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(Ansa)
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Non solo leggi e multe. «La sicurezza sul lavoro da costo può diventare investimento»

Troppo spesso dietro le morti sul lavoro ci sono imprenditori che non investono in sicurezza ritenendola un costo eccessivo ed inutile. Ma non è così, come ci racconta un noto imprenditore del settore

Nello Sulfaro, direttore generale del Gruppo Rina, ente che si occupa di certificazioni dei sistemi di sicurezza per 1.600 organizzazioni (aziende) in 4.650 siti produttivi: «La gestione della sicurezza è un percorso che azienda e lavoratore devono compiere insieme per sviluppare quella cultura condivisa di che cosa sia una procedura virtuosa e di che cosa deve essere evitato>. < Noi abbiamo sviluppato con successo dei dispositivi indossabili che aiutano gli operatori e l'azienda a mantenere le procedure. In modo anonimo, ovvero senza riconoscimento del lavoratore che li indossa, è possibile far scattare allarmi se costui non indossa le protezioni previste, se è caduto a terra».

I numeri della sicurezza sul lavoro parlano chiaro: quindici morti in tre giorni e un generalizzato aumento, quasi trenta stando ai giornali, di feriti più o meno gravi. Letta così sembrerebbe una situazione in progressivo peggioramento per un Paese che di lavoro ha tanto bisogno. Ma se osserviamo i numeri dati da Accredia notiamo che, limitandoci alle imprese che possiedono una certificazione di sicurezza, ovvero un sistema di sviluppo delle procedure e di controllo delle metodologie per prevenire gli eventi negativi, queste hanno registrato -16% nel numero degli infortuni e -40% nel livello di gravità. Non si tratta soltanto di grandi aziende, ci sono infatti anche piccole e medie imprese nelle quali si è fatta cultura della sicurezza e dove l'importanza di determinati comportamenti, unitamente al rispetto delle procedure, compreso l'essere fiscali nell'indossare i dispositivi di protezione personali, hanno migliorato la situazione in modo netto. Ma sono ancora poche le piccole aziende che pur dovendo rispettare la legge, e quindi dotarsi di quanto sia prescritto, ritengono che implementare un sistema di gestione della sicurezza sia un costo troppo alto e non un investimento. Per comprendere la situazione ne abbiamo parlato con l'ingegner Nello Sulfaro, direttore generale del Gruppo Rina, ente che si occupa proprio di certificazioni dei sistemi di sicurezza per circa 1.600 organizzazioni (aziende) in 4.650 siti produttivi, e che oltre alle grandi realtà come Ferrovie, Leonardo ed Eni, ha tra i suoi clienti anche Pmi. L'ingegnere ci spiega: «La gestione della sicurezza non deve essere vista come qualcosa che costa al datore di lavoro e ricade sulla produttività imponendo altri doveri ai lavoratori, ma un percorso che azienda e lavoratore devono compiere insieme, un unicum che porta a sviluppare quella cultura condivisa di che cosa sia una procedura virtuosa e di che cosa deve essere evitato».

Il gruppo diretto da Sulfaro esegue ogni anno da 1.500 a 2.000 audit (verifiche presso le aziende) e i risultati vanno a costituire una grande mole di dati la quale, a sua volta, mostra che laddove viene applicata una metodologia si instaura il cambiamento culturale che porta a un netto miglioramento della situazione. «Certamente qualsiasi governo dovrebbe incoraggiare questa transizione con politiche fiscali e incentivi alla formazione che accompagnino i provvedimenti sanzionatori» spiega Sulfaro «inoltre, quando si lamentano i costi della sicurezza si dimentica il prezzo della non sicurezza, sia in termini di possibili sanzioni, sia quelli che poi per decenni ricadono sull'intero Sistema Paese». Parole che che ci ricordano quali costi umani e sociali abbia qualsiasi tipo di invalidità causata da incidenti di qualsiasi natura, eventi che il presidente Mattarella circa un anno fa, in occasione della 70° giornata nazionale per le vittime sul lavoro definì: «Una ferita sociale che lacera il nostro Paese»

Invece soltanto qualche giorno fa il Presidente del Consiglio Mario Draghi e il ministro Andrea Orlando sono tornati a proporre pene più severe insieme a tempi più rapidi per l'accertamento delle violazioni, nonché più collaborazione nelle fabbriche. Tuttavia gli ambienti di lavoro nei quali la cultura e le procedure di sicurezza sono consolidate e costantemente aggiornate (si pensi alle centrali energetiche, le raffinerie, il comparto aeronautico e ogni altro settore altamente procedurato), insegnano che senza la creazione di una base culturale della sicurezza l'inasprimento delle pene peggiora soltanto le condizioni di lavoro, fino a rendere meno efficaci anche le 800 nuove risorse dell'Ispettorato del Lavoro che stanno entrando in servizio in questi ultimi mesi del 2021.

«Anche la tecnologia può fare la sua parte» puntualizza l'ingegner Sulfaro «abbiamo sviluppato con successo dei dispositivi indossabili – detti wearable devices – che aiutano gli operatori e l'azienda a mantenere le procedure. In modo anonimo, ovvero senza riconoscimento del lavoratore che li indossa, è possibile far scattare allarmi se costui non indossa le protezioni previste, se è caduto a terra o se per esempio è entrato in una zona pericolosa nella quale il suo ruolo non è previsto, o semplicemente se costui si trova troppo vicino a un macchinario».

Del resto è innegabile che uno dei fattori che favoriscono la cultura della sicurezza sia la facilità di apprendimento dei concetti fondamentali attraverso metodi di formazione più moderni, come i corsi a distanza fatti online che permettono auto formazione, e momenti multimediali da svolgere in azienda nei quali venga azzerata la distanza tra dirigenti e operai, in modo da potersi confrontare innanzi al formatore e stabilire le procedure più adatte, fino a compiere i cosiddetti "safety tour" o percorsi della sicurezza periodici che aiutano a individuare i comportamenti potenzialmente pericolosi favoriti dalle abitudini e ristabilire il rispetto delle procedure previste per qualsiasi tipo di lavoro.

La formazione a distanza permette anche di ridurre i costi, poiché un consulente può costare anche 500 euro al giorno.

Uno dei mantra della sicurezza ricorda che a scatenare un evento negativo non è quasi mai un singolo episodio, ma il verificarsi della terribile "catena degli eventi" che porta dalla iniziale dimenticanza o negligenza fino all'incidente e quindi alla tragedia. E' parere condiviso di chi si occupa di formazione che sarebbe già un ottimo risultato se in ogni ambiente di lavoro si fosse in grado di riconoscere le criticità che creano la "catena" per riuscire a fermarla in tempo. Ma perché si possano vedere risultati occorre innanzi tutto la volontà politica di rendere il costo della sicurezza un ottimo investimento.

Nello Sulfaro, direttore generale del Gruppo Rina

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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