Sarà l’Unione Europea a salvare le aziende italiane?
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Sarà l’Unione Europea a salvare le aziende italiane?

Bruxelles apre una procedura d’infrazione contro l’Italia, per i mancati pagamenti da parte della pubblica amministrazione alle imprese. Una misura i cui effetti però potrebbero aversi solo sul lungo periodo

Le speranze delle aziende italiane di vedersi finalmente saldati i conti che vantano con le pubbliche amministrazioni sembrano essere state affidate totalmente all’Unione europea. Nonostante infatti i tanti annunci, da quelli del governo Monti a quelli dell’attuale esecutivo guidato da Letta sull’impegno a sanare una situazione debitoria stimata in circa 100 miliardi di euro, nella casse delle imprese sono arrivate finora soltanto briciole. Secondo alcune stime infatti non ammonterebbero a più di 14 miliardi di euro i pagamenti realmente effettuati dagli enti pubblici a favore delle aziende private, a fronte di fondi stanziati che attualmente sarebbero pari a circa 50 miliardi di euro.

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Una situazione di palese illegalità che ha spinto l’Unione europea ad avviare una procedura di infrazione contro l’Italia. Da Bruxelles infatti è partita una lettera in cui si contesta al nostro Paese appunto il mancato rispetto delle norme comunitarie che impongono il saldo dei pagamenti pubblici alle imprese in 30 giorni, che diventano 60 nell’ambito sanitario. Ora il nostro governo avrà 5 settimane per rispondere alle accuse, dopodiché scatterà la procedura formale di infrazione con la messa in mora del nostro Paese. Ma funzionerà davvero questo provvedimento per smuovere le acque e spingere le amministrazioni pubbliche a saldare i propri debiti?

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Guardando a quello che è accaduto nel passato si potrebbe essere ottimisti, ma solo sul lungo periodo. Attualmente infatti l’Italia è soggetta a qualcosa come 105 procedure di infrazione, per 52 delle quali è già scatta la messa in mora, che prelude ad una vera e propria sanzione. Il problema però di molte di queste procedure, la maggior parte delle quali riguarda temi ambientali, fiscali e dei trasporti, è la loro durata. Casi emblematici sono ad esempio due procedure che si sono chiuse proprio nelle settimane scorse. La prima,che ha avuto grande risonanza mediatica, è quella riguardante il deficit eccessivo del nostro Paese. Una procedura finalmente accantonata dai commissari di Bruxelles, ma che ha pesato sulle attività del nostro governo come una spada di Damocle per ben 4 anni. Tanto ci è voluto insomma per adeguarsi alle richieste dell’Unione europea e portare alla sospensione della procedura.

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Ancora più significativo quanto accaduto con un’altra procedura, chiusasi favorevolmente per il nostro Paese nel mese di ottobre dell’anno scorso. Riguardava il rispetto, in campo agricolo, delle norme sull’uso dei nitrati. Ebbene, non solo la procedura era stata aperta nel lontano 2006, ma le norme per il cui mancato rispetto l’Italia era stata messa sotto accusa, risalivano addirittura all’inizio degli Anni Novanta. La sensazione insomma è che spesso le procedure d’infrazione sono dei semplici atti formali, non a caso il nostro Paese ne fa collezione come abbiamo visto. Ma quand’anche sortiscono l’effetto di spingere i nostri governi ad adeguarsi, i tempi risultano a dir poco dilatati, e si conteggiano sempre nell’ordine degli anni. Un periodo davvero troppo lungo per imprese che oggi sono con l’acqua alla gola e che già fra qualche mese potrebbe essere costrette a gettare la spugna.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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