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Aborto, cosa succede intorno al verdetto (atteso) della Corte Suprema Usa

Una bozza ottenuta da Politico mostra i che i supremi giudici starebbero per sconfessare la sentenza Roe v Wade del 1973. E le polemiche politiche non mancano

La Corte Suprema potrebbe essere a un passo dello sconfessare Roe v Wade: la sentenza che, nel 1973, definì l’aborto negli Stati Uniti come un diritto protetto dalla Costituzione. Politico è infatti entrato in possesso di una bozza di sentenza, che andrebbe in questa direzione. In particolare, il massimo organo giudiziario statunitense sarebbe pronto a cassare anche Planned Parenthood v Casey: sentenza del 1992, che stabilì la liceità dell’aborto entro le 24 settimane di gestazione. “Riteniamo che Roe e Casey debbano essere annullate”, si legge nella bozza, scritta a febbraio dal giudice Samuel Alito.

La sentenza in questione riguarda il contenzioso legale relativo alla legge del Mississippi che, introdotta nel 2018, rende illegale l’interruzione di gravidanza dopo le 15 settimane di gestazione. Nella sua difesa davanti alla Corte, il cosiddetto Magnolia State aveva definito le sentenze Roe e Casey come “oltraggiosamente sbagliate”, invocando quindi il loro annullamento. Va tenuto presente che la sconfessione di un precedente risulta un caso relativamente raro, ma comunque possibile: l’esempio forse più noto risale al 1954, quando la Corte Suprema ribaltò la precedente sentenza Plessy v Ferguson, sopprimendo così la segregazione razziale nelle scuole. Dalla bozza pubblicata da Politico sembrerebbe quindi che la maggioranza dei supremi giudici sia intenzionata ad accogliere sostanzialmente questa richiesta. La stessa testata ha riferito inoltre che insieme ad Alito si sarebbero schierati altri quattro togati di nomina repubblicana: Clarence Thomas, Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh ed Amy Coney Barrett. Non sarebbe invece chiaro l’orientamento del giudice capo della Corte, John Roberts che, pur nominato da George W. Bush nel 2005, in passato si è non di rado schierato con i colleghi di nomina democratica. Ricordiamo anche che i togati dovrebbero esprimersi sul caso del Mississippi tra giugno e luglio di quest’anno. Va infine sottolineato che, come riferito dallo stesso Politico, una tale fuoriuscita di documenti dalla Corte Suprema è un evento “molto raro”.

Dal punto di vista tecnico, qualora la sentenza definitiva dovesse realmente sconfessare Roe e Casey, la pratica dell'aborto non diverrebbe illegale, ma sarebbe rimessa all’autorità e alle decisioni dei singoli Stati. In tutto questo, è possibile attendersi qualche ripercussione sulla campagna elettorale in vista delle elezioni di metà mandato del prossimo novembre? Sì e no. Chiaramente questa bozza ha già infiammato il dibattito politico, con numerosi dimostranti che hanno iniziato a manifestare davanti alla Corte Suprema. Non va del resto trascurato che l’interruzione di gravidanza vede notoriamente contrapposti repubblicani e democratici: in particolare, la Speaker della Camera, Nancy Pelosi, ha criticato duramente la bozza (un atteggiamento che, al di là di come la si pensi nel merito, configura tuttavia una violazione della separazione dei poteri). Dall’altra parte, bisogna tener presente che solitamente l’aborto non è un tema in grado di spostare troppi voti nelle campagne elettorali americane: si tratta semmai di una questione che i partiti usano per “serrare i ranghi” e compattare i settori più motivati della propria base. È improbabile che indipendenti e indecisi orientino il proprio voto principalmente sull’interruzione di gravidanza, soprattutto alla luce del fatto che, alle elezioni di metà mandato, contano molto (anche se non esclusivamente) dinamiche e considerazioni di natura locale.

La sconfessione di Roe v Wade non sarebbe prevedibilmente ben accolta da Joe Biden. Nonostante sia il secondo presidente cattolico degli Stati Uniti, la sua amministrazione si è distinta infatti per una linea fortemente favorevole all’interruzione di gravidanza. L’attuale inquilino della Casa Bianca ha abolito a ottobre una norma, introdotta da Donald Trump, che vietava i finanziamenti federali alle cliniche in cui si pratica l’interruzione di gravidanza, mentre a dicembre ha reso più facile ottenere pillole abortive per posta. Non solo: Ketanji Brown Jackson, la giudice da lui recentemente nominata alla Corte Suprema in sostituzione del dimissionario Stepehen Breyer, ricevette l’endorsement della onlus pro-choice Planned Parenthood.

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Stefano Graziosi