati preliminari che ci sono stati forniti dai tecnici che hanno sviluppato la tecnologia, l'Unione Petrolifera e le società ad essa associate, sono molto interessate alla verifica di tali risultati con sperimentazioni ad hoc da effettuarsi con prove su strada. Il biometano prodotto con questa tecnologia è configurabile come biocarburante di seconda generazione, cui viene riconosciuto un valore energetico doppio e dunque faciliterebbe il raggiungimento degli obblighi di miscelazione dei biocarburanti».

Ma l’impianto è fermo, posto sotto sequestro dalla Procura di Roma dal marzo 2011 per indagini della polizia municipale capitolina, nei confronti sia di alcuni soci finanziatori della onlus con l’ipotesi di reato di associazione a delinquere e truffa nei confronti degli altri associati, sia dell’ideatore di tale progetto di cooperazione, sotto processo a Tivoli per presunti abusi sessuali su due minori e per aver “inventato” il metodo Hyst al fine di spillare soldi agli associati.

Il macchinario, su cui girano miliardi di euro, viene inghiottito da due filoni giudiziari. Da una parte i ministeri della Salute e delle Politiche agricole, esprimono pareri favorevoli sulla validità e potenzialità di tale impianto e della tecnologia che usa, dall’altra la polizia municipale boccia l’utilità e l’adeguatezza del metodo Hyst. I soci della onlus hanno chiesto il dissequestro alla Procura di Roma e che sia disposto incidente probatorio al fine di testare l’efficacia di impianto e tecnologia alla presenza di consulenti nominati dal  giudice.

Tali istanze sono state per ora rigettate, impedendo agli indagati di smontare in concreto le accuse di vigili urbani e PM di Roma. Chi ha titolo per valutare l’efficacia di una tecnologia, i dicasteri competenti o la polizia municipale? I soci di una onlus che si autofinanzia possono truffare se stessi? Chi ha interesse a bloccare questo impianto?

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Anna Germoni