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Elezioni Europee 2019, i nostri partiti in che gruppi vanno?

Dai diffidenti ai sovranisti ecco gli 8 gruppi che comporranno il Parlamento Europeo e come si schierano i nostri partiti

Ultimi due giorni prima dell'apertura delle urne in 21 partner Ue (fra i quali, l'Italia), al via domenica 26 maggio alle ore 7. Nel frattempo, sono chiamati a votare gli elettori di altri sette paesi: giovedì 23 maggio tocca a olandesi e inglesi, venerdì 24 maggio agli irlandesi mentre, sabato 25 maggio, sarà la volta dei cittadini di Lettonia, Malta, Repubblica ceca e Slovacchia.

Gli exit poll diffusi da Amsterdam dopo il voto danno in lieve vantaggio i laburisti sui liberali del premier al governo Mark Rutte, mentre non ottengono il risultato sperato i populisti: insieme, il più "vecchio" Partito per la libertà di Geert Wilders (schierato nell'alleanza dei sovranisti con Matteo Salvini e Marine Le Pen) e il neonato Fvd del 36enne Thierry Baudet avrebbero portato a casa appena quattro seggi in tutto. Ma i primi risultati reali saranno resi noti solo alla chiusura di tutti i seggi, a partire dalle ore 23 di domenica.

Subito dopo, si potranno iniziare i primi ragionamenti sulla composizione e la maggioranza del nuovo Europarlamento. Tuttavia, alla vigilia delle europee, le intenzioni di voto lasciano molte incertezze e tutto è ancora aperto sulle possibili alleanze.

Va ricordato che, per costiture un gruppo politico, le regole sono essenzialmente due: gli eurodeputati si raggruppano in formazioni transnazionali secondo le rispettive affinità politiche e servono un minimo di 25 onorevoli eletti da almeno un quarto degli stati membri. Chi non raggiunge queste soglie confluisce fra i non iscritti.

Il Parlamento europeo uscente ha otto gruppi politici (vedi grafico sotto).


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Ma è escluso che, nella prossima legislatura, saranno riconfermati tutti con la composizione attuale.

Scontata la presenza dei sei gruppi tradizionali: Popolari (PPE), Socialisti (S&D), Liberali (ALDE), Verdi (The Greens/EFA), Sinistra unitaria europea (EUL/NGL) e Conservatori europei (ECR).

Più fluida la situazione di altre due grandi formazioni: l'Europa delle Nazioni e delle Libertà (ENF) che oggi riunisce Marine Le Pen e Matteo Salvini e l'Europa delle Libertà e della Democrazia Diretta, che raggruppa gli inglesi dell'Ukip (ora Brexit Party) di Nigel Farage e il Movimento 5 Stelle di Luigi Di Maio.

Come si distribuirebbero, dunque, i partiti nazionali? Le ipotesi, al momento, fanno profilare questo scenario (vedi mappa):

PPE: CDU e CSU (Germania) - OVP (Austria) - Partido Popular (Spagna) - Piattaforma Civica (Polonia) - Forza Italia (Italia).

S&D: Spd (Germania) - Psoe (Spagna) - Pasok (Grecia) - PD (Italia)

ALDE: Liberali di Guy Verhofstadt (Belgio) - Più Europa e Italia in Comune (Italia) - En Marche? (Francia) - Ciutadanos (Spagna)?

VERDI: Grunen (Germania) - Esquerra Republicana de Catalunya - Plaid Cymru/The Party of Walles (Regno Unito) -  Europa Verde (Italia)

SINISTRA EUROPEA: La Sinistra (Italia)

CONSERVATORI: Pis/Diritto e giustizia (Polonia) - Tory (Regno Unito) - New Flemish Alliance (Belgio) - Christian Union (Paesi Bassi) -  Finns Party (Finlandia) - Fratelli d'Italia (Italia)

INCERTI: Movimento 5 Stelle (Italia) - Tsipras (Grecia) - Podemos (Spagna) - En Marche (Francia) - Ciutadanos (Spagna)

L'incognita maggiore riguarda proprio i populisti. I sondaggi in aumento suggeriscono a tutti di attendere di avere i risultati in mano prima di stringere intese. Tanto più perché la formazione di ogni gruppo politico comporta l'assegnazione di una serie di «benefit» (incarichi, assistenti, finanziamenti per l'attività parlamentare).

Così, se è ormai sancita l'alleanza fra Giorgia Meloni di Fratelli d'Italia e il gruppo dei conservatori europei, gli altri schieramenti dialogano ancora.

Il Movimento 5 Stelle, dopo aver a lungo flirtato (senza successo) con i liberali di Verhofstadt e aver tentato un aggancio per coagulare partiti minori (Pirati e altro) si trova oggi in affanno: scegliere di formare di nuovo un gruppo con Nigel Farage (con il quale erano finora alleati a Strasburgo) rischiando, però, la fuoriuscita degli stessi al momento della Brexit? Oppure spostarsi a sinistra, verso il greco Tsipras e lo spagnolo Podemos?

L'altro enigma riguarda i sovranisti della Lega di Matteo Salvini, Rassemblement National di Marine Le Pen, Alternative fur Deutschland, Democratici Svedesi e spagnoli di Vox. Ai quali si aggiungono gli austriaci di FPO, in grosse difficoltà dopo lo scandalo Ibiza-gate che vede coinvolto in un caso di corruzione proprio il vicepremier Heinz- Christian Strache (costretto a dare le dimessosi dal governo). Qui la grossa incognita si chiama Viktor Orban: sospeso con il suo partito Fidesz dal PPE fino a dopo le elezioni, il premier ungherese ha già annunciato che non sosterrà più il candidato tedesco alla guida della Commissione europea Manfred Weber. Semplice contrattacco o preludio di un passaggio con i sovranisti? In caso di successo elettorale marcato, comunque, Orban potrebbe scegliere di unire le forze con gli altri partiti populisti e dar vita a un nuovo gruppo politico più esteso.

Oscilla anche En Marche di Emmanuel Macron che, stando ai sondaggi, dovrebbe poter contare fra i 21 e i 23 deputati. Una bella pattuglia. La principale soluzione sarebbe confluire con i liberali di Verhofstadt ma qualcuno insinua che nulla è ancora suggellato. L'alternativa che tenta il presidente francese, infatti, è costituire un gruppo autonomo nel quale sarebbe il suo movimento a fare da perno (e avere più peso), aggregando altri partiti. Ma, fino al prossimo lunedì mattina, tutto può succedere.

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Elezioni Europee: la storia politica, dal 1946 ad oggi

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