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(Ansa)
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La strategia di Biden per l'impeachment? Mettere sotto pressione i giornalisti

Secondo Cnn, la Casa Bianca sarebbe pronta a inviare lettere alle principali testate giornalistiche americane per cercare di pilotare la narrazione mediatica sull'eventuale impeachment

La messa in stato d’accusa di Joe Biden si fa sempre più concreta, dopo che martedì lo Speaker della Camera, Kevin McCarthy, ha annunciato l’avvio formale di un’indagine per impeachment contro di lui. Per il momento, la Casa Bianca non sembra aver trovato molto di meglio da fare che cercare di mettere sotto pressione i giornalisti. Secondo quanto anticipato dalla Cnn, il portavoce dell’ufficio legale della stessa Casa Bianca, Ian Sams, starebbe per inviare delle lettere alle maggiori testate giornalistiche statunitensi affinché “intensifichino il controllo sui repubblicani della Camera per aver aperto un'inchiesta di impeachment basata su delle bugie”.

“Coprire giornalisticamente l’impeachment come un articolo su quello che accade (“process story”, ndr) – i repubblicani dicono X, ma la Casa Bianca dice Y – è un disservizio per il pubblico americano che fa affidamento sulla stampa indipendente per ritenere responsabili coloro che detengono il potere”, sostiene Sams nella sua missiva. “E nel moderno ambiente mediatico, dove ogni giorno bugiardi e imbonitori diffondono disinformazione e bugie ovunque, da Facebook a Fox, articoli che non riescono a svelare l’illegittimità delle affermazioni, su cui i repubblicani della Camera basano tutte le loro azioni, servono solo a generare confusione”, si legge ancora.

Ora, la Casa Bianca ha ovviamente tutto il diritto di cercare di smentire le accuse che i deputati repubblicani muovono contro il presidente. Tuttavia da questa lettera emerge chiaramente il tentativo di mettere sotto pressione i media, per spingerli a privilegiare la versione di Biden. Ci chiediamo: è normale, in una democrazia liberale, che un leader istituzionale tenti di intimidire le testate giornalistiche del suo Paese, cercando di promuovere unilateralmente le proprie posizioni a livello mediatico? Ci immaginiamo quale reazione sarebbe scoppiata se fosse stata l’amministrazione Trump a inviare una simile lettera ai principali giornali e network televisivi d’Oltreatlantico? La Casa Bianca non può né imporre né soltanto suggerire ai media di considerare automaticamente delle “bugie” le accuse mosse dai repubblicani. Sono semmai i media che devono scoprire le bugie eventualmente presenti nelle due versioni contrastanti.

E dire che Biden non potrebbe proprio lamentarsi di aver avuto un trattamento mediatico ostile in passato. Durante le ultime settimane della campagna presidenziale del 2020, lo scoop del New York Post che rischiava di metterlo in imbarazzo fu censurato dalle piattaforme social e ignorato dai grandi media. Soltanto nel 2022 il New York Times e il Washington Post hanno ammesso l’esistenza del famigerato laptop di suo figlio, Hunter. Non solo. Lo scoop del New York Post fu falsamente accusato di essere il frutto di disinformazione russa da una lettera di oltre 50 ex funzionari dell’intelligence: ebbene quella lettera, che fu significativamente enfatizzata dall’establishment mediatico statunitense, era stata “imbeccata” dal team elettorale dello stesso Biden. A rivelarlo è stato, alcuni mesi fa, un ex funzionario della Cia in audizione alla Camera dei rappresentanti. Sempre nel 2020, il New York Times impiegò ben 19 giorni prima di dare la notizia che una donna, Tara Reade, sosteneva di aver subito una violenza sessuale dall’attuale presidente nel 1993. Che dire? I dem sono ormai abituati da anni ad avere a che fare con una stampa in gran parte compiacente. Ma a loro non basta. E adesso passano addirittura a comportamenti che puzzano vagamente di intimidazione.

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Stefano Graziosi