La Cassazione contro i "figli a metà"
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La Cassazione contro i "figli a metà"

Una sentenza regala l'indicazione sulla gestione dei figli in caso di divorzio e separazione. No al 50 e 50. Il bene del figlio è "supremo"

Proprio ieri la Corte di Cassazione ha emesso una pronuncia interessante che ha rispolverato un principio tanto scontato quanto, paradossalmente, superato da orientamenti che si stanno facendo largo in molti Tribunali (del nord).
La rincorsa ai modelli europei ed internazionali più 'evoluti' - mi si consenta il virgolettato - stanno spostando sempre più pronunce verso un meccanismo di ripartizione dei tempi di permanenza dei figli tra madre e padre in chiave pressoché paritaria, di fatto applicando quel disegno di legge abortito ed ipercriticato che era stato proposto dal Senatore Pillon, frantumato da censure di tutti gli operatori del diritto e non solo.
Gli stessi psicoterapeuti e consulenti nominati dai Giudici, fino a non molto tempo fa contrari a questo sistema di 'pari e patta', si stanno adagiando ai desiderata di taluni Tribunali e si fanno latori loro stessi di queste richieste di distribuzione simmetrica dei tempi di permanenza.
Eppure la Cassazione alza la mano e, come il bambino della favola, di fronte al re nudo acclamato dalla folla, si permette - dall'alto della sua autorità - di dire ciò che vede: il monarca senza indumenti non merita approvazione.
"La regolamentazione dei rapporti fra genitori non conviventi e figli minori non può avvenire sulla base di una simmetrica e paritaria ripartizione dei tempi di permanenza con entrambi i genitori ma deve essere il risultato di una valutazione ponderata del giudice di merito che, partendo dalla esigenza di garantire al minore la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena, tenga anche conto del suo diritto ad una significativa e piena relazione con entrambi i genitori e del diritto di questi ultimi a una piena realizzazione della loro relazione con i figli e all'esplicazione del loro ruolo educativo".
Il tutto per dire, in buona sostanza, che sì, madre e padre hanno eguali diritti verso i figli e sono due figure parimenti fondamentali ma… attenzione a non scordarsi che tra gli ingranaggi dei loro diritti vi sono anche quelli dei figli.
E non sono secondari.
Guai, insomma, a fare i 'conti senza l'oste', perché spesso - nelle battaglie epocali che si consumano nelle aule di giustizia per l'affido ed il collocamento - si finisce per dimenticare come i protagonisti non siano gli adulti ma i bambini.
E' del loro best interest che il Giudice deve (dovrebbe, quantomeno) tenere conto prioritariamente.
La Suprema Corte richiama a tale intangibile principio e auspico che il messaggio giunga forte e chiaro a chi, in nome di una battaglia manichea che sacrifica i bambini sull'altare del modernismo, trascura le esigenze di stabilità dei minori, da valutarsi in considerazione dell'età e dello specifico rapporto con i genitori, come purtroppo capita per mano di molti Giudici di merito che decidono sulla base di schemi mentali precostituiti in pregiudizio degli interessi dei figli.
L'immagine di copertina del mio primo libro (Scarti di famiglia) riproduceva una bambina seduta fra le gambe di una madre e di un padre che si davano le spalle, iconografia delle liti in Tribunale: lo sguardo all'insù tradisce confusione e perdizione di una creatura innocente che non capisce cosa stia succedendo e non ha voce per dire "ci sono anch'io".
Ecco, la Cassazione vuol dare voce anche a questa bambina e a chi, come lei, vive da protagonista incolpevole il conflitto fra i propri genitori.

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Daniela Missaglia

Avvocato matrimonialista e cassazionista, è specializzata in Diritto di famiglia e in Diritto della persona. Grazie alla sua pluridecennale esperienza è spesso ospite in trasmissioni televisive sulle reti Rai e Mediaset. Per i suoi pareri legali interviene anche su giornali e network radiofonici. Info: https://www.missagliadevellis.com/daniela-missaglia

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