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(Ansa)
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Il Mozambico vittima della «maledizione» delle sue risorse

L'Isis torna a colpire nel paese al centro di interessi economici che attraggono diversi paesi

Lo scorso 22 agosto in un nuovo attacco dei combattenti dello Stato Islamico a Macomia (Mozambico) sono morti nove tra soldati e ufficiali dell’esercito mozambicano oltre a decine di feriti. Dell’attacco ha dato notizia l’agenzia stampa dell’Isis Amaq che nel glorificare l’attacco ha affermato: «I combattenti dello Stato Islamico hanno teso ieri un'imboscata qualitativa a una pattuglia mobile delle forze mozambicane mentre si muoveva sulla strada che collega i villaggi di Kobar e Kitrago nella zona di Macomia. Le nostre fonti hanno aggiunto che i combattenti hanno aperto il fuoco con mitragliatrici medie e leggere sui veicoli di pattuglia e li hanno bersagliati con granate a propulsione di razzi». Ma chi sono gli uomini dell’Isis in Mozambico? Il gruppo si chiama Ahlu Sunnah wa Jama (ASWJ) – o al-Shabaab) ma la gente di Cabo Delgado li chiama i “Machababos” e il “ma” è il prefisso bantu per «numerosi» e alshababs in arabo significa «i giovani». Gli insorti mozambicaniche hanno giurato fedeltà all’Isis nell’aprile 2018 (che li ha accettati come affiliati nell’agosto 2019), hanno effettuato numerosi attacchi a Cabo Delgado e Nampula, dove hanno distrutto infrastrutture, case e provocato vittime. L’area di Cabo Delgado è teatro dall'ottobre 2017 degli attacchi dei miliziani islamisti noti come al-Shabaab, estranei all'omonimo gruppo che opera in Somalia, e mantiene legami con al-Qaeda. Dalla metà del 2019 sono stati per lo più rivendicati dallo Stato islamico in Africa centrale, che ha intensificato le sue azioni da marzo 2020.

La crescente instabilità nell’area ha provocato dal 2017 la morte di più di 5.000 persone e la fuga di quasi un milione di persone che secondo l'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) «sono state costrette a fuggire dalle loro case nella provincia di Cabo Delgado, nel Mozambico settentrionale, colpita dal conflitto, da quando vi sono scoppiate violenze estreme cinque anni fa». Il leader del gruppo fin dalla sua apparizione (2015) è sempre stato Bonomade Machude Omar, noto anche come Abu Sulayfa Muhammad e Ibn Omar, che si è messo alla guida dei dipartimenti militari e degli affari esteri per l’ISIS-Mozambico. Durante l'attacco del marzo 2021 a Palma, Omar ha guidato un gruppo di combattenti ed è stato responsabile anche egli attacchi nella provincia di Cabo Delgado, in Mozambico, e nella regione di Mtwara, in Tanzania.

A proposito della sua sorte lo scorso 25 agosto il capo di stato maggiore delle forze armate del Mozambico, Joaquim Rivas Mangrasse, ha affermato che Bonomade Machude Omar, insieme ad altri membri della leadership del gruppo terroristico è stato ucciso. «Dall’indagine svolta, e che continua tuttora, è stato accertato, con evidenza di fatto, la messa fuori combattimento del principale leader che ha diretto le operazioni dallo scoppio del terrorismo in Mozambico, il mozambicano Bonomade Machude, conosciuto nei boschi come Ibn Omar, noto anche come Abu Suraka». Poi l’alto ufficiale ha aggiunto: «Le immagini sono disponibili, meritano una valutazione definitiva, perché oltre al leader terrorista Ibn Omar, sono stati colpiti a morte, insieme ad altri terroristi, anche altri due suoi diretti seguaci, ancora da identificare».

Bonomade Machude sarebbe stato neutralizzato durante le operazioni condotte dalle Forze armate di difesa del Mozambico (FADM), dalle Forze di difesa del Ruanda (RDF) e dal SAMIM, una missione della Comunità per lo sviluppo dell'Africa australe (SADC). La notizia della morte di Omar segue quella di altri due comandanti terroristi – Abu Kital e Ali Mahando – che ricoprivano posizioni chiave nel gruppo islamista, secondo i media locali. Il governo del Mozambico pero’ non ha messo ancora a disposizioni le immagini dei corpi e allo stato mancano conferme indipendenti dei decessi che in questi casi sono necessarie visti i precedenti. Ma a cosa puntano gli insorti? Guerra di religione? Certo che no. Per il Mozambico, il capitale di risorse naturali rappresenta oltre il 40% della ricchezza totale, più del doppio della media dell'Africa subsahariana. Nonostante la grande ricchezza di risorse naturali e la forte crescita economica del Paese, la povertà rimane elevata in tutto il Paese confermando, anche per questo paese, quella che ormai viene definita “maledizione delle risorse”,

Ogni batteria agli ioni di litio è costituita da un anodo ed un catodo. Mentre i catodi hanno costituenti chimici diversi gli anodi sono per il 90% costituiti da grafite. Qualunque sia la batteria, CATL, LG o Panasonic, oggi la grafite proviene sempre e solo dalla Cina. BloombergNEF prevede che la domanda di grafite quadruplicherà entro il mentre l'Agenzia internazionale dell'energia (IEA) prevede che la domanda di grafite potrebbe vedere un aumento da 8 a 25 volte tra il 2020-2040.

Il secondo produttore a livello globale, con il 14%, è il Mozambico che nella tormentata provincia settentrionale di Cabo Delgado devastata dal terrorismo, dispone di importanti giacimenti. Qui le attività sono a costante rischio: a novembre Syrah Resources ha dovuto evacuare la sua miniera di Balama con una drastica riduzione della produzione, quasi dimezzatasi, rispetto alle oltre 150.000 tonnellate del 2019.

Le esportazioni di grafite del Mozambico sono aumentate del 106% lo scorso anno, principalmente verso la Cina. E proprio questa è la ragione per cui, nonostante l'instabilità, il Mozambico è stato uno dei cinque paesi africani invitati dagli Stati Uniti l'anno scorso ad aderire al Critical Minerals Investment Partnership (MSP), per la costruzione di nuove catene di approvvigionamento di minerali critici. Inoltre, il Dipartimento dell'Energia USA ha erogato a Syrah Resources un prestito di 107 milioni di dollari per costruire un impianto di lavorazione della grafite a Vidalia, in Louisiana, e successivamente, una sovvenzione di 220 milioni di dollari per espandere la sua struttura estrattiva.

L'estrazione dell'oro ha una lunga storia in Mozambico, che risale a oltre 1.000 anni fa per quanto nel paese non sia presente un’attività estrattiva su larga scala. La forza lavoro è costituita dai minatori artigianali (ASM) che rappresentano circa il 90% dell’estrazione dell'oro mozambicano: numericamente si tratta di circa 800.000 persone, circa il 2,6% della popolazione. Oltre 2.160 siti minerari artigianali sono stati identificati in Mozambico dal censimento minerario artigianale, il primo nel paese e nella regione meridionale dell'Africa, ed oltre la metà sono attivi con il 31% è dedicato all'estrazione dell'oro.

La produzione di oro è aumentata del 53% nel primo trimestre dell'anno, rispetto allo stesso periodo del 2022, a 346,3 chilogrammi, secondo i dati ufficiali del governo, che prevede per il 2023 una produzione di circa 1342 chilogrammi. Questi risultati sono dovuti, secondo le autorità, proprio ad "un maggiore controllo dell'estrazione artigianale".

L'estrazione mineraria dei rubini in Mozambico è iniziata nel 1990 ma ha cominciato a dare risultati concreti solo dal 2009: oggi la miniera di Montepuez, nel nord-est del Mozambico, di proprietà della la Montepuez Ruby Mining Company società creata dalla partnership di Gemfields con la società locale Mwiriti, produce da sola oltre un terzo dei rubini di tutto il mondo. I rubini del Mozambico mostrano le caratteristiche più ricercate che li rendono più preziosi di quelli trovati in altre miniere africane.

Il GNL del Mozambico è uno dei principali progetti estrattivi del paese che nel 2019 ha portato investimenti per 20 miliardi di dollari a fronte di un PIL di poco superiore ai 15 miliardi di dollari. Sono impegnati nel paese grandi nomi dell'industria degli idrocarburi: la francese TotalEnergies, l'italiana Eni, la norvegese Equinor, l'americana Exxon e la cinese China National Petroleum Corporation (CNPC).

Le esportazioni di GNL del Mozambico sono appena iniziate e volumi considerevoli arriveranno sul mercato solo dal 2026 ma la crisi energetica, esacerbata dalla guerra in Ucraina, ha dato al gas dell'Africa orientale un grande appeal: la sua posizione geografica consente un facile accesso per i carichi ai principali mercati del gas in Asia e in Europa. Un carico di GNL proveniente dall'Africa orientale attraverserà meno strozzature di uno dal Qatar e percorrerà una distanza più breve rispetto a quelli provenienti dagli USA o dall’Australia.

Proprio il GNL del Mozambico potrebbe avere tra i più bassi prezzi di pareggio al mondo, ovvero il prezzo del gas necessario per coprire i costi: il paese detiene la parte più significativa delle riserve della regione, con 2,8 trilioni di metri cubi (tcm), che lo colloca al terzo posto in Africa, dopo Nigeria (5,4 tcm) e Algeria (4,3 tcm), e sullo stesso piano di altri importanti player come l'Azerbaigian (2,8 tcm) e il Kazakistan (2,7 tcm) ed un gradino sopra ad altri esportatori di GNL come Norvegia (1,5 tcm) o Australia (2,4 tcm).

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