taiwan
(Ansa)
Dal Mondo

Taiwan verso le elezioni, tra falchi e colombe (armate fino ai denti)

A gennaio si vota con uno sguardo rivolto alle minacce cinesi

La campagna elettorale di Taiwan entra nel vivo. A qualche mese dalle elezioni, che si terranno a gennaio, tra i candidati alla presidenza c'è l'ex dirigente di polizia Hou Yu-ih, il quale durante un comizio ha dichiarato che qualora fosse eletto vorrebbe iniziare colloqui con la Cina. Ex agente di strada, il 66enne taiwanese ha scalato tutta la gerarchia fino a diventare massimo funzionario delle forze dell'ordine dell'isola e presenta la sua carriera come garanzia di serietà e vicinanza al popolo in vista del voto, comunicando l'idea che la sua dimostrata capacità di gestire situazioni ad alto rischio lo rende il candidato migliore per gestire uno dei punti caldi geopolitici più pericolosi del mondo. “Ho partecipato a innumerevoli scontri a fuoco e sono sempre stato in prima linea”, ha detto Hou durante un'intervista a New York sabato scorso, “affrontare gli avversari in una situazione di ostaggi ti insegna che, indipendentemente che tu sia in attacco o in difesa, bisogna anche impegnarsi nel dialogo e nei negoziati”. Un sondaggio condotto dall'emittente televisiva Tvbs in agosto collocava Hou, candidato del Kuomintang all'opposizione, al terzo posto con il 19% dei consensi. Lai Ching-te, il candidato del Partito democratico progressista al governo, era in testa con il 30%, seguito dal miliardario Ko Wen-je, che si candida come leader di un partito da lui fondato nel 2019. Fondatore del gruppo Foxconn Terry Gou, fu sconfitto da Hou per la nomination alla guida del Kuomintang e ora si candida come esponente indipendente piazzandosi al quarto posto nei sondaggi.

Oltre a mostrare il suo sangue freddo sotto pressione, Hou sostiene di essere in grado di aprire linee di comunicazione con Pechino, cosa che l'attuale presidente Tsai Ing-wen non è stata in grado di fare. Secondo Hou il dialogo renderebbe Taiwan più sicura riducendo il rischio di incomprensioni e migliorerebbe anche i legami commerciali con il principale partner commerciale dell'isola.

Il principale ostacolo al dialogo negli ultimi otto anni è stato l’accordo tra le due parti noto come “Consenso del 92”, che sostanzialmente afferma che Taiwan è parte della Cina. Pechino ha insistito sul fatto che l'attuale presidente voglia spingere l'attuale vice Lai, che non avrebbe intenzioni di riaprire un dialogo con Pechino.

Alla domanda postagli a New York, se vedesse qualche valore nel trattato del “Consenso del 92”, Hou ha risposto: “La mia responsabilità sarebbe quella di proteggere la vita di 23 milioni di persone e di garantire la prosperità sostenibile di questa terra.” Pochi giorni dopo quell’intervista Hou aveva pubblicato un articolo sulla rivista Foreign Affairs in cui affermava il suo sostegno all’intesa. “Sostengo il Consenso del 1992, l'approccio al dialogo tra le due sponde dello Stretto concordato dai funzionari taiwanesi e dalle controparti del continente”, ha scritto.

Il rapporto con la Cina è la questione principale che gli elettori di Taiwan devono affrontare. Pechino, che considera l’isola parte del suo territorio, si è impegnata a prendere il controllo di Taiwan, se necessario con la forza. Dato che gli Stati Uniti sono stati a lungo il garante della sicurezza dell’isola, ciò ha alimentato le preoccupazioni su un potenziale conflitto militare tra le più grandi economie del mondo. Oltre al dialogo, Hou ha anche sottolineato che cercherà di rafforzare le capacità militari di Taiwan aumentando la spesa per la difesa a oltre il 2,5% del prodotto interno lordo. Ha detto di essere aperto ad un aumento della spesa fino al 3% o più del Pil, anche se ha sottolineato la necessità di spendere saggiamente a causa della disparità nei bilanci militari tra Taiwan e Cina. “Non importa come cambia la terraferma, dobbiamo essere preparati e dobbiamo avere forza”, ha detto Hou, “l'Arte della guerra di Sun Tzu dice: non fare affidamento sul fatto che il nemico non arrivi, confida che io sia pronto ad aspettarlo.”

Ma mentre Hou era negli Usa per incontrare membri del Congresso degli Stati Uniti, nonché funzionari del Dipartimento di Stato e della sicurezza nazionale, l'Esercito popolare di liberazione cinese inviava 103 aerei da guerra e nove navi nelle vicinanze di Taiwan, poiché le missioni diplomatiche dei taiwanesi a Washington hanno coinciso con le visite a Taipei del sottosegretario al Commercio americano Laurie Locascio e dei governatori dell’Arizona e del Nuovo Messico, scatenando la protesta di Pechino. Dunque lo stato attuale dei legami tra le due sponde dello Stretto di Taiwan è molto diverso da quello di otto anni fa, durante gli ultimi giorni del mandato del presidente Ma Ying-jeou, che si era recato a Singapore nel novembre 2015 per uno storico incontro faccia a faccia con il presidente cinese Xi Jinping. Ma da allora c’è stata una guerra commerciale tra Usa e Cina, una pandemia, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e una serie di sanzioni americane che hanno interrotto l’accesso di Pechino ai semiconduttori avanzati.

Alla domanda se avrebbe cercato un incontro con Xi come aveva fatto Ma, Hou ha minimizzato la possibilità. “Ciò di cui c’è più bisogno adesso”, ha detto, “è la stabilità nella relazione. Per fare ciò, Taiwan deve prima migliorare le proprie capacità di difesa e poi cercare il dialogo con Pechino. La situazione a quel tempo era completamente diversa da come sono adesso e in questa fase Taiwan si trova ad affrontare pressioni costanti, e sarebbe facile innescare accidentalmente una guerra per la quale dobbiamo essere pronti”.

TUTTE LE NEWS DAL MONDO

I più letti

avatar-icon

Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

Read More