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Nucleare: l'Italia in prima fila. Impatto economico di 45 milioni

Mentre si pensa sempre di più a una svolta green, l'Unione Europea non ha una visione sul futuro del nucleare. Un settore che prospera in Europa e che in Italia continua a generare lavoro

L’unione europea punta sempre di più sul green, ma non ha una visione omogenea sull’uso del nucleare. Da una parte la tassonomia verde dell’Ue include l’energia nucleare come opzione, ma dall’altra solo una piccola frazione degli impianti a fissione si trovano in Europa e molti paesi stanno smantellando le loro centrali. In Ue l’attenzione e il dibattito è focalizzato sugli standard di sicurezza, sulle politiche di gestione dei rifiuti e sulla ricerca, cercando di equilibrare benefici, come l’energia elettrica a basso tenore di emissioni, e problematiche. Sulla dismissione e lo smaltimento dei rifiuti, tema caldo soprattutto in italia, ci sono già degli esempi da seguire. In Svezia, Francia e Finlandia, sono infatti operative le discariche geologiche permanenti per rifiuti ad alto e medio livello. Allo stato attuale, su 27 Stati membri, 12 ospitano impianti nucleari, mentre altri, inclusi Austria, Croazia, Cipro, Danimarca, Estonia, Irlanda, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta e Portogallo, non producono energia di origine nucleare. La Germania ha scelto di smantellare le proprie centrali, così come Olanda e Belgio. La Spagna ha deciso di seguire la stessa strada dato che il 27 dicembre 2023 il governo ha dato il via libera a un piano per la gestione dei residui radioattivi che ha confermato la decisione di chiudere gradualmente tutte e cinque le centrali nucleari del Paese entro il 2035. Dall’altra parte, Polonia e Finlandia concepiscono l’energia nucleare come un’alternativa di decarbonizzazione e una strategia per la sicurezza energetica, soprattutto dopo lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina. Non solo, la Francia, che guida la coalizione dei paesi pro-nucleare (Bulgaria, Croazia, Repubblica ceca, Finlandia, Ungheria, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia e Svezia) ha deciso di avviare un piano di rilancio del settore e di costruire altri 6 nuovi reattori entro il 2045.


E l’Italia?

Nel nostro Paese la filiera nucleare è viva, vegeta e di alta qualità. Per la costruzione di Iter, il più grande progetto per la fusione nucleare, le aziende italiane sono state chiamate in qualità di principali fornitori, secondo solo ai francesi, dove il progetto si sta materialmente realizzando. Per capire la qualità di cui stiamo parlando, nel 2022 dodici centrali francesi rimasero ferme per 12 mesi per problemi di corrosione. La soluzione era sostituire i pezzi. L’Autorità francese non trovò nessuna azienda locale in grado di produrre le componentistiche necessarie nei tempi e nella qualità richiesta. Allargando la ricerca all’Europa trovò solo due aziende in grado di rispettare gli obiettivi. Entrambe erano italiane.

L’ultimo rapporto pubblicato da EY sul nucleare evidenzia come in termini di valori economici, attualmente, all’interno della supply chain italiana ci sono circa un centinaio di aziende che operano nel settore nucleare, raccogliendo i benefici del loro lavoro principalmente all’estero. Come detto, le aziende italiane sono coinvolte nel progetto Iter, come fornitori. Le ricadute attualmente sono superiori a 1,6 miliardi di euro. Le collaborazioni non coinvolgono esclusivamente le singole aziende, ma si estendono anche a istituzioni di ricerca italiane, come l’Enea. L’Associazione Italiana del Nucleare sta inoltre conducendo uno studio sull’impatto che ha la costruzione di un reattore nucleare sulla filiera industriale italiana, al fine di comprendere il valore economico generato e in corso di generazione. Tale indagine coinvolge circa 50 aziende.


Se ci fosse un nuovo referendum?

Nel 1987 l’Italia, in seguito ad un referendum abrogativo decise di dire stop al nucleare. In 37 anni l'opinione popolare sul tema si può dire cambiata. Secondo i dati raccolti dallo studio SWG, la popolazione appare suddivisa in tre categorie principali: il 26% ha manifestato un’opinione negativa indipendentemente dalle circostanze, il 20% ha esplicitato un punto di vista positivo indipendentemente dalle circostanze e il 54% ha espresso un parere favorevole nell’eventualità che il nucleare contribuisca ad una significativa riduzione dei costi energetici sulle bollette. In uno scenario ipotetico in cui vi sia una reale riduzione del 50% della bolletta elettrica, la percentuale di coloro che si dichiarano favorevoli sale al 68%. Percentuali che andrebbero a ribaltare il voto passato. Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto, è tornato sul tema spiegando come "sul fronte dell'energia ci sono le rinnovabili. Ma c'è anche il nucleare di nuova generazione. Al momento opportuno ci vorrà una valutazione sul tipo di nucleare da raggiungere nello spazio di 7-8 anni. Si tratta di una nuova opportunità di nucleare sicuro". Opportunità, che secondo il report EY potrebbe portare un valore aggiunto di 45 miliardi di euro e la creazione di 52.000 nuovi posti di lavoro a tempo pieno nel breve termine, solo associati alla fase di costruzione.


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Giorgia Pacione Di Bello