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Il ritorno dell'Isis che accusa di tradimento anche la Fratellanza musulmana

Lo Stato Islamico ha rivendicato l'attentato in Iran con un messaggio indirizzato anche contro Teheran, accusata di «strumentalizza la causa palestinese" e di seguire solo la propria agenda regionale

Con un audio intitolato «E uccideteli ovunque li troviate» (versetto 191 della seconda sura del Corano), pubblicato sui suoi canali ufficiali, lo Stato Islamico ha rivendicato ieri pomeriggio l’attentato avvenuto mercoledì nei pressi della tomba del Generale Qassem Soleimani a Kerman, in Iran. A proposito dell’attacco, l’ISIS ha pubblicato le foto dei due kamikaze che hanno fatto detonare i loro giubbotti esplosivi, causando la morte di 84 persone e il ferimento di almeno 200 pellegrini che si stavano recando sulla tomba.

La dichiarazione smentisce le precedenti ricostruzioni degli iraniani, secondo cui l'attentato era stato compiuto attraverso bombe fatte esplodere a distanza e posizionate lontano dalla tomba. Sul numero delle vittime non c’è nessuna certezza; inizialmente gli iraniani hanno parlato di 100 morti poi scesi a 84, mentre per lo Stato Islamico sono stati 300. La rivendicazione ha spazzato via varie teorie del complotto che parlavano anche di un possibile atto orchestrato dal regime iraniano o un'operazione insolita dei servizi segreti israeliani.

A Teheran, in queste ore, non sono mancate le polemiche riguardo alle falle nella sicurezza del sito oggetto di pellegrinaggio. Critiche comuni dopo ogni insuccesso, tuttavia, sono giustificate alla luce di quanto avvenuto in passato. Dal 2016, lo Stato Islamico ha aperto un fronte in Iran attraverso la sua branca locale Isis-Khorasan. Anche se diversi attacchi sono stati sventati, i jihadisti sono riusciti in diverse occasioni a compiere attentati mirati al parlamento, a eventi ufficiali e a obiettivi militari, causando la morte di diverse persone.

Uno su tutti quello del 26 ottobre 2022, sempre in un mausoleo (quello di Shah Cheragh a Shiraz), che ospita la tomba di Ahmad, fratello dell'Imam Reza, l'ottavo imam sciita sepolto a Mashhad, nel nord-est del paese. All’epoca ci furono tredici morti e quaranta feriti e l’attacco venne rivendicato sui canali jihadisti. Durante la scorsa estate, secondo quanto riportato dai media iraniani, alcuni estremisti che progettavano un attacco al mausoleo di Kerman sono stati arrestati. Questo forniva indicazioni precise sull'obiettivo, rendendo necessaria una sorveglianza più stretta che però non c’è stata e così gli uomini dell’ISIS sono riusciti a portare a termine l'operazione, utilizzando la loro tattica preferita: gli “shaheed” votati al martirio.

Questa è la parte più significativa dell’audio dell’Isis : «Grazie alla concessione del successo da parte di Dio Onnipotente e come parte della spedizione ‘Uccideteli ovunque li troviate’, due fratelli operativi per il martirio - Omar al-Muwahhid e Sayf Allah al-Mujahid (che Dio Onnipotente li accetti entrambi) - si sono diretti ieri verso un grande raduno di idolatri rafiditi, vicino alla tomba del loro leader ipocrita Qasim Sulaymani nella città di Kerman, nel sud dell'Iran. Lì hanno fatto esplodere le loro cinture esplosive in mezzo al raduno. Il risultato è stato l'uccisione e il ferimento di oltre 300 idolatri rafiditi. Grazie e lode a Dio. Che i rafiditi idolatri sappiano che i mujahidin sono in attesa di loro e dei loro progetti, con il permesso di Dio Onnipotente».

Nell’audio, il portavoce ufficiale dello Stato Islamico, lo sceicco Abu Hudhayfah al-Ansari, in carica dall’agosto scorso, si è scagliato in maniera violentissima non solo contro i nemici storici Israele e Usa che «devono essere annientati» ma anche contro Hamas, la Jihad islamica, gli Hezbollah e gli Houthi: tutti accusati di essere «solo degli opportunisti che non fanno gli interessi della Palestina».

Ma le parole più dure del portavoce dello Stato Islamico sono rivolte all’Iran che «strumentalizza la causa palestinese e che segue solo la sua agenda regionale e che non fa nulla per i palestinesi». Ciò che rende storico questo discorso è anche l’attacco frontale alla Fratellanza musulmana, fonte dottrinale alla quale tutti i gruppi terroristi sunniti si sono sempre rivolti: «Ha sbagliato ad allearsi con l’Iran e con questi gruppi (Hamas e la Jihad islamica, n.d.a) che non hanno mai fatto niente per i palestinesi e che fanno solo i loro interessi. Nulla cambierà nella Striscia di Gaza fino a quando resteranno in vita queste organizzazioni». L’audio è stato registrato tra mercoledì e giovedì mattina, quando al-Ansari parla degli Hezbollah ricorda «come non sono stati in grado di proteggere Saleh al-Arouri», importante leader di Hamas e fondamentale anello di congiunzione con gli Hezbollah, l’Iran e la Turchia che è stato letteralmente incenerito da un missile sparato da un drone israeliano martedì sera a Beirut.

A proposito della morte di al-Arouri secondo Al Jazeera, Hamas ha identificato i sei palestinesi che sono stati uccisi nell'attacco a Beirut nel quale è morto il numero due del movimento palestinese. Uno di loro era Samir Effendi, noto come Abu Amer, del braccio armato di Hamas e considerato capo della divisione tecnologica dell'organizzazione terroristica in Libano. Era anche responsabile delle operazioni militari di Hamas nel sud del Paese, come riportato da Ynet. Azzam al-Aqra, delle Brigate Qassam, è considerato da Israele l'organizzatore degli attacchi terroristici contro lo Stato ebraico in Libano. Gli altri uccisi includono Muhammed Shahin, Muhammad al Rayes e Muhammad Bashasha, membri del gruppo armato Al Jamaa al-Islamyia, attivo tra Libano e Siria, vicino ai confini con Israele. Il sesto individuo, Ahmed Hammoud, era un membro di Hamas. Secondo le fonti israeliane, a Beirut i rappresentanti di Al Jamaa al-Islamyia avevano avuto un incontro con i leader di Hamas nel pomeriggio precedente all'attacco. Halil al-Haya, inizialmente segnalato tra le vittime, non si trovava nell'appartamento colpito dal missile.

Al Jamaa al-Islamyia, o "Il Gruppo Islamico," è un'organizzazione islamica sunnita attiva in Libano e in altri paesi della regione. Fondata negli anni '80, ha avuto una presenza notevole durante il conflitto civile libanese (1975-1990). L'organizzazione ha avuto legami con varie fazioni e gruppi militanti islamisti, spesso coinvolti in azioni contro Israele e in attività politiche e sociali a livello locale. Al Jamaa al-Islamyia ha cercato di perseguire obiettivi politici e sociali in linea con la sua interpretazione dell'Islam. Nel corso degli anni, ha affrontato sfide e cambiamenti nel contesto regionale, interagendo con altri gruppi e organizzazioni, spesso sostenendo la causa palestinese. Per tornare alla rivendicazione dell’ISIS è evidente come il gruppo sia tornato con prepotenza sulla scena mediatica globale dopo mesi trascorsi a rivendicare ogni giorno azioni in Africa e nel Sahel, ma ciò potrebbe essere gravido di conseguenze è lo scontro frontale con i Fratelli Musulmani e il tempo ci dirà quanto è profonda questa inaspettata spaccatura."

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Stefano Piazza