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(Ansa)
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La Bielorussia al bivio: legarsi a Putin porterebbe alla guerra civile

Il Cremlino spinge per un'adesione anche militare del paese satellite che però ha una profonda anima interna anti-Mosca difficile da tenere a bada

«La situazione è estremamente difficile nelle zone annesse». A dirlo non è il comandante di una compagnia russa impantanato nelle prime linee del Donbass. A riferirlo stavolta è il capo supremo della Federazione, Vladimir Putin.

Mentre il presidente ucraino si è recato a sorpresa a Bakhmout - nella regione orientale ucraina di Donetsk, teatro da mesi di intensi combattimenti tra l'esercito russo e le forze ucraine - il presidente russo invece ha trascorso la maggior parte del weekend scorso presso il quartier generale della cosiddetta «operazione militare speciale» per discutere delle nuove mosse della Russia. Ma il quadro generale che gli è stato presentato, a quanto pare, non lo ha per niente soddisfatto.

Forse anche per questo motivo sono trapelate indiscrezioni (in realtà, lo hanno affermato per primi gli ucraini) circa la possibilità che il comando generale russo spinga per tentare un diversivo, una sortita inaspettata o direttamente l’apertura di un nuovo fronte. E quale altri potrebbe essere se non il piano iniziale? La marcia su Kiev, con il coinvolgimento diretto della Bielorussia.

La visita di Putin a Minsk, dove il leader russo ha incontrato il presidente Alexander Lukashenko – che lo ha accolto all’aeroporto con tutti gli onori – è successiva al briefing con i generali russi. E, nonostante le smentite, sarebbe servita proprio a sondare (pianificare?) la possibilità di un attacco coordinato dal nord per spezzare la resistenza ucraina. La manovra avrebbe una sua logica, perché costringerebbe Kiev a disimpegnare parte dell’esercito e dei sistemi di difesa che oggi sostengono il fronte sudorientale, per ridispiegarli a protezione della capitale.

Intanto, dall’incontro di Putin con Lukashenko è emersa la compattezza dell’alleanza, con il vassallo Lukashenko che ha annunciato il dispiegamento di nuovi missili S-400 Iskander verso il confine ucraino (già consegnati da Mosca all’alleato nelle scorse settimane). I leader hanno anche convenuto di proseguire con le operazioni militari congiunte. Annuncio, questo, che potrebbe essere un eufemismo o direttamente un sinonimo per ordinare un attacco congiunto all’Ucraina. Come del resto era già accaduto a febbraio.

La posta in gioco per entrambi è comunque molto alta. Per il Cremlino calare la carta della Bielorussia è oltremodo rischioso, in quanto rappresenta l’ultima chance di prendere Kiev e di conseguire un risultato importante che cambi la narrativa e il bilancio di questa disfatta momentanea. Mentre per la Bielorussia è ancora peggio: significherebbe giocarsi il tutto per tutto, ovvero consegnare il destino del Paese nelle sole mani di Putin. La cui strategia sinora non ha dato i risultati sperati.

Per quante rassicurazioni abbia fornito lo stesso presidente russo negando le voci su un possibile assorbimento/annessione diretta della Bielorussia da parte di Mosca, il tema esiste. «La Russia non ha interesse ad assorbire nessuno. Oggi possiamo affermare inequivocabilmente: insieme siamo riusciti non solo a sopravvivere, ma anche a trovare opportunità per lo sviluppo delle nostre economie» ha riferito il leader russo.

Ma non è questa la principale preoccupazione di Lukashenko adesso. Se Minsk si dovesse rendere complice (più di quanto già non lo sia) di un attacco diretto, ne pagherebbe senza dubbio il prezzo più alto, in caso di sconfitta. Pur con i dovuti distinguo, la Bielorussia di Lukashenko è in una condizione simile a quella in cui si ritrovò l’Italia di Mussolini nel 1940: dichiarare guerra alla Francia fu l’errore fatale del Duce, che segnò l’inizio della fine per il fascismo e una sconfitta annunciata per il regno d’Italia. Abbagliato dalla propaganda nazista, il leader fascista seguì fino alla fine la follia di Hitler e pagò con la vita, mentre il Paese subì ancor più tragiche conseguenza, cambiando per sempre il suo volto.

Oggi Lukashenko sa che un’offensiva al fianco di un esercito non proprio vincente comprometterebbe definitivamente le speranze di restare al suo posto, dove già fatica da tempo a controllare la crescente ondata di contestazioni interne. Il popolo bielorusso potrà anche continuare a sopportare la guida già trentennale di Lukashenko, ma con ogni probabilità non sarà più al suo fianco il giorno in cui condannerà la Bielorussia a un intervento militare, da cui Minsk non ha molto da guadagnare.

Soltanto il dittatore e il suo entourage, mossi da uno spirito conservativo, potrebbero accogliere le «richieste» di Mosca di un attacco congiunto per manifesta sudditanza al Cremlino. Ma questo isolerebbe la leadership dal resto del Paese, mentre Lukashenko sogna ancora un futuro con le statue in piazza a lui dedicate. Inoltre, la sua età relativamente giovane (68 anni) lo autorizza a pensare di poter restare saldo al potere per un altro decennio.

Tutto questo avviene mentre alcuni ufficiali militari ucraini si preparano comunque a un’offensiva, attesa per l’inizio/primavera del prossimo anno. Il comandante delle forze congiunte ucraine Serhiy Nayev ha ricordato che l’incontro della scorsa settimana di Putin con i suoi alti ufficiali è servita per valutare concretamente «le proposte del comando militare per il breve e medio termine».

Per Nayev non è allora un caso se «subito dopo ha annunciato un incontro con i vertici della Bielorussia». Kiev, insomma, è certa che durante questo incontro siano state affrontate «le questioni di un’ulteriore aggressione contro l’Ucraina e di un più ampio coinvolgimento delle Forze armate bielorusse nell’operazione contro l’Ucraina, in particolare sulla terraferma».

Vero è che da settimane gli attacchi russi alla rete elettrica ucraina - che hanno gettato milioni di persone nell’oscurità – provengono anche dal territorio bielorusso, non meno dei droni che terrorizzano la capitale ucraina. Ma un attacco diretto e congiunto non appare comunque imminente. Il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, ha provato a stemperare gli animi, affermando in un briefing che «secondo le informazioni che abbiamo al momento, in questo incontro non sono state prese decisioni cruciali». Ma il suo potrebbe anche essere un infingimento strategico.

Intanto, Vladimir Putin ha convocato per domani 21 dicembre 2022 il consiglio di difesa: nel vertice, a quanto si apprende, il presidente deciderà gli obiettivi militari per il 2023. La cosa non sembra preoccupare più di tanto Kiev, mentre Lukashenko farebbe bene a temere. Anche per via delle minacce di Washington che, attraverso il portavoce del dipartimento di Stato Ned Price, ha avvertito Minsk: «Se fornirà ulteriore aiuto a Vladimir Putin nel suo conflitto contro l’Ucraina, gli Stati Uniti risponderanno adeguatamente».

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Luciano Tirinnanzi