Apple, il boom dell'iPhone non basta più
Economia

Apple, il boom dell'iPhone non basta più

Sono 33,8 milioni i melafonini venduti in un trimestre, ma l'utile netto è in calo. Di nuovo

I numeri dicono già tanto: trionfo di fanfare per gli iPhone, che da luglio a settembre di quest’anno hanno venduto 33,8 milioni di pezzi, contro i 26,9 milioni dello stesso trimestre del 2012. Scricchiolii sul piano degli utili: 7,5 miliardi di dollari, in calo rispetto agli 8,2 miliardi del periodo di riferimento precedente. Settecento milioni di dollari lasciati per strada, non proprio briciole, che vanno ammucchiate assieme a un altro elemento poco confortante: è il terzo trimestre consecutivo che gli utili sono in calo, nonostante la crescita del fatturato complessivo (37,5 miliardi nel trimestre 2013 contro 36 nel 2013). E infatti in borsa il titolo, almeno in un primo momento, ne ha risentito.

Non è il caso di gridare al dramma, né di ipotizzare che il sole abbia smesso di splendere dalle parti di Cupertino, anche perché performance del genere sono un’utopia, un sogno, per la maggior parte delle aziende del mondo. Di hi-tech, dintorni e non solo. Ma che qualcosa non stia funzionando a dovere, è evidente. La società di Tim Cook, certo, ha buoni, anzi ottimi alibi da esibire: sia gli iPhone che gli iPad, nel periodo di riferimento, erano arrivati alla fine o comunque a una fase avanzata del loro ciclo di vita; l’annuncio del 5S e del 5C sono giunti in coda, troppo tardi per fare sul serio la differenza e riportare le cifre ad alta quota. E comunque, tante volte negli anni gli smartphone della mela morsicata hanno dimostrato di possedere muscoli portentosi e si sono trovati a tirare per buona parte la carretta.

Ecco perché un tantino stride ascoltare Tim Cook che butta acqua sul fuoco, dicendo che sarà «un Natale in chiave iPad». Sottolineando, tra le righe, che con l’Air e il nuovo mini con il display retina, l’azienda avrà una potenza di fuoco non indifferente per ribaltare quel segno negativo nel confronto con il 2012, almeno nella fetta di tempo che va da ottobre a dicembre. Gli analisti di Barclays Research hanno infatti stimato che i cellulari hanno contribuito per il 53 per cento sui guadagni della Apple nell’ultimo anno fiscale che si è appena concluso, contro il 19 per cento degli iPad. Un peso massimo contro un peso leggero o almeno medio. E il punto, il nodo, è tutto qui: è vero che gli iPhone hanno registrato prestazioni da record, ma non quanto sarebbe stato lecito aspettarsi.

L’indiziato numero uno non è il 5S, gioiellino di potenza e design, ma il 5C. Dai primi dati risulta che il 5S negli Stati Uniti abbia pesato per il 67 per cento nelle vendite; nel Regno Unito per il 71 per cento; in Cina, per l’83 per cento. Se ci si pensa un attimo, un enorme paradosso: il melafonino low cost (si fa per dire), pensato per mercati ad alto potenziale ma capacità di spesa più limitata come quello di Pechino, si è fermato all’ombra della Grande Muraglia al 17 per cento. Al punto che molti iniziano a parlare di flop e di un necessario cambio di rotta nelle strategie di Cupertino, soprattutto in vista dei prossimi lanci.

Tirando le somme: iPhone robusti ma non esplosivi; iPad minoritari, o almeno non così incisivi, anche alla luce di una concorrenza sempre più agguerrita; Mac in discesa: 4,6 milioni di pezzi venduti nel trimestre, rispetto ai 4,9 milioni dello stesso periodo dello scorso anno. Ci sarebbe poco, molto poco, da stare allegri. Eppure la Apple è in forte rinnovamento, cova al suo interno una piccola rivoluzione.

Prima di tutto ha messo a segno una dozzina abbondante di acquisizioni, che ampliano le sue prospettive e che comunque sono stata una voce nelle uscite, contribuendo ad abbassare gli utili. Ha lasciato intendere che sta lavorando ad altri progetti, dunque subito il pensiero è corso verso la sua tv e gli smartwatch, guardati con favore dagli analisti e attesi in maniera abbastanza trepidante dagli appassionati del marchio, almeno da quelli che vorrebbero una mela morsicata persino su un forno a microonde. A ciò si aggiunga la rinnovata linea dei MacBook Pro, con ampia dotazione di software gratuito di serie e taglio dei prezzi della configurazione di partenza, che farà proseliti; gli stessi Mac Pro, disponibili da dicembre: dedicati a una nicchia, comunque dall’alto potenziale di profitti. Se nel calderone buttiamo dentro gli iPad Air e i mini, più il 5S e il 5C che colonizzeranno i mercati da cui al lancio, per ragioni a metà tra la strategia e la logistica, erano stati tenuti fuori (Italia inclusa), ci sono sensate possibilità di rivedere dal prossimo trimestre gli utili in crescita.

Certo, la scommessa vera non è un’inversione di tendenza nel breve periodo, ma la tenuta. La solidità. Se c’è una grande evidenza scritta negli ultimi conti presentati da Tim Cook, è che la Apple deve scommettere sul futuro, sul suo futuro. Che deve innovare sul serio, portare al battesimo sul mercato quei prodotti inediti, o rivisti alla sua maniera, che chiaramente cova da tempo nelle segrete stanze di Cupertino. Un iPhone 6 con lo schermo più grande, da solo, non basterà più.

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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