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(Ansa)
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Washington e Ankara litigano sui rifugiati afghani

La Turchia teme la pressione migratoria dall'Afghanistan. E si profilano indirettamente rischi anche per l'Unione europea

Il dossier afghano sta iniziando a creare serie turbolenze tra Stati Uniti e Turchia. Lo scorso 3 agosto, Ankara ha criticato Washington per il suo piano di ricollocamento dei rifugiati afghani: rifugiati che rischiano di subire violenze e ritorsioni da parte dei talebani, per i loro legami con le truppe statunitensi. Ricordiamo che il fronte talebano stia da settimane avanzando a passo spedito nella conquista territoriale del Paese, mettendo il fragile governo di Kabul in crescente difficoltà. E' quindi in questo complicato contesto che, lo scorso 2 agosto, il Dipartimento di Stato americano aveva annunciato un programma, in base a cui alcune migliaia di afghani avranno la possibilità di reinsediarsi come rifugiati negli Stati Uniti. In particolare, ha spiegato Reuters, "gli afghani coinvolti nel programma dovrebbero raggiungere autonomamente un Paese terzo, dove aspetteranno dai 12 ai 14 mesi per l'elaborazione della loro domanda".

E' quindi in tal senso che Foggy Bottom ha citato tra i Paesi potenzialmente ospitanti la Turchia, sostenendo che i flussi potrebbero raggiungerla passando attraverso l'Iran. Una presa di posizione che è stata tuttavia nettamente respinta da Ankara. Il ministero degli Esteri turco ha infatti duramente criticato la proposta statunitense. "Come Turchia, non accettiamo la decisione irresponsabile presa dagli Stati Uniti senza consultare il nostro Paese. Se gli Stati Uniti vogliono portare queste persone nel loro Paese, è possibile trasferirle direttamente nel loro Paese in aereo", ha affermato il ministero in un comunicato. "Nessuno dovrebbe aspettarsi che la nazione turca sopporti il peso delle crisi migratorie vissute a seguito delle decisioni dei Paesi terzi nella nostra regione", ha aggiunto. A rincarare la dose è stato, lo scorso 4 agosto, il direttore della comunicazione del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, Fahrettin Altun. "La Turchia non funge e non servirà come sala d'attesa di nessun Paese", ha dichiarato a Bloomberg News. "Continueremo a fare tutto ciò che è in nostro potere per preservare la sicurezza dei nostri confini", ha aggiunto.

La tensione, insomma, sta salendo. Quello migratorio è d'altronde per Ankara un dossier particolarmente spinoso. Ricordiamo che la Turchia ospiti già quasi quattro milioni di rifugiati e che – nonostante i fondi economici garantitile dall'Unione europea a partire dal 2016 – questa situazione abbia avuto degli impatti socioeconomici particolarmente problematici per il Paese nel corso degli ultimi anni. L'arrivo di ulteriori flussi migratori rischia quindi di mettere Ankara ulteriormente sotto pressione, destabilizzando la Turchia e determinando un pericolo indiretto per la stessa Unione europea. Se il peso migratorio dovesse infatti aumentare sensibilmente, Ankara potrebbe alla fine decidere di risolvere la questione scaricandolo sull'Europa Occidentale. D'altronde – come riferito di recente da Voice of America – nelle ultime settimane, alcune centinaia di migranti afghani hanno cominciato a raggiungere i confini turchi: una circostanza che preoccupa Ankara e che farà prevedibilmente salire le tensioni con Teheran, visto che l'Iran (confinante con l'Afghanistan) non accetta questi migranti e li spinge a dirigersi proprio in Turchia. Una Turchia che vede quindi avvicinarsi una situazione particolarmente problematica. E, in tutto questo, la strategia afghana di Erdogan rischia sempre più di rivelarsi un pericoloso azzardo.

Ricordiamo infatti che il presidente turco si sia offerto per mettere in sicurezza l'aeroporto internazionale di Kabul dopo il ritiro delle truppe americane (che dovrebbe essere completato entro la fine di questo mese). Una mossa che il Sultano ha attuato per varie ragioni: incrementare la propria influenza geopolitica sull'Afghanistan, accrescere il prestigio turco nella Nato e migliorare le relazioni con gli Stati Uniti. Ora, se questa scommessa sulla carta può avere un senso, i rischi dietro l'angolo non sono comunque pochi. A metà luglio i talebani hanno assunto dei toni abbastanza minacciosi verso i turchi, mentre la questione dei rifugiati – lo abbiamo visto – sta incrinando nuovamente i rapporti tra Ankara e Washington. Insomma, la stabilizzazione dell'Afghanistan continua ad essere un miraggio, mentre una nuova bomba migratoria rischia di esplodere per la Turchia: con conseguenze particolarmente drammatiche per la stessa Unione europea.

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Stefano Graziosi