Kosovo, torna alta la tensione. Il generale Tricarico: «Necessario evitare passi falsi»
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Kosovo, torna alta la tensione. Il generale Tricarico: «Necessario evitare passi falsi»

Secondo l'ex Capo di stato maggiore dell’Aeronautica Militare il rischio è che «la Russia approfitti di questa situazione come leva nello scontro in atto». Tra i feriti negli scontri anche 14 italiani

Una nuova scintilla è esplosa la notte scorsa in Kosovo, teatro di scontri tra le forze Nato e alcuni gruppi di attivisti serbi.

Quarantuno militari della Kfor, la Forza di pace della Nato presente in Kosovo, tra cui 14 italiani appartenenti al nono reggimento degli alpini noto come "L'Aquila", sono rimasti feriti durante gli scontri con i dimostranti serbi a Zvecan, nel Nord del Paese e avrebbero riportato ustioni e fratture causate dall'esplosione di bombe molotov.

Durante il fine settimana il clima era diventato teso in seguito alla dispersione da parte della polizia kosovara di manifestanti di origine serba che cercavano di ostacolare l'insediamento di sindaci di etnia albanese, eletti in municipalità a maggioranza serba. Questa tensione, scaturita da un voto al quale i serbi hanno deciso di non partecipare, è andata peggiorando con i giorni tanto che il presidente serbo, Aleksandar Vucic, ha risposto allertando l'esercito al confine a partire dal venerdì 26 maggio, mentre Belgrado ha dichiarato che non avrebbe semplicemente osservato se i serbi in Kosovo avessero subito un altro attacco.

L'Ue ha condannato «con la massima fermezza possibile la violenza scioccante a Zvecan. Gli atti violenti commessi contro le truppe della missione Nato in Kosovo (Kfor), i media, i civili e la polizia sono assolutamente inaccettabili». In un tweet l'alto rappresentante Ue, Josep Borrell ha esortato le autorità del Kosovo e i manifestanti «a ridurre le tensioni immediatamente e senza condizioni. Ci aspettiamo che le Parti agiscano in modo responsabile e trovino immediatamente una soluzione politica attraverso il Dialogo».

Le proteste nel Kosovo si inseriscono in un quadro di instabilità di un continente già fortemente provato e ferito dalla guerra tra Russia e Ucraina. Ma cosa è successo in Kosovo?

«Un clima di pace in Kosovo non c'è mai stato» ha spiegato a Panorama.it il generale Leonardo Tricarico, ex Capo di stato maggiore dell’Aeronautica Militare «La tensione è sempre stata molto alta nel Paese». In questo caso, a far scattare la scintilla e deflagrare la protesta è stata l'elezione, in quattro comuni del Paese, dell'insediamento di sindaci di etnia albanese. «Le tensioni tra le popolazioni serbe e kosovare non si sono mai sopite del tutto» ha commentato Tricarico «per questo è necessario evitare passi falsi e cercare una mediazione così da evitare un effetto a catena e un'escalation della situazione».

Il rischio è, infatti, che la Russia utilizzi l'instabilità interna al popolo kosovaro come leva nello scontro in atto con l'Ucraina. «Per ora non abbiamo indicazioni sul fatto che ci sia una leva da parte della Russia dietro questi scontri. I fatti non ci sono, ma non mi sento di escludere del tutto questa opzione» ha continuato Tricarico «Il rischio che la Russia soffi per alimentare questo fuoco è del tutto possibile. E credo si debba tenere gli occhi ben aperti anche su altri fronti, come quello libico, dove i russi potrebbero avere potere». «Sono effetti collaterali all'attuale conflitto» ha commentato il generale «ma non mi sento di escludere nessuno scenario».

A giocare un ruolo fondamentale, come ricorda il generale Tricarico, è il nostro Paese. «L'Italia ha una forte presenza nella Nato e per questo motivo svolge da sempre un ruolo fondamentale, centrale, in Kosovo più che altrove» ha spiegato «e non dobbiamo dimenticare che di fondo c’è un odio etnico, che riguarda due popolazioni per nulla tolleranti, per nulla flessibili o pacifiche. Se dovesse riesplodere un conflitto, come Italia dovremmo riorganizzarci, ma al momento - ha concluso Tricarico - credo sia fondamentale lavorare di concertazione per trovare una soluzione pacifica attraverso il dialogo».

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Marianna Baroli

Giornalista, autore

(Milano, 1986) La prima volta che ha detto «farò la giornalista» aveva solo 7 anni. Cresciuta tra i libri di Giurisprudenza, ha collaborato con il quotidiano Libero. Iperconnessa e ipersocial, è estremamente appassionata delle sfaccettature della cultura asiatica, di Giappone, dell'universo K-pop e di Hallyu wave. Dal 2020 è Honorary Reporter per il Ministero della Cultura Coreana. Si rilassa programmando viaggi, scoprendo hotel e ristoranti in giro per il mondo. Appena può salta da un parco Disney all'altro. Ha scritto un libro «La Corea dalla A alla Z», edito da Edizioni Nuova Cultura, e in collaborazione con il KOCIS (Ministero della Cultura Coreana) e l'Istituto Culturale Coreano in Italia.

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