Crisi: le microimprese proletarie nate dalla disoccupazione
Economia

Crisi: le microimprese proletarie nate dalla disoccupazione

Parla Paolo Galimberti,  presidente dei Giovani di Confcommercio

Mentre il governo si distrae con la tassa sulle bevande gassate e il sushi certificato, nel Paese sono in corso movimenti di assestamento post-crisi.

Che vadano sostenute le nuove imprese, soprattutto quando a crearle sono i giovani, son tutti d’accordo. E il consiglio dei ministri di venerdì 31 dovrebbe finalmente varare il piano a sostegno delle startup preparato dalla task force di esperti ed esterni alla nomenklatura ministeriale voluta e sostenuta dal ministro Corrado Passera, che in quella stessa occasione dovrebbe finalmente vedere approvato almeno qualche pezzo dell’Agenda Digitale.

Intanto oggi, mercoledì 29, debutta la srl semplificata per gli under 35, contenuta in un decreto di inizio anno per rendere meno complicato e costoso l’avvio di una nuova attività. Non è certo uno strumento per business particolarmente ambiziosi (con un capitale sociale massimo di 10mila euro non vai tanto lontano…) ma semmai per sostenere quella galassia polverizzata di imprese individuali che sono il fenomeno sommerso che segna questo scorcio di 2012.

Mentre i ministri fanno brainstorming e le gimkane normative rallentano quel poco che è stato deciso, il Paese non sta certo fermo.

I giovani le startup le fanno lo stesso, nonostante tutto. Al massimo costituiscono la società all’estero… I meno intraprendenti e innovativi, cosi come i meno giovani, comunque ci provano. Gli ultimi dati Istat (relativi a maggio) dicono che la disoccupazione nell’ultimo anno è aumentata di quasi il 2%. Con il capitolo doloroso dei giovani: uno su tre è senza lavoro. Licenziati e disoccupati stanno diventando il motore di una microimprenditorialità ben fotografata da una recente indagine della Camera di Commercio di Monza e Brianza. A settembre in Italia ci saranno 5mila imprese in più, stima l’Ufficio Studi, ma saranno imprese “proletarie”, attive soprattutto nel terziario (dove le soglie di accesso sono più basse), nelle costruzioni e nel commercio.

"E’ una fotografia molto veritiera della realtà", commenta Paolo Galimberti, presidente dei Giovani di Confcommercio. "Diciamo che si fa di necessità virtù. Da tempo sono convinto che la crisi profonda che sta attraversando il nostro sistema economico spinge molti giovani a fare impresa non per scelta ma per crearsi quell’occupazione che il mercato non offre loro. E questo fa sì che nella maggior parte dei casi nascano imprese a basso valore aggiunto".
Lo confermano anche le attese contenute di questi nuovi imprenditori figli della crisi: si accontentano di guadagnare almeno 1500 euro al mese, rivela ancora l’indagine della Camera di Commercio di Monza.

Non mancano, però, gli imprenditori per vocazione (circa il 38%) e sono quelli necessari per rinnovare il tessuto produttivo italiano. "Non dimentichiamo che siamo un Paese di piccole e medie imprese", avverte Galimberti. "Se non ne nascono di nuove, il nostro motore si spegne". Ben vengano quindi i sostegni alle start up promessi dal governo. "Ma basta proclami", osserva Galimberti. "Mi sono stancato di commentare gli annunci. Li accolgo con un misto di titubanza e diffidenza ormai. Nel momento in cui ci saranno provvedimenti concreti, interverremo e saremo pronti a collaborare. Abbiamo incontrato Corrado Passera in giugno per portare il nostro contributo e avevamo già fissato un altro confronto a fine luglio. E’ stato rinviato per improcrastinabili impegni del ministro. Speriamo che in settembre la sua agenda permetta di andare avanti".

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Giovanni Iozzia

Ho lavorato in quotidiani, settimanali e mensili prevalentemente di area economica. Sono stato direttore di Capital (RcsEditore) dal 2002 al 2005, vicedirettore di Chi dal 2005 al 2009 e condirettore di PanoramaEcomomy, il settimanale economico del gruppo Mondadori, dal 2009 al maggio 2012. Attualmente scrivo su Panorama, panorama.it, Libero e Corriere delle Comunicazioni. E rifletto sulle magnifiche sorti progressive del giornalismo e dell’editoria diffusa.  

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