Caso De Girolamo: a Benevento scandali, massoni e il pool «Asl pulite»
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Caso De Girolamo: a Benevento scandali, massoni e il pool «Asl pulite»

Esclusivo: parla Giovanni Tartaglia Polcini, titolare dell’inchiesta sulla sanità nel Sannio. E mentre la città, stordita, si scopre fragile, avanza prepotente l’ipotesi di una nuova tangentopoli

«Qui dolcetti buonissimi!». Il bar dell’ospedale Fatebenefratelli si presenta così: con una lavagnetta anni Ottanta che annuncia prelibatezze assortite. Poi entri e dagli Ottanta retrocedi ai Settanta. Si notano liquori di epoche lontane, un paio di sgabelli d’antan, soprattutto il bancone di finta radica di noce dipinto con il rosso pompeiano. La sensazione, netta, è che gli affari ballino tra lo scarso e il relativo. All’ora del the il locale è deserto, triste pure nei volti della barista proveniente dall’est europeo, del tizio mingherlino vestito con una tuta ginnica di raso e del cassiere dalla fattezze robuste. Stanno parlando del Napoli calcio: «Pensatela come volete voi, ma per me Cavani è troppo forte». Scusi, lei per caso è lo zio di Nunzia De Girolamo, quello per il quale la ministra si è inguaiata la vita? Seguono un breve silenzio, il viso alterato e una frase chiara: «Di certe stronzate non parlo, voglio stare tranquillo, arrivederci».

Eppure, di tutto il bailamme provocato dal «Sanniogate», l’inchiesta sulla sanità locale - più delle registrazioni nascoste, più delle chiacchiere per annullare la multa a un caseificio, più dell’appalto milionario per il 118 - è proprio il baretto del Fatebenefratelli quello maggiormente finito sulla bocca della città, amareggiandola.

Benevento, città delle Streghe, possiede la grandeur di una capitale, ostenta un chiaro complesso di superiorità e rivendica la sua diversità dal Sud in genere e da Napoli in particolare. Ora quei «dolcetti buonissimi», insieme alle battute di Maurizio Crozza («Ma Benevento ha dato alla politica la De Girolamo e Mastella. Non sarebbe bene una politica sulle nascite?») hanno offeso lo spirito comune. Perciò, per il popolo sannita, «Nunzia» (qui tutti la chiamano così, nessuno escluso) è già colpevole, perlomeno del reato di «leggerezza».

«Credevamo di esserci lasciati alle spalle queste miserie» denuncia Fabrizio D’Aloia, amministratore delegato di Microgame, imprenditore assai in vista «invece al peggio non c’è mai limite». Già, perché i beneventani volano sempre alto. Persino nelle marachelle.

Lo storico Francesco Morante ricorda la vicenda di Vincenzo Maria Orsini, uomo di preghiera, eletto papa nel 1724 con il nome di Benedetto XIII. A Roma, per sbrigare le pratiche correnti, «portò con sé il cardinale Niccolò Coscia», che si arricchì fomentando a Roma quella che la Treccani definisce «la cosca dei beneventani» salvo poi essere condannato a dieci anni «per concussione, estorsione, falsificazione e violazione della fiducia papale». Roba seria, mica lo spaccio (presunto) abusivo di caffè, cornetti e cappuccini.

Ciononostante, sul coinvolgimento di «Nunzia» i beneventani sono divisi. Scoprirlo è agevole, da giorni si parla soltanto di questo - oltre che, appunto, del calcio. Basta sorseggiare un aperitivo alla «Caffetteria Strega», cenare al «Dionisio», infilarsi nella movida dei vicoli che costeggiano corso Garibaldi, il salotto buono (e lussuoso) della città. Nella minuscola «Drogheria Frittole» si assiepa la crema dei trenta-quarantenni borghesi e post-aristocratici: «La devono arrestare»; «Non possono, è deputata. Però che delusione, è giovane, doveva cambiare le cose ma si comporta come Clemente Mastella». «Ma no, non ha fatto niente di penalmente rilevante, si è solo trovata in una cosa più grande di lei». Sfumature a parte, il concetto ricorrente e condiviso è il seguente: «Se Nunzia è ministro, io come minimo posso fare il presidente degli Stati Uniti».

Conta l’invidia sociale, probabilmente. Ma anche lo scarso radicamento sul territorio. In fondo, in municipio De Girolamo può contare su un solo consigliere comunale a lei fedelissimo (per ora: con questi chiari di luna, chissà…). E poi l’unica volta in cui si è candidata ha ottenuto appena 176 preferenze, arrivando al sesto posto tra i non eletti. È con questa frustrazione latente, dipendente dall’assenza di consenso, che forse si spiega la frase più devastante tra quelle rubatele dal dirigente sanitario Felice Pisapia, il grande accusatore della ministra: «Al Fatebenefratelli facciamo capire che un minimo di comando ce l’abbiamo. Altrimenti mi creano coppetielli con questa storia. Mandagli i controlli e vaffanculo!... ‘Sti stronzi! Stronzi!».

Detto che «creare i coppetielli» sta per «ridicolizzare», è evidente che De Girolamo non usa un linguaggio da Accademia della Crusca. In un luogo, Benevento, fin troppo elegante, sul quale pesa culturalmente la visione altezzosa della massoneria. Voci di popolo (e di blog) quantificano addirittura in duemila gli iscritti alle consorterie, un’enormità in una città di appena 60 mila abitanti. Ma certezze non ve ne sono tranne per «gli archivi storici, le epigrafi, taluni simboli sparsi nel centro storico che rivelano come la nostra sia stata una città prima templare e poi massonica», spiega il ricercatore indipendente Carmine Pucillo. Mentre il pubblico ministero Antonio Clemente, ormai di stanza a Roma, ricorda di aver smascherato nel 2007, non un secolo fa, gli sporchi affari di un pezzo della «loggia colonna Traiana» ottenendo nel 2010 «la condanna, tra gli altri, del suo maestro, Giuseppe Tanga, un insospettabile funzionario Enel, membro del Rotary cittadino».

Eleganza e altezzosità. È naturale, quindi, che l’oratoria grossolana venga giudicata come una colpa grave. In città nessuno, tra quelli che contano davvero, si è finora schierato pubblicamente al fianco di De Girolamo. A maggior ragione nella polemica che la vede contrapposta al leader locale del Partito democratico, il deputato Umberto Del Basso De Caro, additato dalla ministra come burattinaio di un complotto mediatico-giudiziario. Conta l’eccesso verbale esibito dinanzi a un principe del foro, questo De Caro, che viceversa fa della conversazione colta la sua ragione di vita. Tra citazioni greche e latine, il deputato esprime a Panorama il seguente concetto: «Mai stato un contendente della giovine signora di cui mi chiede. Tuttavia rammento zuffe verbali e sfide al calor bianco tra la suddetta giovine e il fu sottosegretario, già sindaco e senatore Pasquale Viespoli».

Ora le cose vanno meglio, ché Graziana, la sorella di Nunzia, si è fidanzata con Antonio, il figlio di Viespoli. Ma un episodio è rimasto nella storia minima locale. Correva l’ottobre 2010 quando sul solito corso Garibaldi «Nunzia» incrociò «Pasquale», in quel tempo potente coordinatore della finiana Futuro e libertà, e il suo braccio destro Nicola Boccalone. Pare che l’allora deputata battezzò parolacce mai ascoltate prima a questa latitudine. E che la scorta di Viespoli dovette trattenerla a stento per evitare che si arrivasse allo scontro fisico. Al confronto, il recente sms inviato a Mastella («Sei una merda») pare poca cosa.

A proposito, il «Clemente nazionale» cosa dice? Ha novità? «Basta, di questa vicenda non parlo più» risponde seccato «voglio soltanto sottolineare che Benevento è una bella città abitata da belle persone. Ma le dimensioni non aiutano. A Milano, una cosa così, non avrebbe fatto né caldo né freddo».

Chi non ha alcuna intenzione di smettere di sfottere è invece il creativo Valentino Soreca, alias «Penna insolente», che su Facebook spopola con i suoi falsi fotoromanzi su «Nunziatina». Ma l’opinione più severa sul Sanniogate appartiene a Rosaria Pisaniello, imprenditrice coraggiosa, capace di denunciare e far condannare i vari estorsori (politici, tecnici, criminali comuni e organizzati) che le si sono presentati lungo il cammino della sua vita professionale. Da responsabile del «Sindacato ditte appaltatrici dello Stato», organizza da sei anni le «Giornate anti-racket». Dice ora: «Nel Sannio si passa da uno scandalo all’altro. Uno lavora tanto per cercare di affermare il principio di legalità, ma alla fine arriva sempre una nuova mazzata a spezzare le gambe a te e a un’idea di futuro per i ragazzi. Sono furibonda».

A sollecitare indagini più accurate è indirettamente Flavio Cusani, il Giudice per le indagini preliminari, peraltro solitamente tacciato di eccessivo garantismo, il quale - nell’ordinanza che conferma l’obbligo di dimora di Pisapia, accusato di peculato e truffa - sostiene esplicitamente che esisteva un “ristretto direttorio politico-partitico” che ha gestito la Asl di Benevento». Ogni riferimento al politico del direttorio è puramente voluto.

La furia di Pisaniello e Cusani esalta i dubbi della città. Per ora De Girolamo non risulta indagata, nemmeno per abuso d’ufficio, e molti si chiedono come sia tecnicamente possibile. Il procuratore capo Giuseppe Maddalena e il sostituto titolare dell’inchiesta, Giovanni Tartaglia Polcini, stanno infatti procedendo con i piedi di piombo, consapevoli di esporsi a qualche critica per la grande cautela, dovuta - secondo i maligni - a una loro presunta vicinanza al potere politico. Di sicuro i due sono i magistrati meno loquaci d’Italia.

«Non una sola dichiarazione è uscita dalla loro bocca, né una carta sulle indagini: soltanto brevi comunicati stampa. Sono rigorosissimi» racconta Vincenzo Spiezia, il più bravo tra i cronisti di giudiziaria a Benevento. Poi però capita di incontrare Tartaglia e di riuscire persino a ottenere qualche frase sul contesto generale nel quale la procura sta operando. Parole che sembrano escludere qualsiasi forma di tolleranza implicita verso la politica.

«La sanità è la più grande industria italiana, girano troppi soldi, che ormai creano di fatto le maggiori aziende nazionali» esordisce Tartaglia. Per intenderci: il solo fabbisogno certificato dalla Asl di Benevento è di 318 milioni di euro. Perciò, continua il sostituto procuratore, «è automatico che la politica, a partire dal livello locale, voglia contare nella distribuzione di questo tesoretto, approfittando di un sistema di regole confuse, che facilitano l’arricchimento di alcune imprese a danno di altre».

Non a caso, Tartaglia sta vivisezionando circa 20 mila mandati di pagamento emessi tra il gennaio 2011 e il giugno 2012, corrispondenti a circa 445 milioni di euro. Parallelamente sta ascoltando imprenditori e professionisti solitamente soccombenti nelle gare d’appalto, pur avendo titoli e requisiti. Le domande dei colloqui si possono soltanto immaginare: «Avete subito richieste da parte di questo o quel politico?»; «Vi siete accorti di irregolarità palesi?»; «Qualcuno vi ha intimidito, e chi?».

Va da sé che quello degli inquirenti è un lavoro immane. Al punto di indurre la Procura a costituire il pool «Asl pulite» affiancando al titolare dell’inchiesta altre due pm esperte di cose sanitarie, Nicoletta Giammarino e Flavia Felaco. Pare inoltre che qualcuno stia cominciando a sfogarsi e denunciare nefendezze sulla sanità campana come su quella di altre regioni.

Tremate, insomma, perché le streghe di tangentopoli son tornate. E arrivano direttamente da Benevento. Con il loro carico di «dolcetti buonissimi».

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Carlo Puca