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(Ansa)
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«La guerra Putin la perderà, ci saranno migliaia di morti. Che senso ha?»

Una fonte vicina al governo di Kiev racconta i pensieri dei vertici dell'Ucraina; dalla Nato che non soddisfa all’attacco hacker russo in corso da settimane. Dall’esercito di partigiani al ruolo di Washington

«La guerra Putin la perderà, ci saranno migliaia di morti. Che senso ha?»

La Nato che non soddisfa. L’attacco hacker russo. L’esercito di partigiani e il ruolo di Washington. Ecco cosa pensa il governo di Kiev, che ha già scelto da che parte schierarsi per il futuro.

Di Luciano Tirinnanzi

«Ti chiamo nella prima pausa di lavoro che ho trovato. Come immaginerai, siamo molto occupati in queste settimane… Oggi però è stato un buon giorno. Era la festa del popolo, i bambini erano vestiti a festa e hanno sfilato sorridenti nelle strade con le bandiere al vento e i festoni sui palazzi. Una celebrazione molto sentita e apprezzata dalla gente, voluta anche dagli americani, che qui sono molto attivi e con cui abbiamo condiviso questo giorno». Insomma, pare di capire che non tutti gli stranieri hanno evacuato il Paese. «C’è bisogno dell’aiuto di tutti, ma ce la sappiamo cavare anche da soli, lo sanno bene anche a Mosca».

Inizia così la conversazione con un fonte molto autorevole interna al governo ucraino, che chiameremo per comodità Q, agganciata telefonicamente la sera del 16 febbraio da Panorama. Si sentono voci di bambini sullo sfondo, e dalla sua voce si percepisce una certa apprensione. Esorcizza come può la tensione Q, dopo una giornata di apparente normalità, con le maratone televisive per la Giornata dell’unità nazionale e le parate un po’ ovunque in molte città e villaggi.

Il suo riferimento agli americani, invece, intende andare dritto al punto: e cioè alle informazioni che lo scorso 12 febbraio i servizi d’intelligence statunitensi hanno fornito al comando di Kiev. Un avvertimento di provenienza Nato, che si diceva praticamente certa che oggi (ieri, ndr), Mosca avrebbe dato il via all’invasione del loro territorio nazionale. I soldati russi schierati al confine, per adesso, «sono ancora tutti lì e non c’è un reale segno di smobilitazioni» nota Q. Che però appare scettico circa la possibilità che si materializzi davvero una manovra militare di ampia portata sul suolo ucraino.

La sua testimonianza è preziosa per capire lo stato mentale di chi comanda a Kiev. Dove la situazione rimane molto fluida, in continuo divenire. «Abbiamo subìto un importante attacco hacker, che ha colpito la Banca centrale ucraina e il ministero della Difesa, ma è stato sostanzialmente respinto. Le nostre informazioni ci dicono che l’hackeraggio proveniva dalla Russia e dal Kazakshtan contemporaneamente. Ci aspettiamo nuovi attacchi di questo genere a breve, non certo un’invasione. Del resto, siamo abituati alla guerra ibrida, ed è quello che ci aspettiamo continui ad accadere per lungo tempo. Putin la porta avanti sin dal 2014, prima con la Crimea e poi con il Donbass. Ogni giorno abbiamo bollettini di feriti o anche morti al confine, i loro cecchini continuano a sparare senza sosta. Ma invadere è tutt’altra storia».

Q non sembra crederci, ha un tono fatalista ed è convinto che un conflitto di terra non conviene anzitutto a Vladimir Putin. «Noi crediamo che sia molto mal consigliato. Come puoi schierare un esercito di appena 130 mila uomini lungo il nostro confine, sia pure ben armato, quando sai che il nostro esercito conta 250 mila soldati in servizio attivo e almeno mezzo milione di volontari tra la popolazione civile? I generali russi sanno bene che non possono invadere. Ci vorrebbe una forza soverchiante, di un milione di soldati o poco meno per controllare l’intero territorio. E loro non ce l’hanno. La questione semmai è politica…».

Ovvero? «Mosca ha in odio che noi abbiamo iniziato un vero percorso di riforme, un esempio per le nuove generazioni che non può far piacere a una dittatura. E sa che noi vogliamo entrare nella Nato. Perché quella strada è segnata, sta scritto anche nella nostra Costituzione. La Carta ci indica chiaramente la strada della euro-integrazione atlantica» così la chiama Q. E bisogna ammettere che è un nome efficace, di certo lusinghiero per Bruxelles come per Washington.

«Adesso dovremmo intraprendere un lungo processo di revisione costituzionale per compiacere a Vladimir Putin, che ci minaccia con le armi e vuole decidere da sempre del nostro destino? Può insistere quanto vuole per quanto ci riguarda, ma finirà solo per andare a sbattere contro un muro».

Q non sembra interessato alla minaccia del presidente russo, lo preoccupa semmai l’atteggiamento della Nato stessa, «che sulla nostra adesione al Trattato Atlantico temporeggia accampando ancora scuse vecchie come il problema della corruzione, ma non regge più questa storia. Quale corruzione? Sì, certo. Anni fa se ti fermava la polizia pagavi un prezzo, e la cosa molto probabilmente si risolveva lì. Ma oggi non è più così, e una bella multa te la fanno in qualunque caso. Il Paese sta cambiando rapidamente, insieme alle leggi e ai diritti».

Insomma, Kiev vuole l’abbraccio euro-atlantico per definire se stessa e il proprio orizzonte geopolitico. «Il timing della Nato non ci soddisfa in alcun modo, l’Ucraina chiede certezze. Vogliamo un segnale vero da parte della Nato, non soltanto solidarietà e armi. Per questo lo diremo con chiarezza al prossimo vertice di Monaco. Porremo condizioni».

Il riferimento è alla conferenza annuale che si svolge in Baviera sin dai tempi della Guerra fredda, apparecchiata dal blocco occidentale per discutere di conflitti militari. Anche nota come Davos for defence, aprirà i lavori venerdì 18 febbraio e vedrà la partecipazione di oltre 350 politici e diplomatici provenienti da tutto il mondo, che operano nel campo della difesa e della sicurezza e che si attovaglieranno per discutere come di consueto di conflitti militari. Uno in particolare: è certa la presenza del Segretario di Stato Usa, Antony Blinken, mentre i russi hanno già fatto sapere che diserteranno l’appuntamento. Così come non saranno alla parallela riunione dell’Organizzazione sulla Sicurezza e Cooperazione in Europa (Osce).

«Vladimir Putin può dire quel che vuole, ma per noi la decisione sulla sicurezza strategica non cambia. E poi è un fatto tra noi e la Nato, non possiamo accettare che un Paese terzo interferisca nelle nostre relazioni internazionali, quale Paese libero lo farebbe? Mai come oggi abbiamo ottenuto tanta attenzione da parte dei leader mondiali, ma non basta. La vicinanza dei politici occidentali che sono venuti a portare la loro solidarietà a Kiev va bene, ma chiediamo loro decisioni concrete. L’Ucraina non cede né sulla Nato né sugli accordi di Minsk. Sia chiaro».

Quanto alla guerra vera e propria, sostiene Q, «se anche Putin la scatenasse, temo che commetterebbe il più grande e tragico errore della storia della Russia. La guerra lui la perderà, questo è certo. Noi abbiamo un esercito pronto già da tempo e assai ben motivato, senza contare le centinaia di migliaia di civili che si addestrano ogni sabato e domenica, e che sono pronti alla guerra partigiana. Ci sono almeno due milioni di patrioti armati nel nostro Paese. L’esercito russo è altrettanto motivato? Se dovesse attaccare, Putin farebbe meglio a iniziare subito, perché più il tempo passa più noi ci rinforziamo. Abbiamo anche già migliorato le nostre dotazioni. Abbiamo sistemi anticarro e missili Stinger grazie all’America, e le nostre difese antiaeree sono incoraggianti».

Quando faccio notare che un’avanzata rapida sostenuta dall’aviazione potrebbe condurre le forze armate russe fin dentro Kiev, ecco la risposta: «E allora? Se anche prendono Kiev come hanno fatto i nazisti con Parigi, alla fine imploderanno proprio come il Terzo Reich. Inoltre, questo Paese è più grande della Francia, come lo controlli? L’Ucraina non è la sua capitale, e la resistenza trae la sua forza dalle province e regioni. Ma te lo immagini cosa significa un’invasione di un Paese come il nostro? Scorrerà molto sangue, e durerà molto tempo. Qui non è la Siria né l’Iraq. La gente in Russia vedrà decine di migliaia di bare e si chiederà perché. Come fai a vincere se devi sostenere così tanti morti per mesi e mesi? Senza contare che ci saranno severe sanzioni occidentali, che metteranno in ginocchio la loro economia. Da ogni lato la guardi, per Putin ci sono solo mosse perdenti di qui in avanti».

Anche i russofoni in fondo sono patrioti ucraini, secondo Q. «Non è che se parli russo significa che sei russo o rispondi a Mosca. Mi pare che nessuno li abbia accolti coi fiori nell’Est dell’Ucraina, quando hanno attaccato il Donbass. Ripeto, tutto il territorio gli sarà ostile. Ha avuto problemi con la Cecenia, che è grande come il Lazio, figuriamoci con l’intera Ucraina. Ci attende una guerra ibrida, questo è certo. Ma una guerra su larga scala è insensata. Porterebbe solo alla fine del potere di Putin, e probabilmente alla fine della Russia per come la conosciamo».

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Luciano Tirinnanzi