Biden
(Ansa)
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E' stato l'appeasement di Biden all'Iran a compromettere la sicurezza di Israele

Le improvvide aperture di Biden all'Iran ne hanno rafforzato il regime. Una situazione che ha finito col favorire Hezbollah e Hamas a discapito di Israele

La vile aggressione di Hamas contro Israele è stata indirettamente favorita dalla fallimentare politica mediorientale di Joe Biden: una politica miope, principalmente intenta a picconare l’eredità del predecessore. Donald Trump, da presidente, aveva puntato molto sul disgelo tra Israele e Paesi sunniti: un avvicinamento che gli era parzialmente riuscito, negoziando con successo gli Accordi di Abramo del 2020. La logica della politica di Trump era quindi quella di giocare contemporaneamente di sponda con Israele e l’Arabia Saudita, promuovendo una loro progressiva convergenza. Chiaramente per cementare tale convergenza era necessario utilizzare come collante il nemico comune: quell’Iran che è storicamente avversario tanto di Gerusalemme quanto di Riad. È in quest’ottica che, nel maggio 2018, Trump abbandonò il controverso accordo sul nucleare con l’Iran, che era stato negoziato nel 2015 dall’amministrazione Obama. Trump sottopose quindi Teheran a una strategia di “massima pressione”, mentre spingeva sunniti e israeliani alla distensione. L’obiettivo dell’allora presidente repubblicano era quello di indebolire ulteriormente il regime degli ayatollah e, in un eventuale secondo mandato, costringerlo a rinegoziare radicalmente l’accordo sul nucleare da una posizione di netta debolezza.

Una strategia complessiva che è stata tuttavia cassata da Biden, il quale, nei primissimi mesi in carica, ha attuato due svolte. Innanzitutto ha raffreddato i rapporti con Riad, pubblicando un report dell’intelligence americana, secondo cui il principe ereditario saudita, Mohammad bin Salman, era coinvolto nell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi. In secondo luogo, Biden ha avviato un processo per cercare di ripristinare l’accordo sul nucleare iraniano, senza ottenere nulla in cambio e irritando contemporaneamente sia i sauditi sia gli israeliani. L’apertura improvvisa al regime khomeinista ha portato inevitabilmente a un rafforzamento politico e geopolitico di quest'ultimo. Tanto più che, da quando Biden è alla Casa Bianca, gli ayatollah hanno reso sempre più fitta la loro rete internazionale: Teheran ha siglato un accordo di cooperazione venticinquennale con la Cina nel marzo 2021, per poi stipulare un’intesa energetica con la Russia da 40 miliardi di dollari nel luglio 2022. Il rafforzamento dell’Iran ha quindi reso maggiormente baldanzosi i gruppi regionali che storicamente sono spalleggiati dall'Iran stesso: da Hamas a Hezbollah. Un elemento che ha quindi messo a rischio la sicurezza di Israele. Tutto questo, mentre Riad si è sempre più orientata verso l'orbita sino-russa.

Tale situazione ha portato a una decisa perdita d’influenza sul Medio Oriente da parte americana. E, quando Biden se n’è accorto, era ormai troppo tardi. L’anno scorso, Riad ha spesso spalleggiato la Russia in sede Opec in funzione antistatunitense. Inoltre, a marzo, Pechino ha negoziato con successo un accordo di distensione diplomatica tra sauditi e iraniani. Senza infine trascurare che, come ulteriore schiaffo a Biden, Riad ha avuto un peso decisivo nel riammettere il presidente siriano, Bashar al Assad, nella Lega Araba. L’attuale inquilino della Casa Bianca ha quindi tentato in extremis di recuperare terreno, mediando un’intesa per la normalizzazione dei rapporti tra Israele e l’Arabia Saudita e rispolverando così di fatto la logica trumpiana degli Accordi di Abramo. Il problema è che, differentemente dai tempi di Trump, l’appeasement bideniano nei confronti dell’Iran ha compromesso la base stessa di quella logica: una base che presupponeva l’isolamento e la debolezza di Teheran. Un isolamento che, proprio per colpa di Biden, oggi è fondamentalmente svanito (basti pensare che, pochi giorni prima dell’aggressione di Hamas, l’attuale Casa Bianca aveva stretto con l’Iran un accordo sullo scambio di alcuni prigionieri, in virtù di cui erano stati sbloccati ben sei miliardi di dollari in fondi iraniani precedentemente congelati).

Risultato: l’appeasement di Biden ha rinvigorito Teheran e, di conseguenza, i gruppi che essa spalleggia. E questo ci porta alla crisi in corso. È stata la stessa Hamas a dire di aver ricevuto supporto iraniano in riferimento al suo recente attacco contro lo Stato ebraico. Inoltre, nonostante le smentite del regime khomeinista, il Wall Street Journal ha rivelato che Teheran avrebbe aiutato Hamas a pianificare l’offensiva. D’altronde, la strategia degli ayatollah è chiara: con questo attacco, non vogliono soltanto cercare di indebolire lo Stato ebraico, ma puntano anche a far deragliare il processo di normalizzazione tra Israele e Arabia Saudita, mediato dagli Usa. L’obiettivo, in altre parole, è impedire che Washington recuperi l’influenza regionale che ha perduto, negli ultimi anni, a causa della fallimentare politica di Biden. Un cortocircuito aggravato dal fatto che, mentre l’attuale presidente americano apriva all’Iran e cercava di ripristinare l’accordo sul nucleare, quello stesso Iran forniva droni alla Russia: droni che venivano poi utilizzati da Mosca nella guerra contro Kiev. Rispolverando i capisaldi della politica mediorientale dell’amministrazione Obama, Biden ha quindi favorito il ritorno del caos in Medio Oriente. Ha azzoppato la capacità di deterrenza americana, rafforzando indirettamente l’Iran e danneggiando così anche Israele.

E attenzione: nonostante la crisi degli ultimi giorni, Biden non sembra aver imparato granché dagli errori passati. Secondo Reuters, gli Usa si starebbero coordinando con il Qatar per negoziare uno scambio di prigionieri tra Hamas e Israele. Si tratta di una notizia che lascia perplessi: Doha intrattiene solidi rapporti con Teheran e legami opachi con Hamas. Spalleggiarlo in una simile situazione significa non capire (o fingere di non capire) che il Qatar farà di tutto per favorire chi, in questo momento, sta aggredendo Israele. Tra l’altro, proprio Doha è uno dei principali fautori del ripristino dell’accordo sul nucleare iraniano. E sempre Doha ha negoziato il recente scambio di prigionieri tra Washington e Teheran che ha portato allo scongelamento dei sei miliardi di dollari del regime degli ayatollah.

L’attuale presidente statunitense, insomma, ha combinato un disastro di proporzioni immani. Un disastro di cui adesso stanno facendo le spese Israele, un Medio Oriente sempre più instabile e l’Occidente tutto. Biden aveva promesso che, con lui alla Casa Bianca, l’America avrebbe fatto il suo ritorno. E invece a fare ritorno è stato soltanto il caos.

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Stefano Graziosi