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(Ansa)
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La pacata (al momento) reazione di Israele, tra le pressioni degli alleati e propaganda

Il Gabinetto di Guerra si è lasciato di fatto aperta ogni possibilità ad eccezione della reazione immediata, sconsigliata fortemente da Usa ed Europa

Dopo una lunga riunione durata oltre tre ore ieri pomeriggio il gabinetto di guerra israeliano, composto da cinque membri, non è riuscito a giungere a una decisione riguardo alla risposta da adottare in risposta all'ampio attacco di missili e droni iraniani di sabato sera. Sulla riunione hanno pesato le raccomandazioni degli Stati Uniti che consigliano prudenza con il presidente americano Joe Biden che ha esortato il primo ministro Benjamin Netanyahu a «riflettere con attenzione e strategia». Il gabinetto di guerra ha sospeso le sue discussioni, tuttavia, è previsto un nuovo incontro a breve, come riportato da Channel 12 News. Il quotidiano Israel Hayom ha citato un funzionario israeliano affermando che una risposta è inevitabile. NBC, invece, ha riportato che nonostante la mancanza di una decisione, l'IDF (Forze di Difesa Israeliane) presenterà delle opzioni e Israele risponderà. Funzionari israeliani intervistati da Reuters hanno indicato che il gabinetto di guerra è favorevole a una contromisura contro l'Iran, ma c'è disaccordo sul momento e sulla portata della risposta. Le discussioni del gabinetto di guerra sono avvenute meno di 24 ore dopo che l'Iran ha effettuato un attacco senza precedenti contro Israele, lanciando circa 350 missili, missili da crociera e droni. L'IDF ha confermato che il 99% di questi è stato intercettato con successo. Secondo fonti israeliane, Benny Gantz e Gadi Eisenkot hanno suggerito un contrattacco immediato, ma il primo ministro Netanyahu, Yoav Gallant e Herzi Halevi hanno espresso preoccupazioni riguardo alla coordinazione con l'intercettazione dei missili in arrivo.

L'Ufficio del Primo Ministro come scrive Times of Israel ha smentito queste affermazioni, dichiarando che era esattamente il contrario. Tuttavia, quando è diventato chiaro che l'attacco iraniano aveva causato danni minimi e dopo la conversazione tra Biden e Netanyahu, l'idea di una risposta immediata è stata abbandonata, secondo le informazioni dei canali 12 e 13. Channel 12 ha riferito che gli Stati Uniti non hanno tentato di impedire una risposta israeliana ma hanno richiesto di essere informati e coordinati in anticipo. Gli Stati Uniti hanno dichiarato pubblicamente di non partecipare a eventuali azioni di risposta.

Inoltre, Channel 12 ha sostenuto che Israele sta esplorando la possibilità «di un patto strategico» con gli Stati Uniti contro l'Iran. Domenica scorsa, il ministro degli Esteri Israel Katz ha contattato i colleghi britannico e francese, ringraziandoli per il loro sostegno contro l'attacco iraniano e ha sottolineato l'importanza di indebolire il regime iraniano e imporre sanzioni sul suo programma missilistico. Il Ministero degli Esteri ha emesso una dichiarazione sottolineando il diritto di Israele all'autodifesa dopo l'attacco iraniano e ha insistito sul fatto che l'Iran deve affrontare le conseguenze della sua aggressione. Probabile che la reazione di Gerusalemme vedrà l’intensificarsi degli attacchi aerei intensivi sulla Siria, quelli in profondità in Iran, ulteriori attacchi arei in Libano e in Iraq, e nuove operazioni di assassinio altamente selettive in Iraq, Siria, Libano e Iran peraltro già in corso. In ogni caso a Teheran non sono certo tranquilli tanto che il ministro degli Esteri Hossein Amirabdollahian ha precisato di avere avvisato gli USA dell’attacco: «Con un messaggio alla Casa Bianca abbiamo annunciato che la nostra operazione sarebbe stata limitata, minima e mirata alla legittima difesa e alla punizione del regime israeliano, non cerchiamo individui o basi americane nella regione».

Ma quali sono «quelli in profondità in Iran»? L'Iran sembra avvicinarsi sempre di più all'ingresso nel "club nucleare". Un articolo del Washington Post mette in luce come, in seguito alla visita a febbraio all'impianto blindato di Fordow, situato all'interno di una montagna vicino al Grande Deserto Salato dell'Iran, gli ispettori dell'AIEA abbiano rilevato segnali preoccupanti. Ancora più inquietante, come evidenzia il giornale americano, è l'aumento della produzione a Fordow di una forma di combustibile nucleare più pericolosa: un uranio altamente arricchito, prossimo al livello necessario per fini militari. Nel frattempo, i funzionari iraniani responsabili dell'impianto hanno iniziato a discutere apertamente del raggiungimento della "deterrenza", lasciando intendere che Teheran disponga di tutti gli elementi necessari per la costruzione di una bomba nucleare, qualora lo decidesse. Tutto questo minaccia direttamente l’esistenza di Israele e mina la stabilità della regione.

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Stefano Piazza