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(Ansa)
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I Talebani hanno già troppe armi

Talebani ora possono contare su quelle delle forze regolari afghane, tra cui automezzi, aeroplani, elicotteri e artiglieria. Che però, per essere usati, hanno bisogno di tecnici e istruttori che Kabul potrebbe trovare in Pakistan, Cina e Russia. Ma anche in al-Qaeda

Da venerdì 13 agosto con l'occupazione da parte dei talebani dell'aeroporto di Kandahar, sui social hanno cominciato ad apparire foto che mostravano i combattenti in posa davanti a elicotteri Black Hawk di costruzione americana e Mi-17 di provenienza russa. Lo tesso è avvenuto a Mazar-i-Sharif nel fine settimana di ferragosto, dove i soggetti delle immagini erano invece un aeroplano d'attacco brasiliano Embreaer A-29 Super Tucano e un elicottero Md-530. Dunque la questione delle armi e dei mezzi potenzialmente offensivi in mano ai Talebani si complica e non riguarda più soltanto le dotazioni dell'esercito regolare, ora sotto il controllo del califfato, ma anche su quanti altri mezzi possa contare il nuovo regime peraltro già ben armato, su come i piloti addestrati opereranno sotto il nuovo comando e quanta expertise i talebani riusciranno a mettere in pratica sui mezzi abbandonati dalle forze occidentali.

Alla fine del mese di giugno l'aviazione afghana possedeva in totale 211 velivoli dei quali 167, tra aerei ed elicotteri, erano efficienti e disponibili. Finora il Dipartimento della Difesa Usa non ha confermato quanti di quegli aerei siano stati catturati dai talebani, quanti siano utilizzabili e quanti siano stati trasportati dai piloti dell'aeronautica afghana in ritirata nei paesi vicini. E neppure se gli Usa intendano neutralizzare quelli ritenuti pericolosi mediante azioni mirate. Più dei velivoli e degli elicotteri, sui quali è necessaria competenza sia per il pilotaggio, sia per l'aggiornamento e la manutenzione, la preoccupazione maggiore riguarda alcune centinaia di mezzi terrestri Humvee, sui pezzi di artiglieria e su altre attrezzature, specialmente di comunicazione. L'uso di tali dotazioni da parte delle forze del califfato consentirebbe ai talebani di guadagnare potenzialità offensiva e questo naturalmente preoccupa Washington come tutta la Nato. Dunque durante il completamento della ritirata le forze Usa dovrebbero riuscire a neutralizzare i mezzi che non intendono trasportare e lo stesso avrebbero dovuto fare le forze speciali afghane, ma la rapidità della conquista lo ha di fatto impedito e ora nulla di preciso è dato sapere sullo stato di quegli armamenti, che saranno oggetto di studio da parte degli analisti attraverso le foto satellitari. Ed è facile pensare che una volta che ogni militare occidentale e collaboratore afghano sarà stato messo al sicuro oltre confine, probabilmente scatteranno operazioni di sabotaggio.

A preoccupare sono i 23 aeromobili d'attacco A-29 Super Tucano sia perché i piloti addestrati a usarli sono molti, sia per la relativa semplicità di pilotaggio e perché la società americana Sierra Navada (legata alla Difesa Usa), li ha ottimizzati per l'attacco al suolo ravvicinato in ambiente ostile. Non si tratta quindi di tecnologia all'avanguardia, ma di qualcosa di disponibile e subito efficace in un territorio dove altri velivoli non possono essere così efficaci. Oltre a questi si deve pensare ai 33 velivoli da attacco al suolo basati sul modello civile Cessna Caravan perché semplici da armare e molto facili da pilotare. Meno, invece, preoccupano i quattro cargo C-130, poiché lenti e difficilmente occultabili, seppure in grado di trasportare grandi carichi per notevoli distanze. In questo caso è plausibile pensare che saranno usati dagli esponenti del Califfato per le prime missioni diplomatiche.

Di fatto una delle preoccupazioni dell'occidente dovrebbe riguardare le capacità effettive di chi ha messo le mani sui mitragliatori come su velivoli ed elicotteri, e contro chi queste armi potrebbero essere utilizzate. Ma anche la possibilità che russi e cinesi possano facilmente analizzare gli elicotteri Black-Hawk e soprattutto gli apparati elettronici presenti a bordo.

Se invece i talebani volessero attivare la loro difesa nazionale come l'occidente la stava rendendo operativa, l'ostacolo da superare saranno i costi da affrontare, l'esperienza da maturare, la logistica e i ricambi necessari. In questo caso il pericolo saranno i contractors internazionali disposti a essere assunti dai talebani e i contrabbandieri di armi. E' infatti moto che a saper usare le armi occidentali in modo efficace sono purtroppo i miliziani che hanno avuto più possibilità di essere addestrati da parte di miliziani componenti di al-Qaeda, i quali possono contare su istruttori mercenari presenti in Africa, Pakistan ed Est europeo.

Qualche pilota fedele alle forze governative, poco prima della caduta di Kabul, sarebbe comunque riuscito a scappare: domenica notte tre velivoli dell'aeronautica afghana e due elicotteri che trasportavano in tutto 143 soldati sono atterrati in Tagikistan dopo aver ricevuto il permesso di ingresso nello spazio aereo dalle autorità del Paese, almeno secondo quanto riportato dal New York Times. Altri piloti dell'aviazione afghana hanno cercato rifugio in Uzbekistan, anche se non è chiaro quanti aerei e personale siano effettivamente riusciti a scappare.

Il giorno successivo a questi eventi, lunedì 16 agosto, la diplomazia dell'Uzbekistan ha confermato quanto aveva annunciato l'agenzia di stampa Podrobno, ovvero che 22 aerei militari non specificati e 24 elicotteri con a bordo un totale di 585 militari sono atterrati in territorio uzbeko. La stessa fonte ha anche affermato che altri tre aerei d'attacco A-29 hanno chiesto il permesso di atterrare il 15 agosto e hanno ricevuto la scorta dei MiG-29 dell'aviazione di Tashkent, ma anche che uno dei MiG-29 e uno A-29 si sarebbero scontrati in volo, con i piloti di entrambi i velivoli che si sarebbero salvati eiettandosi. Ma la sera del 16 agosto, forse temendo una ripercussione o la richiesta di restituzione da parte di Kabul, la diplomazia uzbeka ha ritrattato la dichiarazione senza fornire altre infomazioni su quanti mezzi aerei e militari afghani siano oggi sfollati oltre confine.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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